Sentenza bis

Mortale di Grancia, riconosciuto il sincero pentimento

La Corte d’Appello ha confermato l’impianto giuridico dell’incidente in cui nel 2021 morì una giovane, ma ha ridotto di sei mesi la pena all’imputato: ora sono tre anni, uno da scontare
©Gabriele Putzu
Federico Storni
12.05.2025 17:57

Il riconoscimento dell’attenuante specifica del sincero pentimento, nella aule di tribunale, è merce rara e richiede un’alta soglia di credibilità per essere anche solo preso in considerazione. Spesso invocato, raramente concesso. È in questo senso notevole che la Corte d’appello e di revisione penale (CARP) l’abbia riconosciuto al 25.enne portoghese nato in Ticino che con la sua guida sconsiderata il 12 febbraio 2021 a Grancia uccise una giovane donna e ferì in modo estremamente grave un altro minorenne. Notevole sia per la sua rarità, sia perché il sincero pentimento era stato evocato in prima istanza da ambo le parti, ma non era stato concesso dalla Corte di prime cure. La decisione della CARP ha sì un certo effetto sulla pena inflitta al giovane - si passa da tre anni e sei mesi da espiare a tre anni in parte sospesi, con uno solo da espiare - ma potrebbe avere conseguenze ancora più importanti per le persone coinvolte in questa storia, specialmente per i familiari della giovane vittima, per cui la vicenda è ancora una ferita apertissima. Un punto fermo - premesso che un eventuale ricorso al Tribunale federale è ancora possibile - potrebbe aiutare a guarire.

Cosa è cambiato

Difficile dire cosa possa aver convinto la CARP - per l’occasione presieduta dalla giudice Giovanna Roggero-Will - del sincero pentimento del giovane, anche perché la sentenza ci è stata comunicata nei suoi risultati, senza particolari motivazioni. Di certo vi è che rispetto al processo di prima istanza l’imputato, nella sua ultima possibilità di prendere la parola, si è rivolto ai familiari della giovane, presenti in aula, dicendo loro di voler fare tutto il possibile per ovviare a quanto da lui commesso: «So di essere colpevole e non voglio sfuggire alle mie responsabilità - aveva detto mercoledì scorso -. Quello che è successo è colpa mia. Mi scuso anche per le mie difficoltà emotive ad esprimermi. So che non potrò mai pretendere il vostro perdono, perché quello che ho fatto è imperdonabile e niente di quello che potrò fare riporterà qui la vostra cara. Ma ritengo che ora le nostre vite siano connesse e, alla fine della procedura penale, vorrei un punto d’incontro con voi. Ma comprenderò la vostra decisione se non vorrete mai più parlarmi». Alcuni familiari, era emerso chiaramente in aula, faticano ancora a trovare risposte alle loro legittime sofferenze, anche per l’impossibilità di avere un dialogo con l’imputato. Ora il passo è stato fatto.

Regge l'accusa

Dal punto di vista giuridico, è stato sostanzialmente confermato l’impianto accusatorio e il giovane è dunque stato ritenuto colpevole di omicidio colposo (reato peraltro non contestato in Appello), lesioni gravi ed esposizione al pericolo della vita altrui. La difesa - gli avvocati Anna Grümann e Paride De Stefani - aveva provato ad argomentare che l’imputato non dovesse essere condannato per le conseguenze avute da chi già sapeva - a differenza della giovane vittima - cosa sarebbe successo a salire su quell’auto, vale a dire una corsa a tutto gas per i parcheggi dei centri commerciali di Grancia. Ciò anche per la CARP non ha però escluso l’illecità del suo agire.

A sostenere l’accusa è stata la procuratrice pubblica Margherita Lanzillo, mentre le due giovani vittime erano patrocinate dalle avvocate Demetra Giovanettina e Luisa Polli.

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