L'intervista

Caso Hospita-Lega: «Un rapporto né segreto né di parte, è solo una campagna diffamatoria»

L’avvocato Enea Petrini, autore del cosiddetto «rapporto segreto», rompe il silenzio con un’intervista esclusiva rilasciata al Corriere del Ticino, tra intrecci politici, relazioni personali e BancaStato
© CdT/ Chiara Zocchetti
Gianni Righinetti
01.12.2025 06:00

Il caso Hospita-Lega, gli intrecci politici, le relazioni personali e BancaStato. L’avvocato Enea Petrini, autore del cosiddetto «rapporto segreto», rompe il silenzio con un’intervista esclusiva rilasciata al Corriere del Ticino.

Avvocato Petrini, il suo nome circola da mesi in relazione al caso Hospita-Lega, perché fino a questo momento ha scelto la via del silenzio?
«Effettivamente, per troppo tempo sono stato in silenzio per non alimentare le polemiche sul tema. Ultimamente, tuttavia, alcune persone, per scopi che nulla hanno a che vedere con la mia persona, hanno iniziato una campagna diffamatoria nei miei confronti. Da qui la decisione di prendere posizione».

Lei è l’autore materiale del chiacchierato «rapporto segreto» con il quale, su incarico della Lega (Norman Gobbi e Alessandro Mazzoleni) ha messo il naso in Hospita. Quando ha preso quel mandato non ha sentito «puzza di bruciato»? Si è pentito di averlo fatto?
«Premetto che il termine “rapporto segreto” non è corretto. E non ho mai fatto, come sostenuto da alcuni, l’investigatore su documenti confidenziali. Alla base, vi era la richiesta di chiarire se determinate voci su una presunta situazione debitoria erano veritiere o meno. Mi era stato richiesto di verificare tale fatto con l’amministratore della società, ed è quello che è stato compiuto. La richiesta era legittima, ritenuti i ruoli delle persone coinvolte e la volontà di far chiarezza su una situazione problematica».

Lei è stato informato, direttamente o indirettamente, di quello che aveva detto la «gola profonda» che ha segnalato per prima qualche anomalia in Hospita?
«Mi era stato riferito che vi erano delle voci su presunti mancati pagamenti e di procedure esecutive a carico della società, senza però alcun riferimento a chi le avesse riportate».

Nelle carte, verbali, messaggi WhatsApp e altro ancora che circolano in queste settimane emerge il suo rapporto professionale con i coniugi Eolo e Dafne Alberti, ma anche uno scambio informale che lascia intendere una certa amicizia. Le cose stanno in questi termini?
«Ho conosciuto Eolo Alberti e la moglie in occasione della campagna elettorale per il Gran Consiglio. Ci siamo poi trovati entrambi eletti. I miei incontri con lui si sono sempre limitati al contesto politico. Mai un pranzo, una cena, un aperitivo, una frequentazione, che non fosse in ambito politico. Vi sono poi stati dei rapporti professionali. Si è scritto molto di presunti legami stretti di amicizia, ma questo non corrisponde al vero. Come non è vero che io sia stato il legale di fiducia della famiglia Alberti. Sono tutte affermazioni date in malafede da terzi, che hanno interessi personali a delegittimare e screditare la mia persona e distogliere gli interessi dai veri problemi legati al caso Hospita, che conto verranno chiariti dalla prevista Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI)».

Avvocato degli Alberti e legale che ha messo le mani nelle carte di Hospita per capire la situazione, compresa quella relativa a Eolo Alberti, in presenza della moglie Dafne. Scusi, ma mi pare inopportuno se non addirittura in conflitto d’interessi. O qualcosa mi sfugge?
«Come le ho detto in precedenza, non sono mai stato l’avvocato della famiglia Alberti. Tra l’altro, la mia attività si limita quasi esclusivamente a quella di notaio, non assumo mandati di avvocatura. Quando sono stato contattato per svolgere la verifica, ho fatto presente di un potenziale conflitto di interessi legato alla mia attività di notaio e che quindi non ero probabilmente la persona adatta. Per evitare possibili contestazioni, era quindi necessario che Eolo Alberti non avesse obiezioni in merito, in quanto se io avessi rilevato delle conferme sulle voci che circolavano, le avrei evidenziate nel rapporto. La signora Alberti è stata parzialmente presente quel giorno quale dipendente della società».

