Svizzera

Dazi «punitivi»: Berna riuscirà a far cambiare idea a Trump?

La SECO ha organizzato per questa mattina un incontro con i rappresentanti dell’economia elvetica – Il Consiglio federale inizierà a discuterne questo pomeriggio, nel corso di una seduta straordinaria in videoconferenza
© KEYSTONE/EDA//Martial Trezzini
Luca Faranda
Red. Online
04.08.2025 10:07

«La sua più grande sconfitta». «Il più grande fiasco di Karin Keller- Sutter». La stampa domenicale non ha risparmiato critiche alla presidente della Confederazione, sul tema dazi. Dopo aver assorbito e gestito il dissesto di Credit Suisse e le prime minacce di Trump, Keller- Sutter è apparsa in difficoltà per la prima volta. Tanto da sembrare impotente di fronte al muro innalzato dal presidente statunitense sul «disavanzo commerciale».

Da subito, fin dall’ormai noto «Liberation Day» del 2 aprile, la Svizzera ha cercato un dialogo costruttivo. «La forza della Svizzera non è mai stata la parola ad alta voce, ma la bussola silenziosa», ha ricordato durante i festeggiamenti per il 1. agosto il «ministro» degli Esteri Ignazio Cassis. Ed è proprio quello che il Consiglio federale continuerà a fare. Sta infatti valutando di proporre una nuova offerta a Trump per trovare un accordo prima dell’entrata in vigore dei dazi al 39%, fissata per giovedì 7 agosto.

Se gli occhi sono tutti puntati su Karin Keller-Sutter – diventata suo malgrado il volto di questo diverbio commerciale con Trump – è bene ricordare che il responsabile del dossier è il «ministro» dell’Economia Guy Parmelin, a capo della SECO. E proprio la segreteria di Stato dell’Economia – nella notte tra giovedì e venerdì – ha istituito una task force di crisi, guidata ancora una volta dalla segretaria di Stato Budliger Artieda. Inoltre, la SECO ha già organizzato per questa mattina un incontro con i rappresentanti dell’economia elvetica.

Da Berna «un’offerta» che Washington potrà rifiutare

«Faremo tutto il possibile per dimostrare la nostra buona volontà e rielaborare la nostra offerta». Parola di Guy Parmelin. In un’intervista alla RTS, il «ministro» dell’Economia ha confermato che la Svizzera reagirà ai pesanti dazi imposti da Trump presentando una proposta alternativa. La bozza della dichiarazione d’intenti, frutto di mesi di colloqui bilaterali, non è stata sufficiente. Il Consiglio federale dovrà trovare un’altra strada. E inizierà a discuterne questo pomeriggio, nel corso di una seduta straordinaria in videoconferenza. Non è da escludere che Guy Parmelin e Karin Keller-Sutter possano volare Oltreoceano già nei prossimi giorni. La Svizzera potrebbe infatti avere ancora qualche carta da giocare: lo stesso Parmelin ha ad esempio citato l’acquisto di gas naturale liquefatto, che l’UE si è impegnata a importare in grandi quantità dagli Stati Uniti proprio in cambio di un’aliquota più «moderata» del 15%. A causa della taglia del Paese, per la Confederazione è però difficile promettere l’acquisto di grandi volumi.

Il «ministro» dell’Economia ha parlato anche di ulteriori investimenti negli Stati Uniti e citato discussioni intense con il settore farmaceutico (particolarmente inviso a Trump e che caratterizza una buona fetta dell’export elvetico verso gli USA). Sul tavolo, però, ci sono anche tutta una serie di proposte avanzate dall’economia e dalla politica: c’è chi chiede di fare maggiori concessioni, di fare più lobbismo alla Casa Bianca (dialogando soprattutto con i consiglieri più vicini a Trump), ma anche chi chiede di non applicare l’imposizione minima OCSE del 15% sulle multinazionali. A livello politico si chiede in particolare di valutare ritorsioni (ad esempio dei controdazi) oppure di allontanarsi commercialmente dagli Stati Uniti per orientarsi su altri mercati e partner, in particolare l’UE. In questa ottica rientra anche la richiesta di abbandonare o limitare l’acquisto degli F-35 (che giunge non più solo dalla sinistra). L’obiettivo, su cui molti sembrano concordare, è uno solo: ridurre la dipendenza dagli Stati Uniti.

Le reazioni della Borsa

La borsa svizzera apre in forte ribasso la prima seduta della settimana, subendo in pieno l'effetto dei dazi e scontando anche la giornata nera di venerdì per le piazze finanziarie globali. Alle 09.02 l'indice dei valori guida SMI segnava 11.623,93 punti, in flessione dell'1,79% rispetto a giovedì. Gli investitori sono impauriti dalle tariffe doganali americane del 39% imposte alla Svizzera: un duro colpo per la Confederazione, considerato che gli USA sono il primo Paese di esportazione.

A rendere il quadro ancora più fosco sono le indicazioni negative provenienti sul fronte congiunturale dagli Stati Uniti: un rapporto sul mercato del lavoro inaspettatamente negativo ha causato perdite di corso generalizzate venerdì sulle borse mondiali, quando la piazza elvetica era chiusa per la festa nazionale. Zurigo deve quindi a sua volta inglobare questi effetti, per tornare ad allinearsi agli altri mercati. A livello di singoli titoli sorvegliate speciali sono Novartis (-1,79%) e Roche (-2,74%): per il momento i prodotti farmaceutici sono esentati dalle barriere doganali, ma Trump ha inviato una lettera ai principali attori del settore esigendo netti ribassi dei prezzi dei medicamenti venduti negli USA.

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