Locarno «sbanca» a Lugano, la politica gioca le sue carte

«Quando e in che modo il Municipio è stato informato dell’esistenza della vertenza giudiziaria tra il Casinò di Lugano e la Kursaal SA? Per quali motivi una problematica nota da oltre quindici anni non è mai stata portata all’attenzione del Consiglio comunale e della commissione della gestione né adeguatamente comunicata sul piano politico?». E ancora: «Per quale motivo nella contabilità del Casinò di Lugano non è mai stato previsto un congruo accantonamento prudenziale, nonostante l’esistenza di una vertenza giudiziaria pendente e di un rischio economico concreto?». La vertenza ventennale tra la casa da gioco luganese e quella locarnese è diventata un caso politico. A mettere nero su bianco le domande citate in apertura, a cui se ne aggiungono altre tredici, è il gruppo dell’UDC in Consiglio comunale.
In un’interrogazione del primo firmatario Paolo Andreetti, i democentristi chiedono in sostanza al Municipio di chiarire gli aspetti principali di questa vicenda, attualmente sul tavolo del Tribunale federale, che a conti fatti potrebbe culminare, per il Casinò di Lugano, in un esborso di circa 8 milioni di franchi. Come riferito lo scorso 23 dicembre, la Città – che ha intenzione di cedere le quote della Casinò SA nell’ambito delle rivalorizzazioni – ha approvato il principio di un sostegno alla Casinò Lugano SA per un importo complessivo massimo di 8,55 milioni di franchi quale «misura di supporto straordinario legato alla situazione attuale». Considerata «la gravità finanziaria della vicenda, la durata pluridecennale del contenzioso, la mancanza di informazione pubblica e politica su un rischio di tale portata e il contesto finanziario delicato in cui versa il Casinò di Lugano», il gruppo dell’UDC ha quindi indirizzato 15 domande al Municipio. I democentristi chiedono come mai «una problematica nota da oltre quindici anni non è mai stata portata all’attenzione del Consiglio comunale», «qual è stato concretamente il ruolo del Municipio quale azionista e autorità di vigilanza nei confronti del Casinò di Lugano SA in questa vicenda» e «quali passi ha intrapreso l’Esecutivo una volta venuto a conoscenza della vertenza».
Andreetti e cofirmatari domandano pure se «il Municipio intende rivedere i criteri di nomina, sorveglianza e responsabilizzazione del CdA del Casinò», se «l’onere finanziario derivante da questa vertenza si ripercuoterà direttamente o indirettamente sul bilancio della Città» e se «sono in corso o sono state valutate azioni di rivalsa o di responsabilità civile nei confronti di terzi».
L’accordo «Accento»
La stangata era stata resa nota dalla stessa casa da gioco luganese dopo che lo scorso 8 settembre la seconda camera civile del Tribunale d’appello aveva emesso una sentenza che accerta un credito a favore di Kursaal Locarno SA per il periodo 2002-2005 di circa 4,73 milioni di franchi. A cui si aggiungono ulteriori pretese relative agli anni 2006-2021. Applicando i criteri già confermati dal Tribunale d’appello l’esposizione complessiva è appunto stimata in oltre 8 milioni. Al Casinò serve un’iniezione di capitale per onorare questo debito. Tra i possibili scenari, c’è la possibilità di ricorrere a un aumento di capitale, emettendo nuove azioni oppure tramite una vendita parziale o totale dell’immobile alla Città.
Tutta questa vicenda ha radici lontane: era il 14 maggio 2001, quando la Kursaal Locarno SA e la Casinò Lugano SA sottoscrissero una convenzione sotto l’egida della società Accento SA. Questo accordo nasceva in un contesto politico particolare: la nuova Legge federale sulle case da gioco limitava a una sola la concessione di tipo A per il Canton Ticino, e bisognava gestire il rischio di uno scontro diretto e distruttivo tra Locarno e Lugano. «L’“accordo Accento» (così venne chiamato) non fu quindi un’intesa commerciale ordinaria, ma un patto politico-economico. Si trattava di un compromesso voluto dalle classi dirigenti cittadine dell’epoca: chi avesse ottenuto la concessione di tipo A avrebbe dovuto riconoscere all’altro una compensazione (25% dell’utile netto e 0,65% degli incassi netti), così da garantire un equilibrio territoriale e, soprattutto, evitare ricorsi e blocchi che avrebbero potuto paralizzare l’assegnazione federale», recitava la nota stampa. Quando l’11 novembre 2002 il Consiglio federale attribuì la concessione A a Lugano e la concessione B a Locarno, l’accordo divenne attuale. Ma fu proprio la dirigenza di Lugano di allora a disconoscere l’intesa, contestandone la validità. Nel 2006 venne dunque avviata una causa civile. La sentenza è stata nel frattempo impugnata al Tribunale federale. «È il passato che ritorna a galla», aveva detto a settembre su questa colonne il presidente del Consiglio di amministrazione, Emanuele Stauffer. Un’eredità del passato, dunque: «È un caso che si situa nella scia di quelli che hanno contraddistinto il primo decennio di vita abbondante del casinò: contenziosi legali milionari, rapporti pessimi con il regolatore, contese politiche, eccetera. Era gestito da politici, che sedevano nei consigli di amministrazione, in Municipio o in Consiglio comunale. Mi dispiace che spetti al Casinò del 2025 di raccogliere l’esito di quanto seminato 25 anni fa».



