Lavoratori edili pronti a incrociare le braccia

I lavoratori edili, in Ticino, dopo una prima mobilitazione svoltasi oggi a Bellinzona, a cui hanno partecipato circa 2 mila lavoratori, sono pronti a incrociare le braccia per chiedere migliori condizioni di lavoro. E, soprattutto, per mettere pressione sugli impresari costruttori in vista del rinnovo del Contratto nazionale mantello.
Per dirla con le parole del segretario regionale di UNIA, Giangiorgio Gargantini, davanti ai lavoratori: «Vi stanno prendendo per i fondelli (l’espressione in realtà era più colorita)». E dunque, «se si arriverà a un vuoto contrattuale (ndr. ossia se le negoziazioni tra le parti sociali resteranno in stallo), lì sì che faremo un vero sciopero, ma senza annunciarlo un mese prima. Sarà dalla mattina alla sera. Arriveremo sui cantieri e li bloccheremo». Come dire: sindacati e lavoratori non sembrano affatto intenzionati ad arretrare di un centimetro nelle trattative con il padronato.
Parola d’ordine «unità»
Questa mattina, in un capannone stracolmo allestito per l’occasione davanti alla Scuola cantonale di commercio di Bellinzona, i sindacati UNIA e OCST hanno organizzato una prima giornata di «mobilitazione». Una sorta di mini-sciopero preannunciato, della durata di qualche ora, al quale nelle prossime settimane ne seguiranno altri nel resto della Svizzera.
Una mobilitazione a cui i lavoratori del settore hanno risposto presente. Erano circa 1.400 i presenti nella struttura a fine mattinata, diventati poi circa 2 mila durante il corteo pomeridiano lungo le vie della capitale. Una giornata voluta per lanciare un messaggio al padronato e per adottare una risoluzione in vista della scadenza del Contratto nazionale mantello e del Contratto collettivo cantonale, prevista tra due mesi. La parola d’ordine degli oratori che si sono succeduti sul palco è stata «unità», per difendere «la dignità del lavoro».
«Solo uniti siamo forti. I padroni lo sanno bene e hanno paura. E per questo motivo tentano di metterci uno contro altro. Perché dividerci fa solo gioco padronato. E dunque questa è una battaglia di tutti», ha ad esempio affermato la segretaria dell’Unione sindacale svizzera (USS), sezione Ticino, Nicole Rossi.
Il responsabile cantonale del settore edilizia per l’OCST, Paolo Locatelli, ha invece messo l’accento anche sul futuro della professione, definendo le proposte della SSIC «assurde»: «Vogliono disintegrare la vita sociale dei lavoratori» e, così facendo, «allontanare i lavoratori futuri». Detto altrimenti, ha sottolineato Locatelli, «stanno segando il ramo sul quale sono seduti».
A parlare, poi, è stato anche il responsabile delle trattative e membro della direzione nazionale di UNIA, Nico Lutz, secondo il quale oggi in Ticino è stato lanciato «un segnale forte», a dimostrazione che i lavoratori sono «pronti a lottare insieme, per la dignità e i diritti» del lavoro. Lutz ha quindi escluso che i sindacati possano accettare le condizioni poste dalla SSIC per il futuro contratto nazionale e ha ricordato che nelle prossime settimane «anche i lavoratori della Svizzera tedesca e francese», sono pronti a scendere in piazza. Al termine dei discorsi, poi, è stato osservato un minuto di silenzio per i morti sul lavoro, in solidarietà con le loro famiglie. E, infine, è stata adottata per acclamazione la risoluzione proposta dai sindacati.
Le richieste
Le richieste contenute nella risoluzione riguardano diversi aspetti. In primis, sulle condizioni di lavoro, sindacati e lavoratori chiedono la diminuzione delle ore di lavoro (per una giornata di 8 ore) e il riconoscimento delle trasferte (compresa la prima mezz’ora), nonché l’indicizzazione dei salari al rincaro. Riguardo alle trattative con il padronato, tramite la risoluzione viene inoltre ribadito il rifiuto alle proposte fatte dalla Società svizzera degli impresari costruttori (SSIC), come ad esempio il lavoro durante il sabato e la settimana lavorativa di 50 ore, oppure l’abolizione della protezione contro il licenziamento. Più in generale, riguardo al Contratto nazionale mantello, tramite la risoluzione i sindacati chiedono alla SSIC «maggiore serietà e senso di responsabilità» nella ricerca di un’intesa. E questo perché un vuoto contrattuale avrebbe conseguenze gravi, in particolare per il Ticino, «regione più esposta delle altre ai pericoli di dumping salariale e mala-edilizia». E ciò, «a maggior ragione, in una fase storica già segnata da una pericolosa carenza di personale».
Il corteo
Dopo il classico pranzo offerto nel capannone, i lavoratori verso le 13 si sono spostati in corteo per le vie di Bellinzona. Una prima fermata è stata organizzata davanti a Palazzo delle Orsoline, dove l’accento è stato messo contro le politiche di austerità, che – in sintesi – altro non fanno che impoverire i lavoratori. Infine, il corteo è giunto davanti alla sede della sezione ticinese della SSIC. E qui i sindacati sono tornati a ribadire le richieste fatte tramite la già citata risoluzione. Promettendo nuovamente che, al prossimo giro, al posto di una mobilitazione potrebbe esserci un vero e proprio sciopero. Anche se, come affermato da Gargantini, «presentarci alle trattative con dietro un corteo di 2.500 lavoratori ci lascia molto più tranquilli».