Il caso

Il lupo della Vallemaggia spacca il paese

«Ha diritto di vivere, ma così è pericoloso e va abbattuto», «No, gli allevatori devono adeguarsi» – La protesta dei contadini, che hanno scaricato le carcasse delle pecore di fronte al palazzo del governo a Bellinzona, ha lasciato il segno
Gli allevatori chiedono a gran voce l'abbattimento dell'animale, ma non tutti sono d'accordo
Jona Mantovan
12.05.2022 20:29

L'immagine delle carcasse delle pecore predate dal lupo a Cerentino, abbandonate di fronte al Palazzo delle Orsoline a Bellinzona, ha lasciato il segno. L'atto di protesta contro il Governo era stato organizzato dagli allevatori dopo che, il 26 aprile, l'animale selvatico ne aveva divorate una quindicina a Cerentino, in Vallemaggia. Il Consiglio di Stato, tuttavia, ha deciso di prendere tempo e, per ora, non intende autorizzarne l’uccisione. L'opinione non poteva che spaccarsi. Almeno questa è l'atmosfera che si respirava giovedì pomeriggio in Piazza Grande a Locarno. Una normale giornata di mercato che, grazie al sole e alle temperature miti, era decisamente animato. «Non sono d'accordo sul fatto che debba essere abbattuto». Dice Manuela. «Ci sarà sicuramente un'altra soluzione, qualcosa che si potrà fare. In ogni caso, non è giusto abbatterlo. Perché ha diritto di vivere anche lui, come tutti noi». Poco più avanti, all'imbocco della piazza, Antonino sta osservando una bancarella. «È un predatore che ha diritto di mangiare, certo. Però non dobbiamo far espandere la sua presenza, perché se no è un “casino”», dice.

«Lo Stato deve regolare la sua presenza – aggiunge –. Se no, i cacciatori, che ci stanno a fare? Pensiamo agli allevatori. Loro vivono grazie al bestiame, no? Se il lupo se le mangia... è chiaro che non può andare avanti così». Anche Manuela pensa alle motivazioni di chi vive grazie a questo tipo di economia. «Certo, capisco. D'altronde, c'è di mezzo la famiglia, i soldi, la loro sopravvivenza... ma dobbiamo entrare nell'ottica che tutti gli animali hanno gli stessi diritti che abbiamo noi».

Alicia è sulla stessa linea d'onda. «Sono qui da prima di noi umani!», esclama. «Dovrebbero poter tranquillamente vivere allo stato selvatico. È un'occasione per reintrodurre le persone che sorvegliano i pascoli. Oggi non esistono praticamente più. Ho anche letto che, un tempo, gli asini erano impiegati a mo' di “sorveglianti” delle greggi e sembra fossero un ottimo deterrente contro i lupi». Una sorta di “prototipo” dei cani da protezione, insomma...

Mi si spezza il cuore, non sono per nulla d'accordo.
Jennifer

Jennifer, commessa in un negozio nei dintorni, pensa che i contadini debbano essere aiutati a mettere a punto soluzioni per risparmiare la vita al lupo. «Mi si spezza il cuore, non sono per nulla d'accordo». I cani da protezione, per esempio, sono una delle strategie da seguire per evitare predazioni di bestiame.

Se un anilmale come quello dovesse diventare problematico... allora sì, mi sembra sia giusto abbatterlo.
Simon

Seduto alla sua bancarella, Pietro racconta di aver vissuto una bella esperienza tempo fa nel canton Grigioni. Una visita con il guardiacaccia locale. «Il predatore principale non è il lupo, ma l'uomo. Non puoi lasciare le tue capre o le tue pecore da sole su un alpeggio e visitare il luogo un paio di volte al mese e sperare che non succeda loro nulla. Ci sono parecchi capi che muoiono anche per altre ragioni, ma di quelli nessuno si lamenta. Ci si lamenta quando c'è il lupo. Sugli alpeggi dove c'è una protezione, non ci sono questo genere di protezioni». Pietro azzarda anche un attacco alla categoria degli allevatori. «È chiaro che se devi intervenire, mettere a punto delle protezioni,... è un lavoro in più e molti non hanno nessuna voglia di farlo».

Simon, proveniente dal canton Vallese ma che si è appena trasferito a Locarno, fa un paragone con la realtà della sua regione di provenienza: «Il mese scorso hanno abbattuto uno/due lupi, piuttosto giovani tra l'altro. Abbattere il lupo? Beh, non sono d'accordo in generale... ma se dovesse essere problematico... allora sì. Chiaro, dipende anche da che cosa fa, da che cosa succede, da quanti ce ne sono», conclude.

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