Volevano demolirlo, è sempre rinato

Si aprì con un dramma in cinque atti (Marie Jeanne ou la femme du peuple) scritto due anni prima dal romanziere francese Philip Adolphe d’Ennery e dall’amico e collega Julien de Mallian la storia del teatro Sociale di Bellinzona. Una storia che lunedì prossimo, Santo Stefano, si arricchirà di un nuovo, significativo, capitolo: la struttura cittadina festeggerà i 175 anni. Quasi due secoli contraddistinti da momenti difficili, da interventi per la conservazione del bene e dalle critiche di una parte della politica sfociate ad esempio, un mese fa, nella decisione del Consiglio comunale di affiancare una Commissione artistica di esperti alla direzione affidata dal 2011 a Gianfranco Helbling. Nelle prossime righe accenderemo i riflettori sul passato e sul presente di quello che è indubbiamente uno dei gioielli della Turrita.
Il gran rifiuto delle monache
La lungimiranza del municipale Carlo Romualdo Rusconi fu all’origine di tutto. Fu lui, nel 1838, a lanciare l’idea di realizzare un teatro. Venne così costituita una società attraverso la sottoscrizione di 15 azioni da 500 lire milanesi. Si trattava, a quel punto, di trovare l’ubicazione migliore. Ci vollero quattro anni per individuare il luogo: il macello, a nord della città. Nel 1844 la decisione dell’Esecutivo fu però capovolta a favore dell’opzione a sud della capitale (che allora aveva 2.000 abitanti). Il progetto venne approvato nel 1846. La Società del teatro a quel punto contava 29 azionisti, praticamente tutti patrizi. Per edificare la struttura fu necessario «acquistare parte della vigna delle Orsoline, della strada e della fossa di porta Locarno e di demolire le mura di fortificazione attigue». Il Consiglio di Stato ed il Parlamento diedero via libera, mentre le suore (che occuparono il convento fino al 1848) non vollero cedere il terreno.
Pertanto il Sociale venne costruito all’esterno del perimetro dell’edificio (allora) religioso. Il cantiere si aprì nel 1847. Il progetto fu curato dall’architetto italiano Giacomo Moraglia («padre» del Palazzo Civico di Lugano); la direzione lavori fu affidata all’ingegnere Giovanni Rocco von Mentlen. Dopo essere stato utilizzato per alcune settimane quale deposito d’armi (la crisi del Sonderbund sfociò in una guerra civile fra Cantoni nel mese di novembre), il Sociale venne inaugurato il 26 dicembre.

La Turrita ed il mondo
All’inizio il teatro fu sorprendentemente apprezzato più per i veglioni in maschera e le feste danzanti che per le rappresentazioni. Ciò comunque non precluse di organizzare un evento che ebbe un’eco internazionale. Il 19 giugno 1878 venne trasmessa, per la prima volta, in diretta, un’esecuzione musicale tramite i fili del telefono. Si trattò del Don Pasquale di Gaetano Donizetti ad opera dell’ispettore dei telegrafi Michele Patocchi. Dopo il restauro e gli ampliamenti di fine Ottocento, ecco che nel 1907 c’è chi buttò lì l’idea di demolire il Sociale per far spazio al nuovo Palazzo Civico. Nel 1951 la struttura si trasformò in una sala cinematografica. Ma nel 1969 tornò d’attualità l’idea di abbatterlo. Due anni più tardi la chiusura. E l’abbandono. Fortunatamente il nuovo Piano regolatore della Città, di fine anni Settanta, definì il comparto quale area di interesse pubblico e di rilevanza culturale. Nonostante questo il dibattito fra coloro che volevano salvarlo e chi era pronto ad accendere le ruspe non si placò. Per poco. Il Sociale venne infatti iscritto fra i beni protetti. Ed il 17 dicembre 1990 nacque la Fondazione Teatro Sociale con lo scopo di rivalorizzarlo.
La commissione artistica
Il gioiello culturale della Turrita venne pertanto (nuovamente) inaugurato il 17 ottobre 1997 dopo un accurato restauro ad opera dell’architetto Roberto Sennhauser. Nel 2012, infine, il Sociale passa alla Città e la gestione viene affidata all’ente autonomo della capitale. Nell’ultimo decennio, in più di un’occasione, in seno al Legislativo vi sono state lunghe discussioni sulla via che il teatro dovrebbe seguire. L’ultima in ordine cronologico è quella di un mese fa. Con la maggioranza della Commissione della gestione che è riuscita a convincere il plenum a costituire una Commissione artistica esterna a supporto della direzione e del Consiglio direttivo nelle scelte relative al cartellone.
Un unicum in Svizzera
Il Sociale è l’unico teatro all’italiana presente in Svizzera ed è un monumento storico nazionale. Le sue caratteristiche sono la separazione fra pubblico e scena; la platea, i palchi e il loggione; la visione prospettica; la fossa per l’orchestra; la sala a ferro di cavallo; e lo sfruttamento massimo degli spazi.