Nel rapporto figurano anche contestazioni non favorevoli ad Alberti. Questo testimonia la sua indipendenza?
«Questo conferma che il mio rapporto è stato esteso in maniera obiettiva, rilevando anche contestazioni nei confronti di Eolo Alberti. Non è quindi un rapporto di parte».

Della famiglia Alberti non sono mai stato amico o il legale di fiducia, spero ora chiarisca tutto la CPI

Parte dei messaggi che si è scambiato non hanno tenore professionale, ma amichevole, di «confidenziale preoccupazione». Altri, obiettivamente, sono inerenti la sua attività professionale. Cosa ne dice?
«La fitta corrispondenza WhatsApp di cui si parla per far credere in un rapporto particolare di amicizia, va riportata nel suo contesto. Non è perché due persone, che comunque hanno condiviso anni sui banchi del Gran Consiglio per lo stesso movimento, si danno del tu, o iniziano i messaggi con un amichevole “caro Enea / caro Eolo” , che significa vi sia un legame di amicizia. Si tratta comunque di pochi scritti, distanziati a volte da settimane o mesi, e ai quali spesso nemmeno seguiva una risposta».

Se osserva lo specchietto retrovisore della sua auto, percepisce una sorta di gioco sporco da parte di chi le ha dato quel mandato avvelenato, oppure crede di aver peccato di leggerezza?
«Il gioco sporco è quello di chi oggi, in mala fede e solo per scopi personali o ego politico, sta cercando di creare un “Caso Petrini” per distogliere l’attenzione dal ben più grave “Caso Hospita”. Aspetto fiducioso la CPI in modo che le vere responsabilità vengano alla luce».

Avvocato Petrini, si sente di invocare la buona fede?
«La mia coscienza è pulita. Sono sereno. Non mi devo nascondere da nessuno. Ritengo di essere il capro espiatorio per un obiettivo che va ben oltre la mia persona».

Quel rapporto è rimasto a livello di bozza, così si è capito. È riuscito almeno a presentare la sua parcella o era già inteso dall’inizio che avrebbe agito a titolo gratuito per la Lega, partito per il quale è stato anche in Parlamento?
«Quando ho trasmesso la bozza, mi è stato chiesto di inoltrare una parcella. Cosa che però non ho fatto. Ho ritenuto che fosse un gesto di riconoscenza verso il movimento della Lega al quale sono affezionato».

A BancaStato ho già comunicato che non solleciterò un nuovo mandato. Lascerò, come previsto, a luglio

Lei dal 2023 è pure membro del CdA di BancaStato (in quota Lega), istituto con il quale operava Hospita. Dalle carte bancarie che ha visionato lo avrà visto. Non le è venuto in mente che avrebbe dovuto declinare all’istante?
«Non ho verificato “carte bancarie”. Ai punti da chiarire mi sono stati mostrati da parte dell’amministratore dei documenti estratti dai programmi contabili, tra cui uno riportava il nome di una banca. In passato, qualcuno ha sollevato il dubbio su una presunta violazione del segreto bancario, cosa alquanto assurda. Vorrebbe dire che chi siede nel CdA di una banca, dovrebbe astenersi da qualsiasi attività professionale per il solo fatto che un cliente potrebbe avere una relazione con tale istituto».

Il dottor Claudio Camponovo ha firmato all’attenzione della FINMA, del Governo e della Commissione di controllo del mandato pubblico su BancaStato un dettagliato esposto nel quale punta l’indice contro di lei. Si sente di avere qualcosa di cui pentirsi o scusarsi?
«Non conosco il dottor Camponovo e lui non conosce me. Da parte mia non ho risentimenti, anche perché è palese che tale scritto non è opera sua ma lui è stato utilizzato da parte di terzi per attaccare la mia persona, con delle dinamiche politiche ben orchestrate e premeditate, distogliendo l’attenzione da altri ben più gravi problemi che spero la CPI porterà alla luce. Per quale motivo, altrimenti, avrebbe dovuto dedicare tanta energia per attaccarmi, quando non sono la causa dei suoi problemi?».

