Presunta truffa da 24 milioni, chiesti sette anni e mezzo

(Aggiornato alle 19.20)
Partiamo dalla cifre. Sarebbero stati oltre trenta i milioni di euro affidati al 45.enne italiano alla sbarra da ieri di fronte alla Assise criminali presiedute dal giudice Amos Pagnamenta. Di questi, oltre 24 gli sarebbero finiti in tasca e oggi non ci sarebbero più. Li avrebbe spesi tutti per fare la bella vita, elargendone parte ad amici e familiari (alcuni di loro a propria volta sotto accusa), anziché investirli sui mercati asiatici, come promesso. Lui, l’imputato, non ritiene di aver commesso reati, mentre secondo il procuratore pubblico Andrea Gianini, titolare dell’inchiesta, quei soldi non aveva mai avuto intenzione di investirli e mai l’ha fatto, mettendo in sostanza in piedi uno schema buco-tappabuco. Difatti uno dei suoi investitori è stato tacitato, ma ciò sarebbe avvenuto... con i soldi di un altro investitore. Per tutto questo ieri l’accusa ha chiesto che venga condannato a sette anni e mezzo di carcere ed espulso dalla Svizzera per dieci anni.
Top-down e bottom-up
Oggi in aula è stato prevalentemente il giorno dell’accusa, anche perché durante l’interrogatorio l’imputato si è avvalso della facoltà di non rispondere, rimandando più volte a quanto già detto in inchiesta: documentazione che noi non abbiamo ovviamente potuto consultare. Né in mancanza di contesto è stato semplice fare la tara alle sue puntuali affermazioni. Tenendo presente che, a mente dell’accusa, l’uomo sarebbe stato il deus ex machina dell’operazione truffaldina che prospettava (inesistenti) investimenti in mercati promettenti dell’Asia, tramite società di Singapore e con l’appoggio di banche americane, così, il 45.enne ha definito il suo ruolo ieri in aula: «Come già dichiarato, assieme a un team avevo un ruolo di consulenza e identificavo delle soluzioni top-down, cioè delle aree geografiche e delle classi d’investimento, alla ricerca di controparti bancarie per investire; e soluzioni bottom-up in merito a singole azioni, obbligazioni e materie prime che sembravano maggiormente promettenti. L’attività era limitata alla consulenza e non effettivamente all’investimento, che veniva effettuato da terze parti. Ritengo di non aver commesso reati». Oggi l’arringa dell’avvocato Castelli contribuirà verosimilmente a fare chiarezza.
Un castello di carta?
A mente dell’accusa questo linguaggio e questo cavillare farebbero parte del gioco di specchi costruito dall’imputato e mantenuto in piedi per un lungo periodo, dal 2010 al 2018. Alla base non vi sarebbe però nulla, se non la volontà di usare per se i soldi degli investitori. Stando al procuratore Gianini, ad esempio, gli incontri con le banche americane sarebbero stati solo di facciata, per poi poter millantare il loro coinvolgimento nell’operazione. Banche che hanno affermato di non avere in pancia conti a nome dell’imputato.
La bravura del 45.enne sarebbe dunque stata quella di sapere vendere il nulla, grazie a convincenti pamphlet, alla produzione di documentazione falsa, a incontri in luoghi suggestivi (come il Gran Premio di Formula 1 a Singapore), e alla capacità - fino al punto di rottura - di ridare i soldi a chi li richiedeva. Ricorrendo, però, ai denari di altri investitori. È il caso dell’imprenditore che per primo denunciò l’imputato nel 2018, il quale poco dopo venne rimborsato - questa la tesi accusatoria - con i soldi dati da un altro investitore tramite una truffa che avrebbe coinvolto anche i familiari dell’imputato, per cui il procuratore Gianini ha spiccato un mandato d’arresto in Italia, per la verità con poca speranza che abbia un seguito.
Legami con l'Italia
Di questo caso si parla da tempo sia in Italia che alle nostre latitudini. Sia perché l’imputato è parte di una nota famiglia di imprenditori norditaliani, sia perché imprenditori sono le sue presunte vittime. Inoltre il 45.enne ha combattuto finché ha potuto l’estradizione dall’Italia e ha lasciato presunti conti non saldati in alberghi a St. Moritz e Lugano (non oggetto di questo dibattimento). L’imputato ha vissuto a Lugano fra il 2010 e il 2018 godendo dello status di globalista e con diverse sue presunte vittime - con interessi o residenza in Ticino - aveva un rapporto che si potrebbe definire d’amicizia, o comunque più stretto di quello professionale. Alcuni li avevi conosciuti - e convinti a investire - durante vacanze alle Maldive o alle Seychelles: «Ha depredato persone a lui vicine per finanziarsi l’esistenza», ha detto Gianini.