La sentenza

«Un’incredibile bassezza d’animo»: nonno condannato per gli abusi sulla nipotina

Inflitti quattro anni e dieci mesi di carcere a un anziano del Luganese che si è approfittato della giovanissima parente acquisita dal 2019 al 2023 – In un’occasione l’ha anche violentata – L’accusa aveva chiesto sette anni: a influire è stata l’età avanzata dell’imputato
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Nico Nonella
11.09.2025 17:20

«Dal profilo umano l’imputato ha dimostrato un’incredibile bassezza d’animo e si è macchiato di reati odiosi che hanno causato gravi danni psicologici alla sua vittima». Con queste parole il presidente della Corte delle assise criminali, il giudice Amos Pagnamenta, ha condannato a 4 anni e 10 mesi di carcere il 78.enne del Luganese a processo da giovedì per aver molestato e violentato la nipote acquisita tra il 2019 (quando la vittima aveva 7 anni) e la vigilia di Natale del 2023. La piccola, costituitasi accusatrice privata e rappresentata dall’avvocato Maria Galliani, ha sporto denuncia a inizio 2024 una volta tornata a casa.

Baci e toccamenti, ma non solo

L’episodio più grave – e contestato dall’imputato durante tutto il dibattimento, svoltosi a porte chiuse – è proprio quello del dicembre 2023: l’uomo, questa la verità processuale emersa in aula, ha costretto la ragazzina a subire un rapporto sessuale completo mentre erano soli in casa. Gli altri abusi – baci e toccamenti – erano pure avvenuti tra le mura dell’abitazione dell’uomo, dove la nipote e sua mamma (figlia di primo letto della moglie dell’imputato) si recavano in visita dall’estero un paio di volte all’anno. Dal canto suo, l’anziano luganese ha ammesso esclusivamente l’ultimo episodio, limitandolo però a un rapporto orale da lui praticato. «Mi sono avvicinato io, pensavo di essere invitato dal fatto che lei era sdraiata sul divano, ma non dormiva e anzi mi guardava. Ho avvertito compartecipazione e mi sono sentito ricambiato», si è giustificato l’imputato. Pur ammettendo di aver sbagliato, l’uomo ha affermato che la vittima aveva spesso atteggiamenti ambigui e che ha riferito del presunto stupro e degli altri episodi a causa di «suggerimenti occulti» durante le deposizioni nel suo Paese di origine. «È vergognoso sostenere di aver agito per fare un favore alla bambina, come meschini sono i tentativi di dare la colpa a una presunta morbosità da parte della bambina», ha affermato Pagnamenta (assistito a latere da Emilie Mordasini e Renata Loss Campana oltre che dagli assessori giurati).

Chi è credibile e chi no

Essendo sostanzialmente indiziario, centrale in questo processo è stata la credibilità delle parti. Nonostante diversi aspetti dell’inchiesta che hanno destato perplessità, – la difesa ha fatto leva su questo aspetto – , «complicando inutilmente il lavoro della Corte», la vittima è stata ritenuta credibile. «La sua versione è stata lineare e costante e le dichiarazioni rese spontanee e genuine. Altrettanto non si può dire dell’imputato, apparso poco credibile. Ha tentato di distanziarsi il più possibile dalla minorenne, ma la sua versione ha retto solo quando gli è stato fatto credere che erano stati fatti degli accertamenti sul DNA trovato sulla vittima. Ma anche così ha ammesso il meno possibile», ha argomentato il presidente della Corte. Il 78.enne «ha pure mentito sulla sua disfunzione erettile. In realtà era interessato al sesso, tanto da essere già stato condannato per pedopornografia».

Accusa e difesa

La pena inflitta, 4 anni e 10 mesi appunto, è in ogni caso inferiore a quella proposta dall’accusa, sostenuta dalla procuratrice pubblica Petra Canonica Alexakis (7 anni di carcere). Questo in ragione dell’età dell’imputato: il Tribunale federale ha indicato che in questi casi una condanna non deve mai diventare «a vita». La difesa, rappresentata dall’avvocato Laura Rigato, si è invece battuta per una pena sospesa di 18 o 24 mesi. L’uomo dovrà inoltre versare 20 mila franchi alla vittima a titolo di risarcimento (10 mila sono già stati pagati).

La giurisprudenza del TF

Nel motivare la sentenza, la Corte ha come detto criticato alcuni aspetti dell’inchiesta, partita nel Paese di origine della vittima e passata nelle meni degli inquirenti ticinesi. «Non è stata svolta una visita specialistica così come un controllo delle gravidanza (la vittima temeva di essere rimasta incinta dopo l’ultimo abuso, ndr)», mentre alcune critiche sono state indirizzate anche all’atto d’accusa. Ma a conti fatti, l’impianto accusatorio ha retto ed è stato confermato dalla Corte.

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