Politica

Una soglia di sbarramento e mille incognite

Sulla proposta fatta lunedì da alcuni deputati del PLR abbiamo interpellato il politologo Oscar Mazzoleni
©Gabriele Putzu
Paolo Gianinazzi
28.03.2023 21:45

Non ha mancato di suscitare reazioni la proposta, lanciata questo lunedì da alcuni deputati del PLR, di introdurre in Ticino una soglia di sbarramento del 4% per l’elezione in Gran Consiglio. Un «quorum» che, ad esempio, fosse stato presente nel 2019 avrebbe comportato l’esclusione dell’MPS (che raggiunse il 2,39% dei voti), di Più Donne (2,07%) e del PC (1,23%). E, non a caso, a criticare la proposta sono stati soprattutto questi partiti. Per l’MPS, ad esempio, si tratta di un tentativo di far tacere l’opposizione: «Non è la presenza di un’opposizione a impedire al Governo e ai suoi partiti in Parlamento di dare risposte adeguate ai problemi del Paese, ma l’incapacità di questi partiti», ha scritto il movimento in una presa di posizione.

Ora – al di là dei ragionamenti politici dei vari partiti sulla proposta – sulla questione della frammentazione abbiamo interpellato il politologo Oscar Mazzoleni, co-autore dello studio dell’Osservatorio della vita politica regionale citato nell’iniziativa parlamentare (qui trovate l'articolo che scrivemmo nel novembre del 2020 sullo studio).

La fattibilità politica

«Lo studio – premette il professore – trattava in particolare le conseguenze di un’eventuale adozione del sistema maggioritario in Ticino, in particolare per l’elezione del Consiglio di Stato. Riguardo, invece, all’elezione del Gran Consiglio, abbiamo cercato di contestualizzare il sistema ticinese paragonandolo ad altri cantoni svizzeri». E, appunto, «ne è emerso che il Ticino, con l’attuale soglia implicita all’1,11%, è tra i cantoni con una soglia tra le più basse della Svizzera». Ma il ragionamento, precisa Mazzoleni, non finisce certo qui. Si tratta poi di capire anche se una proposta di riforma è fattibile non solo dal punto di vista giuridico, ma pure da quello dei rapporti di forza nel Paese. «Con una soglia esplicita al 4% alcuni piccoli partiti sarebbero stati tagliati fuori dal Parlamento. Partiti che, coalizzandosi, potrebbero bloccare una riforma di questo tipo in sede referendaria». Già, perché non va dimenticato che per introdurre una soglia di sbarramento occorrerebbe intervenire sulla Costituzione cantonale. E quindi il voto popolare sarebbe inevitabile. «Lo studio metteva quindi in luce la necessità di non sottovalutare la capacità, anche dei partiti più piccoli, di mobilitare l’elettorato e far cadere progetti sostenuti da un’ampia coalizione». In questi ultimi 20 anni, aggiunge il professore, «di questi esempi ne abbiamo visti non pochi».

Va poi aggiunto che l’introduzione di una soglia di sbarramento non avrebbe conseguenze solo per i partiti più piccoli. Ancora Mazzoleni: «Occorre anche capire se i partiti di media grandezza, ad esempio i Verdi, sono disposti a giocare questa partita. Sono scenari che comportano opportunità e rischi per tutti gli attori in gioco». Detto diversamente: le variabili da tener presenti sono parecchie. E il risultato «sarebbe tutt’altro che scontato».

Un problema con più soluzioni

Ma la frammentazione – chiediamo poi al professore – è un problema in Ticino? «Occorrerebbe un’analisi approfondita della capacità effettiva del Gran Consiglio di portare a termine le proposte parlamentari a confronto con il passato e con altri cantoni. Un’analisi mai fatta finora», premette Mazzoleni. Ad ogni modo, sottolinea poi il politologo, «va anche detto che, pur ammettendo che la frammentazione sia un problema effettivo per il lavoro parlamentare, la soglia di sbarramento non è l’unica via percorribile per porvi rimedio. Si potrebbe anche pensare alla congiunzione delle liste, oppure una combinazione delle due proposte». C’è poi un’altra domanda da porsi, aggiunge Mazzoleni: «È il Parlamento stesso a complicarsi il lavoro, oppure a giocare un ruolo c’è anche la relazione tra il Parlamento e il Governo?». Non a caso, proprio nello studio dell’Osservatorio della vita politica regionale veniva sottolineato che «la questione della governabilità non sembra porsi oggi in Ticino, almeno per quanto riguarda l’attuale legislatura (ndr. 2015-2019) e quella precedente (ndr. 2011-2015), in termini di mancata collegialità dentro il Governo, ma anzitutto come difficoltà di “dialogo” fra Governo e Parlamento e, di conseguenza, come difficoltà nel produrre decisioni politiche efficaci e vincolanti». Ed ecco perché, ancora nello studio sopracitato, veniva pure precisato che «per evitare un ampliamento delle differenze fra la composizione del Governo e quella del Parlamento», sarebbe «auspicabile una riforma congiunta».

L’altra incognita

C’è poi un altro punto interrogativo sottolineato dal politologo: «Se nelle elezioni del 2 aprile verranno eletti rappresentanti di altri piccoli partiti, oltre a quelli già presenti, le implicazioni dell’introduzione di una soglia di sbarramento sarebbero ancora più rilevanti». Detto altrimenti: in un Parlamento più frammentato far passare proposte di questo genere non sarebbe meno facile ma forse più difficile perché molti di più sarebbero coloro che avrebbero da perdere.

Niente neutralità

Un altro elemento da sottolineare riguarda un ragionamento puramente politico. Per usare le parole del professore: «Questo tema è tutt’altro che politicamente neutro». Già, perché «ogni partito fa un calcolo, in termini di vantaggi e svantaggi, sulle conseguenze che tali cambiamenti possono comportare». Non è un caso, ad esempio, che la proposta arrivi dal PLR, mentre sia combattuta dall’MPS. E questo «è un punto chiave su cui riflettere». Senza dimenticare che, «come avviene per i sondaggi, si tratta di tentativi di proiettarsi nel futuro, il cui esito finale dipende però da molti fattori oggi imponderabili».

Tra grandi e piccoli

L’ultimo tema su cui il professore invita a riflettere riguarda la rappresentanza delle diverse espressioni della società in Parlamento. «Se da una parte c’è il discorso della frammentazione e della governabilità, dall’altra c’è quello del pluralismo: o meglio, della rappresentanza in Parlamento delle varie sensibilità della popolazione. Si tratta di trovare l’adeguato equilibrio». Anche perché, conclude Mazzoleni, «se esistono nella società domande che i grandi partiti non riescono a intercettare e i piccoli partiti non sono più rappresentati in Parlamento, tali domande potrebbero esprimersi più facilmente attraverso referendum e nelle piazze».

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