«Anche se me l’aspettavo, sono veramente delusa»

«Anche se me l’aspettavo, sono veramente delusa». Non ha molta voglia di parlare Zelal Pokerce, la ragazza di 21 anni che, al pari del fratello 20.enne Yekta vistosi costretto a interrompere l’apprendistato quale elettricista, non può più continuare e seguire la sua formazione alla Scuola specializzata superiore d’arte applicata del CSIA. Anche l’ultimo appello alle autorità cantonali non è andato a buon fine. «Pur comprendendo umanamente il vostro sostegno a Zelal e Yekta Pokerce, non si può chiedere all’Ufficio della migrazione di intraprendere dei passi in contrasto con le leggi federali vigenti e le decisioni delle autorità superiori competenti», è la risposta che mercoledì il Consiglio di Stato ha dato alla richiesta di intervento rivoltagli dal deputato socialista Maurizio Canetta e da altri suoi 23 colleghi di Gran Consiglio affinché i due fratelli turchi di etnia curda che vivono a Riazzino possano portare a termine la loro formazione scolastica e professionale. L’intimazione di interrompere immediatamente la frequenza scolastica, rispettivamente l’apprendistato quale elettricista presso una ditta del Locarnese, era stata comunicata a Zelal e a Yekta alcune settimane fa dall’Ufficio della migrazione. Una comunicazione che discende dal fatto che i due ventenni, giunti in Ticino quasi cinque anni fa insieme ai loro genitori e al fratellino che a causa di un disturbo dello spettro autistico frequenta la scuola speciale, si sono visti respingere la richiesta d’asilo in Svizzera sia dalla Segreteria di Stato per la migrazione, sia dal Tribunale amministrativo federale al quale si erano rivolti tramite la loro legale ,avvocata Immacolata Iglio Rezzonico. «Analizzata la vostra richiesta - si legge ancora nella risposta trasmessa dal Governo cantonale a Canetta ed agli altri firmatari dell’appello - le comunichiamo che nell’ambito delle procedure d’asilo l’Ufficio della migrazione è tenuto ad attuare le decisioni della Segreteria di Stato della migrazione, autorità federale competente in materia d’asilo e nel contempo di vigilanza per il citato Ufficio cantonale, e confermate dalle Autorità giudiziarie di riferimento, in questo caso dal Tribunale amministrativo federale».
Decisione già nota da tempo
Nella missiva firmata dal presidente del Consiglio di Stato Norman Gobbi, che è anche il direttore del Dipartimento delle istituzioni, si ricorda anche che i due fratelli sapevano da tempo che non avrebbero più potuto continuare la loro formazione scolastica e professionale. Inoltre, già al più tardi dello scorso luglio, il Governo si era già espresso verso una simile richiesta inoltrata con la petizione sottoscritta da oltre 1.700 persone.
Ai due fratelli adesso non resta dunque che rimanere nella loro abitazione di Riazzino. Potranno restarci fino a quando sarà terminata la fase di ricorso contro la decisione negativa sulla richiesta affinché nei loro confronti fosse riconosciuto il caso di rigore. «Non possiamo fare altro che aspettare, sperando che almeno questa volta la nostra richiesta sia accolta», racconta ancora Zelal. Il suo destino e quello dei suoi familiari, per ora, è quello del rimpatrio in Turchia. Nel loro Paese di origine il padre ha un procedimento penale in corso per aver pubblicato sui media sociali delle frasi che sono ritenute offensive nei confronti del presidente Erdogan. Proprio per sfuggire a quella che l’uomo ritiene essere una persecuzione da parte della autorità turche, ha chiesto asilo in Svizzera per lui, per la moglie e per i suoi figli.
«La strada è ancora più stretta»
La delusione di Zelal è condivisa dai 24 deputati in Gran Consiglio che, guidati da Canetta, si erano rivolti al Governo affinché intercedesse a favore dei fratelli consentendo loro di continuare la formazione scolastica e professionale intrapresa con successo. «Sono e siamo delusi e amareggiati per questa posizione di chiusura della maggioranza del Governo, che non vuole riconoscere un’eccezione affinché questi due ragazzi (ottimamente integrati, come dimostra anche la petizione popolare a loro sostegno) possano terminare la formazione e disporre di un diploma che apra loro le porte al futuro», annota il granconsigliere socialista, il quale aggiunge: «Contavamo su un atto di comprensione e di umanità. Sappiamo che per i due ragazzi la strada della speranza è ora ancor più stretta, ma confidiamo che ci sia ancora una possibilità per aiutarli».


