La polemica

«La pizza con la farina di grillo? Non esiste proprio!»

La provocazione del noto pizzaiolo Gino Sorbillo: «75 euro al chilo, una porcheria» – Anche in Ticino l'ingrediente non piace: ne parliamo con Danny Aiezza del Diametro 31 e Antionio Ospite di Verace
Michele Montanari
07.03.2023 20:30

La pizza con la farina di grillo? «Una porcheria». Parola di Gino Sorbillo, uno dei più noti pizzaioli napoletani, proprietario di diversi ristoranti in Italia, da Napoli a Milano, e nel mondo, a Miami, Ibiza e Tokyo. Sorbillo negli scorsi giorni ha lanciato una provocazione che sta facendo parecchio discutere: ha realizzato una pizza con la farina di grillo, l’ingrediente in commercio nei Paesi dell’Unione europea da fine gennaio sotto forma di polvere parzialmente sgrassata. Sorbillo ha diffuso un filmato in cui invita alcuni commensali ad assaggiare il piatto. Risultato? Beh, diciamo che non è stato particolarmente apprezzato. Interpellato dal Corriere della Sera sulla evidente provocazione, Sorbillo ha spiegato: «Volevo protestare. Sono assolutamente contrario all'idea di usare gli insetti in cucina. È assurdo che un ingrediente del genere venga impiegato per un piatto della tradizione come la pizza». E non solo. Si è pure parlato di costi esagerati: 75 euro per un chilo di prodotto. «Dato che una pizza ha bisogno di più di 100 grammi di farina, ci vorrebbero 7,50 euro di solo impasto» ha criticato Sorbillo, aggiungendo: «Il prezzo è proibitivo e secondo me chi è disposto a pagarlo lo fa solo per provare l'ebbrezza di... provare. Una materia prima del genere è assolutamente insostenibile».

In Svizzera la farina di grillo è disponibile dal 2017 e in Ticino c’è già chi la produce. In una intervista rilasciata al CdT, Karim Notari, fondatore dell’allevamento di grilli Entofarm, a Lugano, ha spiegato che il suo prodotto viene utilizzato anche per fare i biscotti e la pizza. Ma cosa ne pensano i pizzaioli in Ticino? Danny Aiezza, proprietario della pizzeria Diametro 31 a Lugano, nonché vincitore nel 2021 del Campionato nazionale italiano Pizza DOC, è decisamente scettico: è un piatto che difficilmente metterebbe nel suo menu, se non per qualche esperimento rivolto ai clienti più curiosi. «Io sono un pizzaiolo che si aggiorna continuamente, cerco sempre cose nuove, però non voglio toccare la tradizione. Resto sul classico, utilizzando una farina di ottima qualità, macinata a pietra. Se proprio devo spostarmi dalla tradizione, uso farine alternative come la canapa o l’orzo tostato. Questi sono impasti che propongo già in pizzeria». Aiezza aggiunge: «Non ho il coraggio di provare la farina di grillo, però ho amici che l’hanno fatto e mi hanno detto com’è. Potrei fare una pizza con farina di grillo solo per vedere cosa ne pensano i clienti. Ma se anche avessi un 80% di pareri favorevoli, non la inserirei nel menu». Il pizzaiolo spiega che per innovare è meglio lavorare sul topping, piuttosto che sull'impasto: recentemente a Sanremo, al Pizza al Festival Oro di Napoli, si è piazzato al quinto posto presentando pizze decisamente elaborate. Qualche esempio? Vellutata di patate, baccalà e peperoni cruschi.

Una sonora bocciatura arriva anche da Antonio Ospite, proprietario della pizzeria Verace di Paradiso, Guinness World Record 2018 per aver sfornato 10.170 pizze in 16 ore. Antonio Ospite ammette di esser rimasto addirittura scioccato «quando hanno accostato questa farina al nostro lavoro». Il pizzaiolo spiega: «Siamo nel 2023, io non giudico chi vuole usare questo ingrediente, ma chi fa la pizza napoletana ad un certo livello, deve rispettare determinati canoni. Nel corso dei decenni c’è stata un’apertura all’innovazione. Oggi ad esempio ci sono ottime pizzerie che utilizzano un forno a legna con impianto a gas; e le tecniche di impasto si sono evolute. C’è stata una ricerca partendo da una tradizione che non si discute, ma un’evoluzione, soprattutto negli ultimi 15 anni, c’è comunque stata. Oggigiorno ci sono degli impasti con delle idratazioni che 30 anni fa ci sognavamo: il nostro impasto sfiora l’80%, una percentuale altissima, che credo non abbia nessuno in Svizzera. Ma con la farina di grillo parliamo di un estremo che prende il nostro mestiere e lo trasforma in qualcosa di diverso: chi fa pizza napoletana non può permettersi di fare una roba del genere, non esiste proprio!», tuona il proprietario di Verace, aggiungendo: «A volte si può scendere a compromessi con le richieste dei clienti, si possono mettere i wurstel e le patatine sulla pizza, succede anche a Napoli, ma la farina di grillo è peggio dell’ananas. Io tutte le estati mando via qualche turista perché chiede la pizza con l’ananas: è una cosa che onestamente non posso fare. Ci mettiamo il cuore per fare uno dei prodotti migliori di tutto il Paese e poi usiamo l’ananas? È come comprare una Ferrari e poi pitturarla di viola una volta arrivati a casa». Antonio Ospite prosegue: «Anche se facessi un prodotto soddisfacente con la farina di grillo, avrebbe un impatto psicologico sul cliente, specialmente alle nostre latitudini. Solo esponendo l'insegna con scritto: "Pizza con farina di grillo", mi si svuoterebbe il locale». E ammette: «Però non avrei problemi ad assaggiarla in un ristorante etnico: potrebbe essere un connubio tra la cucina italiana e quella asiatica, però in un contesto asiatico, appunto. In Italia, in Ticino, ma in generale in Europa, non può assolutamente funzionare».