La reazione

Il DFAE dopo gli attacchi alla Global Sumud Flotilla: «Abbiamo già parlato con Israele»

Esplosioni, droni non identificati e disturbo delle comunicazioni: la missione umanitaria è finita sotto attacco mentre si trovava al largo della Grecia, in acque internazionali - «La protezione della popolazione civile deve essere garantita in ogni momento»
© KEYSTONE (EPA/MOHAMED MESSARA)
Jenny Covelli
24.09.2025 19:37

«Esplosioni, droni non identificati e disturbo delle comunicazioni». La Global Sumud Flotilla è finita sotto attacco mentre si trovava al largo della Grecia, in acque internazionali. «Almeno 13 esplosioni, più di 15 droni a bassa quota, lancio di oggetti non identificati». Bombe sonore le ha chiamate il ticinese Vanni Bianconi. Non ci sono vittime e gli attivisti parlano di un atto di intimidazione. Il quale si aggiunge alla «campagna di diffamazione coordinata da Israele» quale «tentativo di giustificare preventivamente un'azione militare contro una missione umanitaria non violenta guidata da civili».

La conseguenza è che la Global Sumud Flotilla ha sollecitato «una scorta marittima e osservatori diplomatici» ai Paesi delle Nazioni Unite: «Esigiamo che tutti gli Stati membri dell'ONU, e in particolare quelle nazioni che sono a bordo delle imbarcazioni, garantiscano e facilitino immediatamente una protezione efficace, tra cui scorta marittima, osservatori diplomatici accreditati e una presenza protettiva manifesta», ha chiesto l'organizzazione della spedizione. E l'associazione Waves of Freedom (WOFA) si è rivolta anche al Dipartimento federale degli affari esteri (DFAE) «di garantire la protezione» dei cittadini svizzeri impegnati nella missione umanitaria e di intervenire in caso di intercettazione da parte delle forze israeliane e/o di incarcerazione.

La lettera a Berna

Sono 26 i cittadini e residenti svizzeri che partecipano all'iniziativa internazionale a bordo di sette imbarcazioni svizzere. Una partecipazione – si legge nella missiva trasmessa a Berna – «in linea con gli impegni internazionali della Svizzera, in particolare le Convenzioni di Ginevra, il diritto internazionale dei diritti umani, lo Statuto di Roma e la Convenzione per la prevenzione e la repressione del crimine di genocidio». I partecipanti «agiscono in qualità di difensori dei diritti umani in conformità con la Dichiarazione adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 9 dicembre 1998, e come personale impegnato in una missione strettamente umanitaria». Ma anche in qualità di civili impegnati in operazioni di soccorso umanitario e quindi «protetti dall'articolo 71, paragrafo 2, del primo Protocollo aggiuntivo alle Convenzioni di Ginevra e dalla risoluzione adottata il 24 maggio 2024 dal Consiglio di sicurezza su iniziativa della Svizzera» WOFA ribadisce infine che «secondo lo Statuto della Corte penale internazionale, il fatto di sferrare attacchi deliberati contro il personale impiegato nell'ambito di una missione di aiuto umanitario in conformità con la Carta delle Nazioni Unite costituisce un crimine di guerra».

Il DFAE, da noi contattato, si era già espresso a inizio settembre, prima della partenza della Flotilla, definendola un'iniziativa portata avanti da «individui o gruppi privati». Le persone che decidono comunque di recarsi nelle zone espressamente sconsigliate «lo fanno a proprio rischio e pericolo, in conformità alla Legge sugli Svizzeri all'estero». 

Oggi, il DFAE ha spiegato al CdT di aver «preso atto degli appelli a tutela dei cittadini svizzeri che partecipano alla flottiglia», appelli ai quali «attribuisce grande importanza». «A questo proposito, il DFAE è in contatto regolare con le autorità israeliane a Tel Aviv e Berna. Sin dall'inizio dell'operazione, ha più volte interceduto presso Israele affinché garantisca il rigoroso rispetto del diritto internazionale, in particolare del diritto marittimo, del diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, nei confronti dei partecipanti svizzeri alla flottiglia. Oggi il DFAE ha nuovamente ricordato alle autorità israeliane a Berna il rispetto dei loro obblighi: ogni intervento contro la flottiglia deve essere conforme ai principi di necessità e proporzionalità. La protezione della popolazione civile deve essere garantita in ogni momento».

Tornando a sottolineare che chi decide di recarsi nella Striscia lo fa «sotto la propria responsabilità», il DFAE ha spiegato come l'assistenza consolare prevista dalla legge sarà garantita. Di più: «Se necessario, il DFAE interverrà presso le autorità israeliane per garantire il rispetto dei diritti fondamentali delle persone interessate, comprese condizioni di detenzione dignitose, garanzie procedurali e il diritto alla difesa. La situazione a Gaza», conclude il Dipartimento federale degli Affari esteri, «ha raggiunto un punto insostenibile. Ribadiamo le nostre richieste di un cessate il fuoco immediato e duraturo, del rilascio incondizionato degli ostaggi e di un accesso rapido e senza ostacoli agli aiuti umanitari», senza dimenticare l'approvvigionamento alimentare della popolazione e l'accesso alle cure mediche che Israele, «in quanto potenza occupante, deve garantire. Il DFAE continua a sostenere gli attori umanitari, in particolare le Nazioni Unite e il Movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa, che dispongono della maggiore competenza e capacità per fornire aiuti umanitari a tutti i civili bisognosi in misura sufficiente e senza discriminazioni».

Come hanno reagito gli altri Paesi

Il ministro italiano della Difesa, Guido Crosetto, ha fatto sapere di avere autorizzato questa notte l'intervento immediato della fregata multiruolo Fasan della Marina militare che era in navigazione a nord di Creta nell'ambito dell'operazione Mare Sicuro. «La fregata si sta già dirigendo verso l'area per eventuali attività di soccorso. Sono stati informati l'addetto militare israeliano in Italia, il nostro ambasciatore e l'addetto militare a Tel Aviv e l'unità di crisi della Farnesina». 

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