Lupo

Zali: «Perché ci abbiamo messo tanto? Non si trattava solo di contare i capi predati»

Il Consiglio di Stato, dopo gli approfondimenti, ha deciso di dare il via libera all’uccisione del predatore che in Val Rovana ha sbranato 19 pecore «Nel caso di Cerentino le misure di protezione non sono tecnicamente realizzabili» - Soddisfatti gli allevatori: «Ma non ci spieghiamo questo tergiversare»
Martina Salvini
18.05.2022 19:41

Il lupo della Val Rovana verrà abbattuto. Dopo tre settimane scandite da polemiche e approfondimenti, il Consiglio di Stato ha deciso di autorizzare l’uccisione del predatore che il 26 aprile ha sbranato 19 pecore a Cerentino. Preponderanti, per giungere alla decisione dell’Esecutivo, sono state le conclusioni della Sezione dell’agricoltura, secondo cui «le misure di protezione - recinti elettrificati e cani da protezione - nel caso di Cerentino non sono tecnicamente realizzabili per le difficoltà del territorio, né economicamente sostenibili». Insomma, visto che le condizioni per proteggere le greggi dalle predazioni non erano date, l’uccisione del lupo si giustifica.

Come funziona?

La decisione del Governo «è immediatamente esecutiva», ma l’abbattimento dovrà essere portato a termine nei prossimi 60 giorni. «L’operazione, che richiede un minimo di coordinamento e pianificazione, prenderà avvio a breve», spiega Sandro De Stefani, direttore della Divisione dell’ambiente. Il compito spetterà ai guardacaccia. «Dal profilo tecnico, è un’operazione tutt’altro che semplice, e presenta una serie di incognite», prosegue De Stefani. In sostanza, «i guardacaccia hanno come area d’intervento la valle in cui sono avvenute le predazioni, dove è già stato intensificato il monitoraggio, anche tramite la posa di fototrappole». Ma come si capisce di essere di fronte al vero responsabile delle predazioni? «La certezza matematica non c’è. Quindi l’ipotesi di abbattere un altro esemplare è da mettere in conto. Ciononostante, la limitazione delle operazioni di tiro all’area interessata dalla predazione e la presenza di animali da reddito dovrebbero contenere questo rischio», dice De-Stefani. In tutti i casi, «prima di procedere con l’abbattimento devono essere rispettate tutte le condizioni del caso: sicurezza di persone e beni, riconoscimento della specie e ubicazione all’interno del perimetro assegnato». Per il momento, sappiamo ancora poco di questo lupo. «Non ha ancora un nome, né sappiamo se sia maschio o femmina. I rilevamenti del KORA, martedì, hanno permesso di accertare che la predazione è da attribuire a un lupo. Ma avremo più informazioni solo tra qualche settimana». Al momento è comunque esclusa la presenza in zona di un branco: «Dagli accertamenti e in base agli elementi in nostro possesso possiamo attestare la presenza di due lupi maschi. Non sarà facile rintracciarlo, visto il carattere selvatico e schivo del lupo, nonostante la sua presenza in zona ormai da diverse settimane, ma l’Ufficio caccia e pesca farà la sua parte».

Perché tanto tempo?

Per arrivare alla decisione, lo dicevamo, ci sono volute tre settimane. «I rilievi tecnici hanno preso tempo», ammette De-Stefani. «In primo luogo, abbiamo dovuto consultarci con l’Ufficio federale dell’ambiente, visto che la competenza in materia è federale». Poi, a ritardare la decisione ha contribuito anche il fatto che in febbraio era stata accertata una femmina in Val Rovana: «La Strategia lupo svizzera raccomanda di sospendere l’abbattimento da inizio aprile a fine luglio nel caso in cui vi sia la presenza accertata o presunta di una femmina. Nel frattempo il 5 maggio scorso, il KORA (che coordina tutte le analisi del DNA, ndr.) ha comunicato di essere incorso in un errore e che l’esemplare precedentemente identificato come F114 non era femmina, bensì maschio». Infine, «si è aggiunta la necessità di effettuare le opportune verifiche giuridiche relative al rispetto delle misure di protezione del gregge». Un compito, questo, che spetta alla Sezione dell’agricoltura. «Dopo la predazione, la Sezione dell’agricoltura si è prontamente attivata, recandosi sul posto per effettuare le verifiche del caso. E il rapporto è stato allestito immediatamente, al rientro dal sopralluogo», spiega da parte sua Stefano Rizzi, direttore della Divisione dell’economia. Le conclusioni della Sezione dell’agricoltura avrebbero dunque stabilito fin da subito la «non proteggibilità» del gregge di Cerentino. «Del resto - prosegue Rizzi - il contesto era già noto: diversi anni fa, lo stesso Ufficio federale dell’ambiente aveva riconosciuto questa zona come difficilmente proteggibile». Ma allora perché non decidere subito? «Per quanto riguarda la tempistica, ricordo che si tratta di una decisione di competenza del Consiglio di Stato», risponde Rizzi. «La Sezione dell’agricoltura - prosegue - ha trasmesso immediatamente all’Ufficio caccia e pesca le proprie considerazioni».

