«Un caos che arriva da lontano e spazza via le banche»

Uno tsunami si è abbattuto sul mondo dell'economia e della finanza. Un caos partito da lontano, secondo Patrick Trancu, uno dei massimi esperti di gestione e comunicazione di crisi. Uno tsunami che non ha risparmiato Credit Suisse. La banca, nel corso degli anni, ha subito perdite enormi a causa di operazioni speculative e fraudolente, oltre a pagare multe salate per aver violato le norme antiriciclaggio e per aver aiutato i clienti a evadere le tasse. Ha cambiato la sua dirigenza e il suo consiglio di amministrazione più volte, senza trovare una soluzione stabile e credibile, perdendo la fiducia dei clienti, degli azionisti e delle autorità di vigilanza. Ha visto diminuire i suoi ricavi e i suoi profitti, mentre i suoi costi sono aumentati. Il colpo di grazia, appunto, è arrivato la settimana scorsa. Il fallimento della Silicon Valley Bank e di altri due istituti è, secondo alcuni commentatori, il simbolo di una bolla finanziaria alimentata da un eccesso di liquidità ormai esplosa. «Sì, siamo all'incrocio di varie crisi sistemiche. E uno degli effetti ai quali stiamo assistendo è questa turbolenza, chiamiamola così, che si è abbattuta sul mondo bancario», premette il 59.enne.
«Un annuncio emesso un po' alla leggera dalla Silicon Valley Bank, che non ha soppesato abbastanza bene le parole, ha scatenato il panico. Attenzione, però. Non stiamo parlando di piccoli risparmiatori. Stiamo parlando di imprese importanti. Di grossi investitori che alimentano l'innovazione negli Stati Uniti. Abbiamo visto, da una parte, il crollo dell'azione, e, dall'altro, il cosiddetto assalto alla diligenza. Tant'è che venerdì, a 48 ore da questo annuncio mal congegnato, sono dovuti intervenire gli enti regolatori statunitensi per, di fatto, chiudere la barca», spiega l'esperto.
Trancu avverte che la Silicon Vally Bank è un istituto di credito anomalo, al centro del cuore dell'innovazione negli Stati Uniti. La valutazione delle autorità ha portato alla conclusione che la diciannovesima banca per dimensioni «non poteva non essere tutelata. E, da qui, la decisione di assicurare tutti i depositi». L'evento avrebbe scatenato nel mercato una preoccupazione che ha avuto conseguenze dirette in Svizzera «andando a colpire anche il Credit Suisse, che già si trovava in una situazione di debolezza».


Incertezza costante
Una crisi che arriva da lontano, dunque. «Legata all'inflazione, alla salita dei tassi. L'inflazione stessa nasce poi da due crisi sistemiche precedenti, cioè la pandemia prima e la guerra in Ucraina poi. La situazione è molto complessa da gestire e da comprendere. Perché nelle crisi sistemiche uno dei problemi che abbiamo è la nostra incapacità di definire un perimetro, un confine e, di conseguenza, un raggio d'azione».
Ma ora che la Banca Nazionale Svizzera ha deciso di sostenere Credit Suisse... tutto a posto? Torniamo sereni come prima? Secondo Trancu, no. «Viviamo nell'era dell'incertezza costante. Non c'è proprio alcun motivo per starsene tranquilli. Siamo in mezzo a una crisi sistemica estremamente complessa. Oggi, le crisi, non nascono più all'interno delle aziende. Sono come degli tsunami che si sviluppano e travolgono in pieno l'azienda e interi settori».


Dalle parole alle crisi
Stiamo navigando in un universo assolutamente sconosciuto, secondo il consulente. «Non abbiamo precedenti che ci aiutino a navigare nella situazione attuale. È necessario prestare la massima attenzione, perché non ci sono risposte. Si sta cercando di arginare la situazione, ma sappiamo che le emozioni poi corrono molto rapide. In uno scenario di crisi si possono prendere decisioni potenzialmente corrette, ma questo non calma l'emotività. Un fattore, oggi, presente a tutti i livelli della società».
«Nelle situazioni di crisi non ci sono decisioni giuste o decisioni sbagliate – riprende –. Ci sono soltanto decisioni che sono meno peggio di altre». Ma quale parallelo si può tracciare tra la situazione della Silicon Valley Bank di ieri e Credit Suisse di oggi? «Per me si tratta dell'importanza delle parole in situazioni molto volatili. Ripeto, occorre prestare molta attenzione a ciò che si dice, a quel che si comunica. Ed è quasi un paradosso, perché assistiamo a una sorta di ribaltamento del paradigma: in entrambi i casi sono state le parole ad innescare le crisi». Già, perché il repentino crollo del titolo in borsa è avvenuto dopo la frase infelice del presidente del primo azionista della banca, la Saudi National Bank, che non avrebbe iniettato ulteriore capitale in caso di bisogno. La conseguenza? Azionisti e osservatori nel panico.


Reputazione dilapidata
Ancora Trancu, con un tono stupefatto: «Sorprende vedere che persone preparate e di peso, come l'alto dirigente di una banca, che sia dell'Arabia Saudita o degli Stati Uniti, facciano un uso così leggero delle parole. Qualche commentatore, poi, ha pure rilevato come l'iniziativa della Banca Nazionale Svizzera di mercoledì sera (il Credit Suisse riceverà fino a 50 miliardi di franchi dalla BNS, ndr) è stata tardiva». Secondo il nostro interlocutore, questo comunicato in fondo è arrivato perché «La parola Suisse in Credit Suisse ha ancora un significato. Nell'ultimo decennio la banca ha dilapidato tutta la sua reputazione. Il fatto di non essere riuscita a chiudere nettamente, a cambiare direzione in maniera chiara, l'ha poi portata alle condizioni in cui versa ora. E ricordo la parola fallimento riferita a un ente di questo calibro è stata sulla bocca di molti».
Quella banca dal nome così altisonante, insomma, è rimasta indietro. In un mondo di sfide globali, sembra ragionare più come un piccolo istituto d'altri tempi. «Il fatto che queste crisi si susseguano una dopo l'altra e che non ci sia stata una leadership all'altezza in grado prendere delle decisioni forti e necessarie in passato, fa sì che, oggi, non ci troviamo di fronte a una banca strutturalmente debole, forse, ma di sicuro psicologicamente debole. Già trascinata nelle sue crisi del passato. E come se non bastasse, adesso è ora di affrontarne un'altra. Nonostante quest'ultima non sia, diciamo così, una sua creazione».


Ogni crisi è diversa
E proprio qui sta il punto. In uno tsunami che arriva da lontano. Uno tsunami che non ha risparmiato Credit Suisse, alle prese con mille altri problemi. «Le crisi non si ripetono mai allo stesso modo», afferma Trancu. La memoria corre alla crisi partita sempre dagli Stati Uniti nel 2007-2008. All'epoca, in tutto il mondo, gli Stati erano intervenuti per salvare molte banche, una crisi del debito pubblico, poi, aveva provocato una recessione a livello mondiale. «Ogni crisi è diversa, perché ogni contesto è diverso, ogni situazione è diversa – ribadisce –. È vero, però, che un certo numero di analisti si sta interrogando sul fatto che questo possa rappresentare l'inizio di una potenziale crisi del sistema bancario. Ma, come dicevo prima, questo è un altro aspetto delle crisi sistemiche: non sai davvero quali potrebbero essere le conseguenze. Non sai a cosa potrebbero portare. Nel sistema complesso in cui viviamo, interconnesso, interdipendente, nessuno può dire con certezza dove potrà emergere il prossimo segnale di crisi», conclude Trancu.