Politica

Il «caso Gobbi» in Parlamento, e prima o poi ci tornerà ancora

Le tre interpellanze riguardanti l’incidente della circolazione che ha visto coinvolto il consigliere di Stato sono state trattate in Gran Consiglio - Il Governo non ha risposto praticamente a nessuna domanda poiché è aperto un procedimento penale – Ma Fiorenzo Dadò ripresenterà gli stessi quesiti
© CdT / Chiara Zocchetti

Il caso riguardante l’incidente della circolazione che ha visto coinvolto Norman Gobbi è approdato nell’aula di Gran Consiglio, dove sono state trattate tre interpellanze presentate dal Centro e dall’MPS. E tra silenzi, sguardi carichi anche di tensione e risposte solo parziali, al momento vi è una sola certezza: il caso stesso tornerà nuovamente in Parlamento.

Se da una parte le risposte parziali del Governo alle due interpellanze targate MPS hanno lasciato «profondamente insoddisfatti» i due deputati del movimento, dall’altra l’atto parlamentare di Fiorenzo Dadò è infatti destinato a tornare, tale e quale, in aula. Sì, perché alle domande del presidente del Centro il Governo non ha potuto rispondere poiché al momento sull’incidente è stato aperto un procedimento penale. Ma, dal punto di vista formale, anche le «non risposte» del Consiglio di Stato hanno fatto sì che l’atto parlamentare venisse evaso. Tuttavia, come confermatoci dallo stesso Dadò al termine del breve dibattito (durato meno di venti minuti), la questione non finisce qui. All’interpellanza del 13 marzo 2024, intitolata «Un misterioso incidente, è abuso di potere?», verrà unicamente cambiata la data e sarà ripresentata ai Servizi del Gran Consiglio. E questo finché, una volta conclusa l’inchiesta del Ministero pubblico, il Governo potrà finalmente rispondere, «punto per punto», alle domande dello stesso presidente del Centro.

Dal penale al politico

Il primo a intervenire in aula è stato proprio Dadò, il quale ha in primis spiegato ai colleghi di aver chiesto all’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio (UP) di «congelare» la sua interpellanza, conscio del fatto che il Governo non avrebbe comunque potuto rispondere per via del procedimento penale in corso. Richiesta, però, respinta. Per Dadò sarebbe stato corretto attendere gli esiti dell’inchiesta prima di ricevere le risposte del Governo, e congelare l’atto parlamentare avrebbe permesso di evitare che fosse inutilmente evaso. Anche perché, ha sottolineato il deputato, ciò che conta è poter disporre delle risposte puntuali dell’Esecutivo una volta che questa sarà terminata. «Il Paese aspetta l’esito degli accertamenti penali, dopodiché, punto per punto, a queste e altre domande che seguiranno, occorrerà dare risposta», ha detto in tal senso Dadò. Risposte necessarie «indipendentemente da quanto dirà la magistratura» sul piano penale, poiché «l’aspetto politico, amministrativo e in generale di conduzione e opportunità necessitano di una risposta convincente e magari di un dibattito in quest’aula». Detto in altro modo, per Dadò un conto sono i risultati dell’inchiesta penale, un altro sono i risvolti politici della vicenda.

Il presidente del Centro ha poi stigmatizzato «il tentativo di attribuire colpe o responsabilità attraverso atti e atteggiamenti (...), comunicati e dichiarazioni goliardiche o dal sapore intimidatorio indirizzati a media, politici e a chi per paura è costretto ad esigere l’anonimato». Un tentativo «che non deve trovare dimora in questo Paese fintanto che sarà retto dal Diritto». Ripetendo due volte di essere venuto a conoscenza di «fatti potenzialmente gravi da fonti fededegne», Dadò ha quindi evidenziato che a rispondere di tutto ciò non dovranno certo essere «coloro che sollevano il coperchio del pentolone o coloro che desiderano capire di cosa è fatta la brodaglia maleodorante», bensì «coloro che hanno cucinato il minestrone permettendo tutto questo casino».

Niente accuse, ma sorrisi

«Queste interpellanze – ha poi concluso il presidente – non sono un atto di accusa per nessuno, e dovrebbero essere salutate con soddisfazione e persino con il sorriso, in quanto finalmente anche chi oggi, per esclusiva responsabilità sua si sente sul banco degli imputati, ha la felice opportunità di chiarire seppur tardivamente quanto poteva e doveva essere chiarito già mesi fa, alle prime domande dei giornalisti». Anche perché, ha chiosato Dadò, «se tutto quanto capitato quella notte è stato affrontato da tutti gli attori coinvolti in modo perfetto, lindo e con lo stesso identico guanto con il quale si tratta ogni singolo cittadino, non dovrebbe proprio esserci nulla da temere o per il quale agitarsi».