Le reazioni

Il via libera all’abbattimento è stato accolto con sollievo dagli allevatori, che all’indomani della predazione avevano inscenato un’azione di protesta davanti a Palazzo delle Orsoline. «Siamo soddisfatti, tuttavia non riusciamo a spiegarci tutto questo tergiversare», commenta Omar Pedrini, presidente dell’Unione contadini ticinesi. «Il criterio della non proteggibilità era noto da tempo - fa presente - abbiamo quindi il sospetto che qualcuno all’interno del DT abbia preso tempo cercando una via di scampo all’abbattimento». Per Sem Genini, segretario agricolo dell’UCT, quella presa dal Consiglio di Stato è stata la decisione corretta e logica, l’unica percorribile dopo quanto avvenuto: «La premessa da fare è che l’opzione migliore sarebbe stata l’assenza del lupo e quindi delle predazioni. Tutto sarebbe stato più facile. Ma dati alla mano, e vista l’ordinanza in vigore da luglio 2021, la decisione presa è quella giusta. Finalmente è arrivata». Ora, come rilevato dal Governo resta il nodo del quadro normativo, ritenuto inadeguato da più parti. E a questo proposito Genini è chiaro: «La convenzione di Berna del 1979 con la protezione assoluta del lupo va rivista e modificata. È già stato proposto alcuni anni fa e a più riprese dal Parlamento, ma il Consiglio federale ha tergiversato e non ha finora svolto il suo compito. In ogni caso, per evitare queste situazioni in futuro ora in Ticino va terminato e presentato lo studio (iniziato un paio di anni fa) per definire una volta per tutte quali sono le zone e quindi le aziende in cui è possibile (o meno) esigere delle misure ragionevoli di protezione per il gregge. Così facendo sarà più facile per tutti, Consiglio di Stato incluso, prendere una decisione in merito all’abbattimento di un capo anche in futuro. Se in una zona non è ragionevole esigere misure di protezione per il gregge, che lo ricordo sono stabilite in maniera oggettiva, allora lì dovrà essere una zona senza lupi».

 

Il quadro normativo non risolve il conflitto
Claudio Zali

«Perché ci abbiamo impiegato tre settimane? Era un lavoro che andava ben oltre la semplice conta dei capi predati. Prima di poter dare l’ordine di abbattimento era necessario affrontare la questione della proteggibilità delle greggi». Un punto «non scontato», secondo il direttore del Dipartimento del territorio Claudio Zali. Sì, perché - come ribadito dal Governo in una nota - «il quadro normativo non risolve in modo soddisfacente il conflitto tra le esigenze di tutela del lupo e le peculiarità dell’allevamento di montagna». E su questo, dice Zali, «occorrerà lavorare». La Sezione dell’agricoltura e l’Ufficio caccia e pesca «stanno cercando di trovare soluzioni praticabili per dare un grado ragionevole di protezione - fattibile dal profilo tecnico e dai costi sostenibili - all’attività di pastorizia esercitata su un terreno sfavorevole. Perché altrimenti la soluzione adottata in questo caso (ossia dichiarare il gregge non proteggibile, ndr) finisce per negare del tutto la protezione al lupo. E, di riflesso, svuota la legge dal suo scopo di protezione del predatore». Secondo Zali, infatti, «si corre il rischio di risolvere il conflitto sempre e solo a favore del vago pascolo. Mentre invece l’ordinanza richiede la protezione delle greggi attraverso dei recinti elettrificati o cani di protezione. Abbattendo esclusivamente il predatore che si spinge al punto di sfidare le recinzioni pur di predare animali protetti». E questo nodo, relativo alla protezione delle greggi, deve essere sciolto: «Il problema si trascina da anni, e ora si è acuito perché il numero di lupi è aumentato. Bisognerebbe lavorare sulla sensibilizzazione degli allevatori, in modo che possano riuscire a garantire una buona protezione dei propri animali». Scoraggiando il lupo, e risolvendo il problema in partenza. «Ma per farlo, occorre lavorare sui finanziamenti e sulla consulenza». 

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