Dazi

«Per Berna nessun diktat sul prezzo dei farmaci»

Guy Parmelin e Elisabeth Baume-Schneider hanno convocato una tavola rotonda con l'industria farmaceutica – I «ministri» negano pressioni per alzare i prezzi dei farmaci – L'ultimatum di Donald Trump al settore, però, potrebbe avere ripercussioni sui pazienti svizzeri
©ALESSANDRO DELLA VALLE
Luca Faranda
22.09.2025 22:45

Karin Keller-Sutter è, di nuovo, negli Stati Uniti. Si trova a New York, con il «ministro» degli Esteri Ignazio Cassis, per partecipare all’80. vertice dell’Assemblea generale dell’ONU. Sarà però anche l’occasione per cercare di fare dei passi in avanti sulla questione dei dazi. «Recentemente ci sono stati buoni progressi. I negoziati sono in corso, anche se in realtà non vedo un accordo imminente», ha detto Rahul Sahgal, CEO della Camera di Commercio svizzera-americana, al Financial Times. Un portavoce di Karin Keller-Sutter, sempre al quotidiano britannico, pur confermando il viaggio, si è però rifiutato di «rilasciare dichiarazioni sull’agenda degli appuntamenti durante la settimana negli Stati Uniti». Il valore delle esportazioni svizzere negli USA si aggira attorno ai 50 miliardi di franchi. Molte imprese elvetiche, a causa dei dazi al 39%, potrebbero presto trovarsi in difficoltà.

Tariffe doganali al 250%

C’è però anche chi mette le mani avanti: è il caso dell’industria farmaceutica, finora risparmiata dalle tariffe doganali. Trump ha tuttavia già minacciato di voler arrivare a dazi fino al 250% sui farmaci e altri prodotti medici. Il motivo? Il presidente statunitense rinfaccia al settore di imporre prezzi troppo elevati per i propri medicinali. Una eventuale guerra commerciale anche su questo ambito toccherebbe pesantemente la Svizzera: i prodotti farmaceutici esportati negli USA rappresentano infatti un valore di circa 32 miliardi di franchi all’anno. Proprio per questo motivo, il «ministro» dell’Economia Guy Parmelin e la «ministra» della Sanità Elisabeth Baume-Schneider hanno convocato oggi una tavola rotonda con i rappresentanti dei Cantoni e dell’industria farmaceutica. Un primo incontro, per parlare di dazi e prezzi dei farmaci, si era tenuto il 14 agosto.

«Incontro costruttivo»

«Si è trattato di un incontro costruttivo», ha sottolineato questa sera Guy Parmelin, incontrando la stampa. Per il «ministro» dell’Economia, l’obiettivo è di «poter mantenere condizioni quadro più favorevoli a investimenti nel nostro Paese», citando ad esempio fiscalità, ricerca e accesso ai farmaci. Pur essendo cosciente che i farmaci destinati agli USA verranno prodotti direttamente Oltreoceano. «Il dialogo continuerà. È stato uno scambio intenso e di qualità non solo con l’industria, ma anche con i Cantoni e le associazioni mantello. La Svizzera deve continuare a essere una piazza attrattiva per l’industria farmaceutica», gli ha fatto eco Baume-Schneider, che parla tuttavia di «situazione complessa» anche a causa delle pressioni di Donald Trump.

Nazione più favorita

A fine luglio, la Casa Bianca ha inviato lettere ai 17 principali produttori farmaceutici, tra cui Novartis e Roche (attraverso la sua filiale statunitense Genentech): queste «Big Pharma» devono abbassare i prezzi dei farmaci con prescrizione negli USA, portandoli al livello del prezzo più basso offerto in altri Paesi (è il cosiddetto «prezzo di nazione più favorita», MFN). Trump ha anche imposto un ultimatum: le proposte di riduzione dovranno essere presentate entro il 29 settembre. Le aziende farmaceutiche, negli Stati Uniti, applicano infatti prezzi significativamente più alti che nella Confederazione. Non è dunque da escludere che i colossi farmaceutici (come Roche e Novartis, che peraltro hanno già annunciato investimenti miliardari negli USA) chiederanno una riforma del modello di fissazione dei prezzi dei nuovi farmaci in Svizzera, in modo da ottenere prezzi più elevati. Oppure, c’è la possibilità che l’industria decida di investire meno in Svizzera.

Le parole del CEO di Novartis

Il diktat di Trump alle industrie farmaceutica si sta dunque trasformando in un diktat nei confronti della Svizzera con ripercussioni per il portafoglio dei pazienti svizzeri? Per Parmelin e Baume-Schneider, non è così. «Non ci sono stati diktat dall’industria farmaceutica», hanno ripetuto i due consiglieri federali, ribadendo anche che l’obiettivo «è rafforzare la piazza». Eppure, lo ha detto senza tanti giri di parole, sabato alla NZZ, il CEO di Novartis Vas Narasimhan. A suo avviso, in Svizzera i prezzi dei farmaci (in realtà ben più elevati rispetto al resto dell’Europa) sono troppo bassi. Sarebbero infatti i pazienti statunitensi a pagare una gran parte delle innovazioni e dei costi di sviluppo dei farmaci.

In questo articolo: