La testimonianza

Un ticinese a New York: «I dazi di Trump? Forse non potrò più permettermi il Gruyère...»

Matteo Rossi vive nella Grande Mela da anni oramai: come ogni svizzero, ha avuto un brutto risveglio lo scorso 1. agosto – «Dobbiamo abituarci a queste decisioni umorali, ma mi sarei aspettato più rigore nella risposta elvetica»
©SHAWN THEW
08.08.2025 13:39

Chi vive all’estero lo sa: certe nostalgie non passano mai. Alcune hanno il sapore di casa, altre l’odore della domenica mattina. Per molti svizzeri all’estero – tra cui diversi ticinesi trapiantati negli Stati Uniti – una di queste nostalgie ha la forma rotonda e la crosta spessa di un Gruyère.

Matteo Rossi, ticinese che vive a New York da ormai diversi anni, conosce bene quella sensazione. Ogni tanto, nella giungla metropolitana americana, va alla ricerca di un pezzo di Svizzera, in una storica gastronomia dell’Upper West Side, dove scaffali e banconi traboccano di formaggi di ogni provenienza: «Vicino a casa mia c’è Zabar’s, un posto in cui trovo formaggi di tutti i tipi, incluso il Gruyère svizzero. Per ora non mi manca ma... vedrò la prossima volta se posso ancora permettermelo» racconta con un mezzo sorriso.

Il riferimento è alle nuove tariffe doganali annunciate il 1. agosto da Donald Trump ed entrate in vigore ieri: dazi del 39% su alcuni prodotti d’importazione, tra cui anche i formaggi svizzeri. Una mossa che ha scosso il settore agroalimentare elvetico e messo in allarme produttori e importatori. «Assolutamente sì, ne ho sentito parlare – dice Matteo – anche se non ricordo se la notizia l’ho letta su media svizzeri o americani. Certamente, non è stato un bel risveglio per noi svizzeri nel giorno della festa nazionale. Qui, tra gli americani senza legami con la Svizzera, non so se abbia fatto scalpore: ormai ci siamo abituati a queste decisioni umorali». E aggiunge: «Personalmente, conoscendo il personaggio con cui ci si stiamo rapportando, mi sarei aspettato forse più rigore e urgenza nella risposta svizzera». Parole che rivelano un misto di realismo e frustrazione, da parte di chi conosce bene entrambi i lati dell’Atlantico.

Il nodo, ora, è anche capire come reagirà il mercato statunitense. L’americano medio è disposto a spendere di più per un Gruyère DOP, o si orienterà verso alternative più economiche? «Credo che chi va in cerca di un formaggio particolare, tenendo conto delle tante alternative, non si farà scoraggiare dal prezzo. Ma per l’acquirente occasionale potrebbe essere diverso, e l’aumento dei rischi per i venditori potrebbe ridurre le importazioni» spiega Matteo.

Negli Stati Uniti, poi, la percezione del «formaggio svizzero» è spesso vaga: basta che abbia i buchi, anche se prodotto localmente. «Qui spesso viene definito formaggio svizzero qualunque formaggio abbia buchi, anche se probabilmente prodotto in America» ci racconta Matteo. «Al di fuori di posti come Zabar’s – aggiunge – non so quanto sia facile trovare vero formaggio svizzero».

Intanto, in Svizzera, il settore guarda con preoccupazione alle possibili conseguenze delle nuove tariffe. Dall’altra parte dell’Oceano, invece, chi come Matteo cerca quel sapore di casa, sa che forse dovrà farlo meno spesso. Perché anche un semplice gesto – tagliare una fetta di Gruyère – sta diventando un piccolo lusso.

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