Offerta, pianificazione, privati: la politica in cerca di risposte

Dopo lo «storico» calo registrato nel 2022 (-0,1%, il primo dal 2008), il Ticino per il quarto anno consecutivo ha conosciuto un notevole rincaro del premio medio di cassa malati: +7,1%. Un aumento che va ad aggiungersi a quelli del 2023 (+9,2%), del 2024 (+10,5%) e del 2025 (+8,7%). Determinante, come sempre, è il fattore costi. Come avevamo riportato due settimane fa, secondo l’ultimo monitoraggio dell’Ufficio federale di sanità pubblica, a metà 2025 il Ticino risultava come la regione con la spesa pro capite più alta a livello svizzero in termini assoluti. Non solo: domenica saremo chiamati a esprimerci su due iniziative cantonali che, se da un lato permetterebbero risparmi (fiscali o tramite sussidi RIPAM) ai cittadini, dall’altro costerebbero all’Ente pubblico circa 400 milioni di franchi l’anno. Senza peraltro risolvere il problema dei costi della salute. Nel mezzo, c’è una politica chiamata a trovare soluzioni. E, soprattutto, ad abbattere la spesa sanitaria cantonale. Che fare, dunque? Lo abbiamo chiesto ai membri della Commissione sanità e sicurezza sociale.
Una questione di scelte
In mezzo a tanta preoccupazione, c’è comunque un piccolo elemento di conforto. «A livello nazionale, un aspetto positivo è che la crescita è stata inferiore a quella degli scorsi anni», osserva Matteo Quadranti (PLR), presidente della Commissione. «Alcune politiche, come sul fronte della sensibilizzazione o la chiusura di alcune strutture in alcuni Cantoni, sembrano dare frutti. Insomma, la strada verso un contenimento delle spese sanitarie è stata imboccata». Tuttavia, il Ticino è ancora il peggiore in quanto ad aumenti. «La situazione non è soddisfacente, e questo avrà sicuramente un impatto sul voto di domenica», ammette Quadranti. «Bisogna intervenire con più incisività sui costi. La Pianificazione ospedaliera va rivista al più presto, e andranno fatte scelte coraggiose». Ma il rischio, secondo il deputato, è che nel caso in cui passassero le due iniziative, «il tema del contenimento dell’offerta, palesemente sovradimensionata, sarà più difficile da far passare. E questo perché oltre il 60% della popolazione riceverebbe sussidi in caso di approvazione della proposta della sinistra». A chiedere scelte coraggiose è anche Giuseppe Cotti (Centro), vicepresidente della Sanità e sicurezza sociale. «La purtroppo abituale stangata di fine settembre pesa come un macigno sulle famiglie», dice. «E le iniziative che voteremo domenica promettono di ridurre la spesa a carico degli assicurati, ma evitano furbescamente di affrontare la vera domanda: chi pagherà il conto? I costi della sanità continuano a crescere e spostarli dal portafoglio familiare alla fiscalità generale non è un modo per risparmiare: è un’illusione che presto si tradurrà in disillusione e costringerà il Cantone, dinanzi a una spesa gigantesca, ad aumentare le imposte e a tagliare servizi anche essenziali. Il punto vero è un altro: il federalismo sanitario, così come è concepito oggi, non regge più». Per Cotti, è dunque necessario concentrare le strutture e le specialità. «In un Paese piccolo come la Svizzera non possiamo permetterci ospedali “di quartiere” che costano molto senza garantire sempre efficienza. La medicina moderna e specialistica richiede strutture adeguate, un volume minimo di interventi e una pianificazione sovracantonale, se non addirittura federale. La LAMal necessita peraltro di una revisione urgente e approfondita, con misure incisive per controllare soprattutto la crescita della spesa nel settore ambulatoriale e in quello dei medicamenti – bene che il Consiglio di Stato abbia licenziato un messaggio con due iniziative per modificare la LAMal proprio sul tema dei medicamenti – la sovramedicalizzazione, con il 20% dei trattamenti che risultano inutili, la digitalizzazione che offre vantaggi e una maggiore trasparenza del sistema. Senza il coraggio politico a Berna di procedere a una riforma strutturale in questa direzione, continueremo a vendere e inseguire illusioni - e a pagare un conto sempre più salato, in cambio di cure non necessariamente migliori».
I nostri compiti
«La pianificazione ospedaliera si fa in Ticino, non a Berna. Il DSS smetta di scaricare la responsabilità su altri», afferma invece Alain Bühler (UDC). «I compiti vanno fatti in casa nostra, senza vittimismo. È ora di dire ai cittadini come stanno realmente le cose: l’esplosione dei premi è figlia dell’esplosione dei costi sanitari in Ticino. Serve subito una nuova pianificazione ospedaliera che riduca il numero di nosocomi e concentri le specialità, eliminando inutili e costosi doppioni. Il Parlamento deve avere il coraggio di uscire dalla logica del campanilismo regionale e abbandonare l’illusione dell’ospedale “sotto casa”. Solo così si può agire davvero alla radice del problema». Di offerta eccessiva parla anche Danilo Forini (PS). Il vicepresidente della Commissione sostiene che bisogna avere il coraggio di fare delle scelte magari impopolari, ma efficaci. «È tempo di pianificare l’offerta sulla base del fabbisogno», dice. «Le cliniche private fanno un altro tipo di ragionamento, fondato sui ricavi». Con il risultato di avere, in Ticino, un’offerta sovradimensionata rispetto ai reali bisogni della popolazione, aggiunge il deputato socialista. «È necessario avere il coraggio di decidere limitando un’offerta di cui non abbiamo bisogno. E chi sostiene che non si è fatto abbastanza per limitare l’aumento dei costi della salute nel nostro Cantone, ha ragione». Anche per quanto riguarda il settore pubblico. «Il reparto maternità dell’ospedale di Mendrisio (su cui la politica si era divisa per un suo possibile ridimensionamento, ndr) è il simbolo della difficoltà della politica di affrontare questi temi». L’invito, dunque, è di correre ai ripari al più presto. «La nostra iniziativa permette di dare sollievo alle famiglie ticinesi», spiega ancora Forini. «Non solo: sarebbe un incentivo per lo Stato a muoversi e ad agire rapidamente sul contenimento dei costi della sanità». Sì all’iniziativa PS anche dai Verdi, evidentemente. Anche perché questo nuovo aumento dei premi «fa male alla politica, che non ha saputo trovare soluzioni. Ma fa male soprattutto alle famiglie, confrontate con continui rincari a fronte di salari stagnanti da anni», osserva Giulia Petralli (Verdi). Ecco perché è imperativo «affrontare con decisione il problema di un’offerta sanitaria sovradimensionata, che troppo spesso genera una domanda artificiale e produce doppioni costosi e inutili. Una pianificazione più razionale delle strutture e dei servizi permetterebbe di ridurre gli sprechi e concentrare le risorse sulle cure necessarie ed efficaci per la popolazione». Per la Lega, in conclusione, negli anni il Cantone ha proposto delle soluzioni all’aumento dei costi. «Ma se i risultati sono questi, allora c’è qualcosa che non va», rileva Alessandro Mazzoleni. «C’è troppa opacità nella fissazione dei premi. Il Governo dovrebbe dunque dirsi indignato, non deplorare gli aumenti. E chiedere urgentemente udienza a Berna per discutere di questa situazione ormai insostenibile».