Processo

«I collaboratori non si sono mai lamentati»

Casa anziani di Sementina: sentita in qualità di persona informata sui fatti una donna che ai tempi della pandemia era caporeparto – Ha confermato la versione dei tre imputati: le direttive venivano rispettate
© CdT/Chiara Zocchetti
Alan Del Don
24.11.2022 10:54

«In quel periodo non ho mai ricevuto lamentele o perplessità da parte dei collaboratori nei confronti della direzione. Un residente che aveva dei sintomi riconducibili al coronavirus veniva tenuto isolato affinché non partecipasse alle attività di gruppo e non avesse contatti troppo ravvicinati con gli altri ospiti. Non si trattava di un confinamento in camera: il degente poteva muoversi liberamente nella struttura. I tamponi venivano sempre eseguiti tempestivamente». Il secondo giorno di processo a carico dei vertici della casa anziani Circolo del Ticino di Sementina si è aperto con l’audizione di una capostruttura in carica da un anno (chiesta dalle difese), sentita in qualità di persona informata sui fatti.

Il flusso informativo

La donna ha in sostanza ribadito la versione del direttore amministrativo, della direttrice sanitaria e dell’ex capocure alla sbarra da ieri di fronte alla Pretura penale, ossia che tutte le direttive emanate da Cantone e Confederazione per arginare la diffusione del coronavirus sono state rispettate. All’epoca dei fatti l’infermiera era caporeparto. «Le informazioni durante la pandemia arrivavano tramite la direzione, la quale le trasmetteva alla capostruttura ed in seguito a noi via e-mail o attraverso dei fogli. A cascata venivano poi informati anche i collaboratori. Personalmente verificavo che il personale avesse ben appreso le disposizioni delle autorità superiori e controllavo pure che tutti i cartelli fossero stati appesi. In particolare mi sinceravo che gli isolamenti venissero fatti secondo i crismi e che fossero anche affissi, fuori dalle porte delle camere, le direttive per procedere in sicurezza».

Fra isolamento e tamponi

Le riunioni a livello di direzione sono diventate più sistematiche da quando si sono riscontrati i primi casi di COVID all’interno della struttura cittadina. Quindi indicativamente dal marzo 2020. «Le date precise non le ricordo. Quando c’era la sintomatologia, ma non tale da portare all’isolamento, si procedeva secondo i provvedimenti del medico cantonale. I pazienti venivano monitorati senza chiedere subito un’analisi di laboratorio. Si avvisava il medico curante ed era lui a decidere come procedere». Nel caso invece in cui un anziano presentasse dei sintomi chiari simil influenzali, allora veniva posto in isolamento e si faceva subito il tampone. I medici di famiglia venivano contattati in caso di malessere degli anziani. E si presentavano all’istituto solo in caso di urgenza.

La tombola, ma non il canto

In merito alle attività socializzanti di gruppo (alle quali partecipavano i residenti di tutti i piani), la donna ha ricordato che «sono state subito sospese, penso verso il 9 marzo. Era una direttiva delle autorità superiori. Sono invece continuate le attività terapeutiche passive cognitive, solo ai piani senza ospiti positivi. Si trattava ad esempio di giochi di parole, di letture con l’animatrice, della tombola che era molto gradita ai residenti. Non mi risulta che ci fossero lezioni di canto. Vi partecipavano al massimo dieci anziani. A livello di logistica non è stato fatto nulla: avevano mantenuto i loro posti al tavolo come durante i pasti». Nello specifico, durante la fase più acuta dell’emergenza sanitaria, l’ex caporeparto doveva monitorare la sintomatologia dei residenti: «Facevo un report che inviavo via e-mail alla direzione. Segnalavo anche i collaboratori contagiati sul mio piano». 

«Pieno sostegno tra di noi»

Con l’avvento della pandemia «la casa anziani non era più un luogo di vita come prima. Abbiamo fatto il possibile affinché, per i residenti, l’isolamento pesasse il meno possibile e vivessero nel modo migliore, per quanto possibile, appunto, questa situazione preoccupante. C'è sempre stato pieno sostegno tra di noi con l’obiettivo di far fronte alla crisi assieme». Parole che hanno commosso la direttrice sanitaria.

Tocca all’accusa

La parola passerà nelle prossime ore al procuratore generale Andrea Pagani e alla procuratrice pubblica Pamela Pedretti per la requisitoria. L’accusa chiederà la condanna degli imputati e, nella fattispecie, il pagamento di una multa di 8.000 franchi per la direttrice sanitaria, di 6.000 per il direttore amministrativo e di 4.000 franchi per l’ex capocure. Difficile che le difese possano fare le loro arringhe già nella giornata odierna. A questo punto la sentenza è destinata a slittare a settimana prossima.

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