Qualcuno all’interno del CdA o da parte del Governo (organo di nomina) le ha fatto pressione per lasciare quel posto definitivamente o per un certo periodo?
«La questione è che io spesso non venivo citato semplicemente con il mio nome, ma associato al mio ruolo di membro del CdA di BancaStato, sollevando potenziali conflitti. Quando una banca si trova suo malgrado citata, vi sono tutta una serie di dinamiche che si aprono. La conseguenza naturale può essere che ci si faccia da parte fino a quando la situazione si chiarisce o addirittura si rinunci al mandato, per evitare coinvolgimenti dell’istituto. Nel mio caso è stata appurata l’assenza di conflitti di interesse e di motivi che possano mettere in dubbio la mia irreprensibilità, condizione naturale per rimanere nel CdA della banca. Al momento della mia nomina, nel 2023, avevo comunque già comunicato che avrei rinunciato a chiedere rinnovi fino alla canonica scadenza dei 12 anni, corrispondente a quattro mandati triennali. Ho quindi già comunicato sia alla banca che al CdA la mia intenzione di non richiedere un rinnovo dopo la scadenza prevista per il luglio del prossimo anno. La comunicazione è stata data con largo anticipo in modo da permettere al Consiglio di Stato di ricercare il profilo adatto a sostituirmi».

È palese che lo scritto non è opera del dottor Camponovo, ma lui è stato utilizzato da parte di terzi per attaccare la mia persona

In realtà la FINMA per prassi non interviene in casi come quelli che la concernono. Sottolineiamo che nei suoi confronti non ci sono procedimenti penali aperti. Lei ha avuto contatto con la FINMA stessa o con qualcuno del suo entourage?
«Non ho avuto contatti con la FINMA, restando tuttavia a disposizione per qualsiasi chiarimento».

La Commissione di vigilanza del mandato pubblico su BancaStato nelle ultime settimane è stata molto attiva. Qual è il suo parere?
«Questa commissione ha delle competenza ridotte, limitate alla vigilanza sul mandato pubblico, molto ben definite nella legge e nel relativo regolamento. In questo caso, a mio avviso, si è pericolosamente arrogata il diritto di trasformarsi in una specie di commissione di vigilanza sull’intera banca, andando ben oltre le sue competenze, addirittura assumendo dei ruoli che la legge stessa le vieta espressamente. Questo è un altro esempio di come la questione Hospita sia in gran parte una questione politica».

Sente o ha ancora rapporti d’amicizia o contatti con gli Alberti, Gobbi o Mazzoleni?
«Continuo a fare la stessa vita di prima, a coltivare e frequentare le stesse amicizie. Tra queste non vi sono i coniugi Alberti, che non ho mai frequentato. Gobbi, essendo una personalità pubblica, mi capita di incrociarlo».

Per quanto accaduto nutre maggiormente un sentimento di rigetto per il meccanismo della politica (e della politica degli affari nella fattispecie), o si sente di invocare soprattutto una sorta di «mea culpa»?
«La politica alla fine ti presenta sempre il conto… Non mi danno fastidio gli attacchi politici, fanno parte del gioco. Differenti sono gli attacchi personali e la mala fede di taluni, che per perseguire degli obiettivi propri, non esitano a cercare di distruggere le persone».

Quando si spegneranno le luci della ribalta politica e mediatica, qual è la prima cosa che farà?
«Ho la percezione che con i veri problemi con i quali il nostro Cantone è confrontato, alla fine di Hospita e Petrini a nessuno interessi più di quel tanto. Anzi. Non sono tanto la ribalta politica e mediatica che influenzano quindi la mia vita, quanto piuttosto gli impegni quotidiani. Il prossimo anno riprenderò in mano il mio tempo. Questo sarà il grande cambiamento. Ho la fortuna di avere una vita personale e professionale pienamente appagante, al contrario di certe persone che cercano soddisfazioni nella vendetta e nel risentimento, e mi riprometto di godermi al meglio ogni momento».

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