Processo

«Non abbiamo mai contravvenuto alle direttive»

Casa anziani di Sementina: la direzione dell'istituto e l'ex capocure affermano di aver adottato tutte le misure necessarie per arginare la diffusione del coronavirus nella struttura sanitaria - E ciò anche in merito ai pasti consumati in comune e alle attività di gruppo
©Gabriele Putzu
Alan Del Don
23.11.2022 15:34

Prosegue, con osservazioni e precisazioni puntuali degli imputati, il processo che vede alla sbarra i vertici della casa anziani Circolo del Ticino di Sementina. Gli accusati, come riferito stamattina, negano ogni addebito. In questo senso la direttrice sanitaria ha puntualizzato che, dopo il primo caso di coronavirus registrato in Ticino alla fine di febbraio 2020, ha scritto al direttore amministrativo che «dovevamo stare attenti. E subito il giorno seguente sono state implementate le prime misure all'interno del nostro istituto». 

Eccole: indossare la mascherina, disinfettarsi le mani, non presentarsi al lavoro in caso di sintomi influenzali e invitare i degenti a scoraggiare i parenti dal fare loro visita. Dal 6 marzo, però, la situazione si aggrava. Allora a livello di direzione si riportavano ai capistruttura e ai capireparto le direttive che venivano emanate da Cantone e Confederazione per arginare la diffusione del COVID. Le disposizioni venivano anche spiegate oralmente ai collaboratori ed era stata inoltre predisposta una cartellonistica ad hoc. «Chi si accorgeva di qualcosa lo segnalava», ha affermato l'ex capocure.

Il direttore ha in seguito precisato che fino al 20 marzo, come richiesto dal medico cantonale, i tamponi erano riservati ai casi più gravi in quanto in quel momento «erano contati». Dal 23 marzo «sono rimasto in pianta stabile a Sementina, considerando che in precedenza alcuni giorni dovevo recarmi nelle altre tre case anziani comunali, appunto per sincerarmi che gli ordini venissero eseguiti. Io non andavo mai nei reparti».

In merito ai pasti consumati nella sala comune a pianterreno prima e poi nelle sale superiori, la discussione si è canalizzata sul distanziamento sociale. «Gli anziani erano disposti a scacchiera, quindi le distanze erano date», ha assicurato il 58.enne. Una versione confermata dagli altri due imputati.

L'attenzione si è quindi spostata sulle attività di animazione comuni svolte da metà marzo ad inizio aprile nonostante fossero state vietate dall'Ufficio del medico cantonale: «Il residente doveva vivere la giornata. Prima del COVID i nostri istituti erano luoghi di vita. Il fatto di rinchiudere l'anziano e di privarlo dell'affetto dei familiari è stato vissuto male dagli ospiti. Ma non abbiamo mai contravvenuto alle direttive superiori», ha precisato il direttore. Le attività sono state «riviste di modo che la persona potesse essere occupata e nello stesso tempo stimolata durante i giorni di confinamento», ha aggiunto l'ex capocure.

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