Territorio

Parco regionale del Camoghè, Berna al tavolo dei Comuni

Incontro tra l’Ufficio federale dell’Ambiente, il Cantone, i quattro Esecutivi coinvolti e l’Ente di sviluppo per fare il punto e sondare il terreno su un dossier aperto dal 1994 – Il progetto della Val Calanca traccia la via
Del parco del Camoghè se ne parla da 29 anni: questa potrebbe essere la volta buona. © CdT/Gabriele Putzu

L’idea che anche il Ticino possa avere il suo parco naturale regionale non è più così tanto utopica. Vuoi per la spinta data dal recente progetto della vicina Val Calanca, che nel 2024 sarà a tutti gli effetti la più piccola delle venti realtà che compongono la rete dei parchi nazionali, vuoi per il momento storico che a differenza del passato potrebbe essere decisamente più propizio. Fatto sta che a seguito del primo sì preliminare dato da Lugano, Capriasca, Ponte Capriasca e Bellinzona, l’Ufficio federale dell’Ambiente (UFAM) si è seduto al tavolo con il Cantone, i Comuni coinvolti e l’Ente Regionale per lo Sviluppo del Luganese (ERSL) per parlare del parco regionale del Camoghè. In particolare, per capire come portare avanti questo dossier che pende ormai dal lontano 1994.

La prova del nove

Prima, il contesto. Il parco naturale del Camoghè è un progetto condiviso tra Sottoceneri e Sopraceneri (nel 1994 comprendeva i Comuni di Capriasca, Lugano, Arbedo Castione, Bellinzona, Cadenazzo, Giubiasco, Isone, Lumino, Mezzovico-Vira, Monteceneri, Ponte Capriasca e Sant’Antonino). Si situa attorno all’area del Monte Camoghè, all’interno della più vasta fascia di territorio di ottanta chilometri che va da Gandria al passo dello Spluga. Lo scorso dicembre aveva subito un’accelerata con il preavviso favorevole – seppur preliminare – dei quattro Comuni toccati dalla nuova versione del progetto (Lugano, Capriasca, Ponte Capriasca e Bellinzona) per iniziare ad approfondire i possibili scenari anche con il Cantone. Di recente, infine, la visita dell’UFAM. «Il progetto si è effettivamente sbloccato – esordisce la direttrice dell’ERSL Roberta Angotti Pellegatta –. Il prossimo passo è quello di fare un pre studio di fattibilità per definire visione, obiettivi e dare una risposta alle domande che rimangono ancora aperte. Stiamo parlando di tempistiche, costi e ruoli dei vari attori in gioco. L’UFAM mette a disposizione lo strumento, ovvero il marchio di parco, poi sono i Comuni e il territorio a decidere se cogliere o meno l’opportunità. Se c’è l’intenzione, il Cantone valuterà le possibilità di sostegno». La prova del nove, quindi, sarà quando verranno messe sul piatto le cifre del progetto, momento in cui i Comuni saranno chiamati a fare due conti e decidere se rispondere presente o chiamarsi fuori. L’ERSL aveva segnato in agenda l’aprile del 2024 come prima finestra per candidare il progetto a parco regionale. Una tempistica, che come conferma Angotti «risulta essere molto ambiziosa. Lo studio ci aiuterà a definire il percorso verso la candidatura e il tempo necessario».

Ricadute importanti

Ventinove anni di sì, no, forse, dicevamo. Ma quali sono i motivi che hanno portato il progetto a non avanzare in modo deciso? Henrik Bang, direttore del parco naturale Val Calanca, ci spiega che «il processo d’istituzione di un parco regionale presuppone una forte volontà degli enti promotori. Spesso, con il cambio degli Esecutivi, gli obiettivi dei Comuni vengono reimpostati e le priorità cambiate». Inoltre, con l’avvento del parco Val Calanca, «per il Ticino sarà più facile avendo un esempio a pochi passi da casa. Sarà importante anche il supporto del Cantone, che oltre ad includere il parco del Camoghè nella scheda di piano direttore, dovrà farsi parte attiva con Berna e garantire un determinato finanziamento». Il progetto in Val Calanca potrebbe quindi fare da apripista per altri progetti di parchi in Ticino. Essendo il primo parco nazionale interamente a Sud delle Alpi e di lingua italiana, «permetterà importanti sinergie e potrebbe venir preso come esempio per le questioni tecniche, come la struttura organizzativa e quel che riguarda gli statuti e il contratto». Inutile ribadirlo, ma se il progetto del parco del Camoghè venisse concretizzato, le ricadute sul territorio, dal punto di vista del turismo, sarebbero decisamente importanti. «La collaborazione tra Comuni, mondo agricolo, economia forestale, industria, settori culturali e turismo è la base per una gestione di successo del parco. Regioni periferiche con grandi valori paesaggistici possono posizionarsi anche dal profilo turistico tramite il marchio "Parco d’importanza nazionale". Il concetto di "parco" rappresenta un marchio riconosciuto per il turismo internazionale. Un obiettivo importante è quello di rafforzare le strutture regionali e creare posti di lavoro», conclude Bang.

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