Sotto il cappello della Horizon, una galassia societaria da indagare

In una foto risalente al 2015, riportata sotto, sul campanello a Paradiso della Horizon Advisors SA, la fiduciaria di cui è stata arrestata negli scorsi giorni la titolare 48.enne assieme a un gestore patrimoniale 39.enne, era appiccicato con un nastro adesivo un foglio con una lista di una quarantina di società. Società per cui, nella stragrande maggioranza dei casi, la donna occupava una carica dirigenziale. A Registro di commercio oggi, fra società radiate, passate di mano o ancora attive, ve ne è un centinaio abbondante in cui la 48.enne ha o ha avuto un ruolo, fra Ticino e Zugo. A esse se ne può aggiungere un’altra cinquantina in giro per il mondo, specialmente in Inghilterra, poche delle quali oggi attive. È questa galassia che è ora chiamata a indagare l’équipe coordinata dalla procuratrice pubblica Raffaella Rigamonti, per capire se tramite alcune di queste società la coppia abbia commesso reati penali: al momento si ipotizzano quelli di truffa, appropriazione indebita, amministrazione infedele e riciclaggio di denaro. Il tutto «nell’ambito di una estesa attività di raccolta e gestione di fondi (investimenti finanziari) in Svizzera e all’estero». In altre parole: venirne a capo non sarà facile, né rapido.

Sia chiaro, aprire questo tipo di società non è qualcosa di illegale a prescindere, e Horizon Advisors non ha peraltro mai fatto mistero della sua attività, come si legge ancora adesso sul loro sito internet: «Siamo una società indipendente di Family Office e Wealth&Company Management che, da Lugano, Lisbona, Bratislava, Abu Dhabi, Panama e altri Paesi offre una gamma completa di servizi nel campo della fiscalità nazionale ed internazionale, costituzioni e gestioni societarie domestiche ed internazionali, delocalizzazione di imprese a livello internazionale», eccetera. Ma il professionista che offre questo servizio finisce con l’esporsi e poter essere chiamato a rispondere di quel che fa il suo cliente. Se, per esempio, dovesse emergere che il cliente è sospettato di essere vicino a un clan camorristico, è probabile che il fiduciario dovrà quantomeno dimostrare che ne era all’oscuro.
Presunti legami con Moby Dick
L’esempio non è peregrino, in quanto la Procura europea è convinta che almeno due delle cinque società riconducibili al duo arrestato che appaiono nelle carte dell’inchiesta per una maxi-frode carosello sull’IVA denominata Moby Dick, fossero in realtà nella piena disponibilità di un presunto camorrista. Tanto che quest’ultimo, quando è stato arrestato a Ginevra nei mesi scorsi, è stato trovato in possesso di una carta di credito intestata alla fiduciaria 48.enne, come svelato da questo giornale. Un’altra società, invece, era nella disponibilità delle due persone considerate al vertice della maxi-frode, fra cui un italiano residente a Lugano. La 48.enne fiduciaria e il gestore patrimoniale non figurano come indagati nell’inchiesta Moby Dick, ma la Procura ticinese sta ora fra le altre cose verificando «possibili irregolarità nel campo delle cosiddette frodi carosello IVA».
Sempre a proposito di Moby Dick, e apriamo una parentesi, ricordiamo che la Procura europea nelle prime fasi dell’inchiesta era venuta a bussare alle porte di un’altra fiduciaria di Lugano, il cui titolare era stato sentito come persona informata sui fatti. Il suo interrogatorio e «svariata documentazione cartacea e informatica» sequestrata erano stati consegnati tramite rogatoria alla Procura europea. Alcuni di essi facevano riferimento a una società di Lugano in cui«sarebbero confluiti proventi della frode carosello all’IVA». Chiusa la parentesi.
L’imprenditore abruzzese
Tutto molto complicato, come detto. E ulteriormente complicabile. Perché i due arrestati hanno un’altra inchiesta che li sfiora. Un imprenditore abruzzese definito «procacciatore d’affari» per la loro WIP Finance SA è indagato a Milano per una presunta frode carosello nell’ambito di operazioni immobiliari fittizie in cui gli sono stati sequestrati preventivamente quasi 40 milioni di euro. L’uomo, al centro dei tentativi d’acquisizione da parte diWIP Finance della società Visibilia della ministra italiana Daniela Santanché (fallito) e delChieti calcio (riuscito), potrebbe poi essere più coinvolto in WIP di quanto pubblicamente annunciato. La trasmissioneReport aveva infatti riferito che l’imprenditore aveva immesso centomila franchi in WIP e che la stava usando per gestire le proprie società italiane. L’informazione era stata fornita a Report dall’amministratore unico di una società di consulenza economica con sede a Val Mara; società di cui l’imprenditore abruzzese era direttore amministrativo dal 2019, all’incirca quando sono cominciati i suoi guai giudiziari. Al momento, però, il caso Visibilia non sembra essere fra le priorità degli inquirenti ticinesi, forse anche perché la società è nel frattempo stata commissariata dalla FINMA che sta svolgendo da alcuni mesi le sue indagini e che ha anche bloccato dei valori patrimoniali.
Un esempio «locale»
Ultima complicazione, e ultimo esempio del fare attenzione a chi ci si mette in casa: la vicenda di un 46.enne italo-rumeno che per lavoro «acquisiva società in difficoltà per rilanciarle», condannato a Lugano a tre anni di carcere per reati finanziari un anno fa. Reati - truffa ai crediti COVID, riciclaggio, amministrazione infedele aggravata, omissione della contabilità - commessi principalmente tramite una società di cui figurava quale gerente, con socia unica e detentrice dell’intero pacchetto azionario Horizon Advisors SA. Anche in questo caso, la fiduciaria e Horizon (i cui nomi non appaiono mai sull’atto d’accusa) sembrano estranei all’inchiesta, tanto da non figurare nemmeno tra gli accusatori privati.