Il caso

Gli occhi colmi di gioia per la nuova casa

Svelata la futura sede di Claro della Fondazione Madonna di Re che dal 2029 sorgerà al posto dell’attuale - Accoglierà 30 persone con disabilità grazie ad un investimento di 13 milioni: «Miglioreranno qualità di vita e autonomia»
Il progetto vincitore degli architetti Cappelletti e Sestito.
Alan Del Don
05.12.2024 15:23

«La nuova struttura sarà un esempio di come l’architettura può contribuire a creare un mondo più inclusivo, accessibile a tutti e dal forte valore educativo, migliorando la qualità di vita di chi vi abiterà». L’emozione di Annamaria Bronner, vicepresidente del Consiglio della Fondazione Madonna di Re, era palpabile oggi in occasione della presentazione del progetto scelto per la futura sede di Claro.

«La sosta», così si intitola il concetto elaborato dallo studio Cappelletti Sestito architetti di Viganello, si articolerà in un complesso che accoglierà, dal 2029, 30 persone con disabilità. L’investimento previsto è pari a 13 milioni di franchi; parte dell’importo verrà racimolata grazie ad una raccolta fondi che sarà lanciata una volta ottenuta la licenza edilizia da parte del Municipio di Bellinzona. Quella ritenuta dalla giuria la migliore e le altre 26 proposte possono essere ammirate fino al 18 dicembre alla Vetreria di Lodrino, nei giorni feriali dalle 9.30 alle 11.30, o previo appuntamento telefonando allo 091/820.08.10.

Centro diurno moderno

Una storia di oltre mezzo secolo, quella iniziata sotto la spinta e l’entusiasmo di don Giovanni Maria Colombo, che partita dalla capitale nel 1972 si è poi ampliata a Piotta (cinque anni dopo) e a Claro (nel 1989) nonché a Bellinzona dal 2022 con la seconda sede. Il laboratorio protetto del quartiere cittadino cambierà volto. Due edifici verranno demoliti per far spazio a cinque unità abitative da 6 utenti ciascuna dotate di cucina, aree per lo svago, il riposo ed il tempo libero. Le camere saranno organizzate come degli appartamenti da due con bagno in comune. Al pianterreno verrà ricavato, attorno alle corti verdi, il centro diurno con tanto di soggiorno condiviso, gli atelier, gli spazi di cura e i locali di servizio e per il personale.

Una volta era un motel

«Abbiamo scelto di chiamarlo ‘la sosta’ perché una volta la struttura di Claro era un motel. Un luogo quindi di passaggio diventato una grande casa comunitaria che non sarà per sempre. È stato preservato il verde che è uno degli atout dello stabile», ha rilevato l’architetto Efrem Cappelletti. I due livelli avranno altrettante entrate separate e saranno idealmente «uniti» da un portico. Nei prossimi mesi il progetto dovrà essere affinato anche per quanto riguarda i contenuti esterni. Sono ad esempio immaginabili dei percorsi tattili e dei giardini sensoriali. Del vecchio complesso, situato lungo la strada cantonale verso nord, rimarranno la serra e gli orti didattici.

Il cantiere ed il trasloco

Parallelamente si dovranno valutare delle soluzioni per il trasferimento temporaneo degli ospiti in altre sedi durante la fase di cantiere. «Stiamo studiando ogni possibilità per ottimizzare lo spostamento», ha spiegato Annamaria Bronner, non potendo al momento entrare nel merito.

In mezzo alla natura

Alla cerimonia di premiazione c’erano anche loro, alcuni degli utenti dell’attuale sede di Claro della Fondazione Madonna di Re. Erano visibilmente agitati, ma con gli occhi colmi di gioia. Sorrisi ed abbracci per tutti. Non vedono l’ora di entrare nella nuova casa. «Avranno un ruolo importantissimo nell’affinare l’opera che gli architetti Efrem Cappelletti e Fabio Sestito hanno ideato. Grazie agli utenti e agli specialisti potrà essere realizzato il sogno di don Giovanni Maria Colombo di una struttura accogliente, funzionale e in mezzo alla natura», sottolinea Annamaria Bronner, vicepresidente del Consiglio di fondazione. Aggiungendo subito che gli ospiti «si sentiranno bene: potranno sperimentare appieno la convivenza».

La minuziosa analisi dei bisogni

Non è stato facile per gli architetti concretizzare le indicazioni del programma di concorso. Tant’è che il progetto, per loro stessa ammissione, è stato rivisto più volte. Alla fine la giuria, presieduta dall’architetta Cristiana Guerra, ha scelto il loro elaborato. Cosa vi ha colpito?, chiediamo a quest’ultima: «La minuziosa analisi fatta dei bisogni che è stata tradotta in un’architettura raffinata. Si è riusciti a trovare un equilibrio fra tutti gli elementi». Compresa la necessità di supportare la rete terapeutica e di favorire l’acquisizione di nuove competenze e autonomie.