Politica

Lega e UDC, un Primo d'Agosto tra sovranità e frecciatine

I due partiti si sono riuniti per celebrare il Natale della Patria - Oltre ai «classici» discorsi sul senso di essere svizzeri, non sono mancate le reazioni piccate da parte di via Monte Boglia dopo le numerose critiche ricevute nelle ultime settimane - Claudio Zali al vetriolo su Marchesi e Dadò
©Chiara Zocchetti
Paolo Gianinazzi
01.08.2025 18:00

Sul fronte Lega-UDC – «cugini» politici mai così lontani negli ultimi anni – è stato un Primo Agosto all’insegna della tradizione, con le classiche parole d’ordine che da sempre ne caratterizzano la linea politica: sovranità, indipendenza, neutralità e patriottismo sono stati al centro dei discorsi pronunciati tanto a Monte Ceneri (dove si è riunita la Lega dei ticinesi) quanto a Giubiasco (dove invece si sono ritrovati i democentristi). Nelle parole del presidente cantonale Piero Marchesi, così come in quelle del consigliere nazionale Lorenzo Quadri, ad esempio, sono riecheggiate forti critiche al nuovo pacchetto di accordi con l’Unione europea, definito dal leghista «un trattato di sottomissione» e dal democentrista «la madre di tutte le battaglie, contro la quale occorre opporsi con forza poiché altrimenti la Svizzera diventerebbe una brutta copia dell’UE, con più tasse, meno autonomia e una democrazia svuotata». Anche il consigliere di Stato Norman Gobbi ha insistito sulla necessità di «continuare a combattere per una Svizzera indipendente, un Ticino con una sua identità, con la voglia di rimanere fedeli a noi stessi, liberi e svizzeri».

La difesa dell’arrocco

Al di là dei «classici» discorsi del Natale della Patria, però, oggi a Monte Ceneri è stata anche l’occasione, per la Lega dei ticinesi (e per il consigliere di Stato Claudio Zali in particolare) di togliersi qualche sassolino dalle scarpe. Via Monte Boglia, per più motivi, è infatti stata al centro di diverse polemiche: si pensi all’arrocco in Governo poi diventato «arrocchino», oppure alle critiche rivolte a Zali dall’UDC e dal Centro in merito alla gestione del lupo in Ticino, solo per citare un paio d’esempi tra i più recenti. Ecco, in questo contesto, in primis il coordinatore Daniele Piccaluga, davanti a una folla piuttosto galvanizzata (e numerosa, oltre 400 i presenti a Monte Ceneri), ha in qualche modo voluto fungere da «motivatore» per la base del partito. Tornando anche sulla questione dell’arrocco. «Siamo oltre 400. Uniti. Altro che movimento finito, come qualcuno vorrebbe. Siamo vivi e stiamo tornando alla grande. E quando la Lega torna, qualcuno torna a sudare», ha affermato il coordinatore. «Pensavano di metterci da parte con qualche articolo, qualche editoriale, ma hanno fatto i conti senza di noi, senza la nostra base, che non si lascia zittire», ha proseguito, per poi arrivare al tema dello scambio di dipartimenti: «Abbiamo preso decisioni coraggiose, anche scomode, ma chi vuole veramente cambiare non si nasconde. E noi non l’abbiamo mai fatto». In tal senso, ha sottolineato, «l’arrocco non era un giochino di potere, ma un segnale forte». Al netto della difesa dei «suoi» consiglieri di Stato, Piccaluga nel suo stile scanzonato non ha però voluto far mancare anche un paio di simboliche frecciatine, sia a Zali che a Gobbi: «Dopo il biscottino, permettetemi, visto che siamo a casa nostra: Claudio, se serve troviamo qualche buon cacciatore per sistemare qualche lupo in più... E Norman, magari ci scappa qualche taglio ai radar, vero? Ma sa racumandi...».

A metterci i «fuochi d’artificio», però, ci ha pensato direttamente Claudio Zali, che in prima battuta ha voluto lodare il lavoro svolto dallo stesso Piccaluga. «Daniele ha iniziato a metterci del suo e a farsi rispettare. E almeno una cosa l’abbiamo subito ritrovata: la cattiveria degli avversari politici, il loro rancore e la loro invidia, l’antileghismo viscerale». Tutto ciò, ha detto il consigliere di Stato, «a ricordarci che per fortuna noi siamo diversi da tutti gli altri schieramenti politici». Anche Zali ha poi affrontato il tema dell’arrocco, definendolo il primo «colpo di genio» del coordinatore: «Una proposta semplicissima, che ha letteralmente fatto impazzire il malsano ambiente della politica ticinese, con un’isteria collettiva come ai tempi dei concerti dei Beatles. Con un infinito livore dei giornalisti, che hanno gettato la maschera dell’oggettività per rivelarsi per quello che sono: antileghisti al servizio della campagna 2027, già iniziata, con il chiaro scopo di farla finita con la Lega». Il consigliere di Stato non ha poi fatto mancare critiche al Gran Consiglio in merito alla seduta straordinaria, agendata per il 25 agosto, durante la quale si discuterà, appunto, dell’arrocco. In tal senso Zali ha parlato di «smania di protagonismo» e di un Legislativo che si sostituisce all’Esecutivo. A conti fatti, per il consigliere di Stato «da questa operazione la Lega esce vincitrice ancora prima che l’arrocco sia effettivamente iniziato», anche perché «ci ha solo reso più compatti e più forti». Il «ministro» leghista ha infine voluto togliersi qualche sassolino dalle scarpe, in particolare in merito agli «attacchi personali» ricevuti da due presidenti di partito. Ossia, Piero Marchesi e Fiorenzo Dadò, i quali hanno in particolare criticato la gestione del dossier lupo da parte di Zali. «Uno (ndr. Marchesi) ha calcato questi palchi per chiedere il sostegno della Lega per entrare in Consiglio di Stato, possibilmente al posto mio. Sparare metaforicamente sul lupo e su chi se ne occupa è certo molto facile. Il lupo contrariamente alle mamme di Sessa non può infatti rispondere al fuoco», ha detto sarcasticamente. L’altro presidente (ndr. Dadò) «oltre a calare lezioni di ogni genere su ogni tema, di recente ha reso pubbliche anche mie questioni private, tipo dove trascorro il mio tempo libero e dove andrò a godermi la non meritata pensione». Ebbene, ha aggiunto con altrettanto sarcasmo, «a titolo generale mi limito a dire che per impartire lezioni sarebbe opportuno conseguire dei diplomi. E parlare di pensioni dovrebbe essere prerogativa di chi lavora o chi ha lavorato...».

Il nodo da sciogliere

Ora, al netto dei sassolini nelle scarpe, nel futuro dell’alleanza tra i «cugini» Lega e UDC resta un nodo da sciogliere: l’eventuale candidatura di Zali alle prossime elezioni cantonali. Proprio questa mattina, ospiti del podcast «Liscio e macchiato», Marchesi e Piccaluga hanno discusso la questione. Il democentrista ha ribadito che la candidatura di Zali porrebbe fine all’alleanza. Ma dalla discussione, dai toni più concilianti rispetto a quelli usati nelle ultime settimane, non sono sostanzialmente uscite «porte chiuse» all’alleanza. Entrambi, infatti, hanno dato il 50% di possibilità alla riuscita dell’accordo tra i due partiti. Se ne saprà di più tra ottobre e novembre, quando Zali dovrebbe sciogliere le riserve.