Un impedimento

Lapidaria e sintetica, come detto, la risposta dell’Esecutivo, affidata al presidente del gremio Raffaele De Rosa: «Come ben noto il Ministero pubblico ha aperto un procedimento penale sui fatti oggetto dell’interpellanza. L’inchiesta in corso costituisce un impedimento a rispondere alle domande secondo l’articolo 99 capoverso 2 della Legge sul Gran Consiglio e sui rapporto con il Consiglio di Stato. Il Consiglio di Stato ritiene quindi necessario attendere l’esito del procedimento penale e vuole evitare in ogni modo di interferire nell’attività d’inchiesta condotta dal Ministero pubblico, raccogliendo in questa fase, parallelamente alla magistratura, le informazioni utili a rispondere alle domande poste».

La volta dell’MPS

Dopodiché, è toccato all’interpellanza inoltrata dall’MPS, presentata dal deputato Giuseppe Sergi. Un atto parlamentare tramite il quale ha chiesto al Governo «come giudica, dal punto di vista della trasparenza e della necessaria interazione con l’opinione pubblica, il fatto che la Polizia cantonale non abbia voluto rispondere (sollecitata dalla stampa) a questioni di carattere generale e procedurale nel caso di incidenti e relativi accertamenti sulla misurazione del tasso alcolemico».

A questa domanda in particolare, una risposta perlomeno parziale è giunta dal Consiglio di Stato. Ancora De Rosa: «Le domande di carattere generale poste alla Polizia cantonale sono direttamente connesse con alcune domande di carattere più specifico poste nell’interpellanza» di Fiorenzo Dadò. «È quindi comprensibile – ha aggiunto il presidente del Governo – che la Polizia cantonale abbia evitato di rispondere anche alle domande più generali. Con il deposito dell’atto parlamentare», sempre quello del presidente del Centro, «il compito di informazione è passato infatti su in piano istituzionale tra Governo e Parlamento. Si giustifica quindi che la Polizia cantonale abbia reputato di non essere autorizzata a fornire a terzi informazioni, purché di carattere generale, ma riconducibili all’atto parlamentare». Stizzita la reazione di Sergi: «Il Consiglio di Stato interpreta a modo sue le cose. È assurdo che indicazioni di carattere generale non vengano date semplicemente perché in questo caso è coinvolta una persona importante». Dicendosi «nettamente insoddisfatto» delle risposte, Sergi ha quindi chiesto una discussione generale al plenum. Richiesta, però, bocciata con 64 voti contrari e 15 favorevoli (MPS, Più Donne, Verdi, Verdi liberali e Avanti con T&L).

Un’altra discussione generale

È quindi stato il turno della seconda interpellanza dell’MPS, presentata da Matteo Pronzini che, alla luce della mancata discussione generale, in entrata ha criticato «la volontà di fare blocco» del plenum. Al netto di ciò, l’atto parlamentare sottoponeva al Governo due quesiti. In primis chiedeva di affidare l’inchiesta a un procuratore straordinario esterno, di un altro Cantone. In secondo luogo, chiedeva invece al Governo se non riteneva necessario che le responsabilità politiche relative alla Magistratura e alla Polizia oggi attribuite a Norman Gobbi (…) fossero attribuite a un altro membro dell’Esecutivo, perlomeno fino alla fine dell’inchiesta. Più che lapidaria la risposta del Consiglio di Stato alla prima domanda, riassumibile in una singola sillaba: «No». Alla seconda domanda, invece, De Rosa ha risposto quanto segue: «Come comunicato il 27 marzo 2024 dal Consiglio di Stato, la responsabilità politica sulla Polizia cantonale è stata temporaneamente affidata a Claudio Zali, che è il direttore supplente del Dipartimento delle istituzioni, a seguito della decisione di autosospensione del collega Norman Gobbi. Per la magistratura il problema non si pone stante la separazione dei poteri». Inutile dire che, pure in questo caso, i deputati dell’MPS si sono detti «profondamente delusi» dalle risposte. E, a questo punto, un breve siparietto ha tenuto banco in aula tra De Rosa e Pronzini, terminato il quale è stata invocata una seconda volta la discussione generale, nuovamente bocciata.

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