Il commento

Bollette roventi, caloriferi tiepidi

Negli ultimi giorni risuonano nella testa di non pochi tra noi le parole pronunciate un mese fa dal presidente francese Emmanuel Macron: «È finita l’era dell’abbondanza e della spensieratezza»
Paride Pelli
22.09.2022 06:00

Negli ultimi giorni risuonano nella testa di non pochi tra noi le parole pronunciate un mese fa dal presidente francese Emmanuel Macron: «È finita l’era dell’abbondanza e della spensieratezza». Dichiarazione che annunciava ai cittadini l’inizio di un periodo di grande sconvolgimento come conseguenza della guerra in Ucraina, scoppiata ormai sette mesi fa e che si somma agli strascichi della pandemia. Macron e con lui molti altri politici europei stanno di fatto avvertendo le popolazioni che è necessario adottare una visione non più ottimista ma realistica riguardo il futuro immediato. E anche nella nostra Svizzera, bisogna ammetterlo, si respira un’atmosfera simile.

La prospettiva di un’impennata dei prezzi dell’energia durante l’inverno rischia di limitare sensibilmente la capacità di riscaldare le nostre case, tanto che a Berna si è alla ricerca di un rimedio contro il rincaro che colpirà aziende e cittadini. Ma le bollette roventi a fronte di termosifoni appena tiepidi sono solo parte di un problema più grande che riguarda il calo del potere d’acquisto. Se ne parla ormai da mesi. Già lo scorso maggio il consigliere federale Ueli Maurer, ministro delle Finanze, si dichiarò contrario all’adozione di misure per sgravare le economie domestiche riguardo i costi in salita dell’energia: «Non abbiamo i soldi per farlo» spiegò. Stessa posizione sull’aumento dei carburanti, ma con ragioni paradossalmente opposte: «Per gli svizzeri è qualcosa di sopportabile». Tante contraddizioni, ancora oggi irrisolte, che rischiano di esplodere. Qualche tentativo concreto della politica inizia però ad affacciarsi. Ieri il Consiglio nazionale ha adottato di misura, al termine di una sessione straordinaria sul potere d’acquisto, due mozioni presentate da PS e Il Centro che chiedono la compensazione dei rincari per i pensionati e l’aumento del contributo federale ai cantoni per la riduzione individuale dei premi malattia, in vista della stangata che verrà ufficializzata a giorni. È probabile che lunedì prossimo le due mozioni vengano respinte agli Stati, ma almeno il tema è ora diventato di quelli inaggirabili. Anche se l’inflazione in Svizzera resta bassa rispetto al resto dell’Europa, attestandosi al 3,5%, è ormai palese che il potere d’acquisto di molte famiglie e nuclei domestici sia sotto pressione, con i salari che non sempre vengono adeguati e con la guerra in Ucraina che ha ulteriormente complicato gli approvvigionamenti, già resi difficili da due anni abbondanti di pandemia. Sono soprattutto i redditi bassi a soffrire di questa congiuntura e_proteggere il loro potere d’acquisto sarà dunque una delle priorità del Governo nei prossimi mesi. Non vi sono d’altronde alternative. Tra chi dichiara che Berna non dovrebbe agire solo per sostenere le grandi aziende (si veda il recente caso Axpo) ma anche le famiglie, e chi teme di vedere il Paese finire in miseria qualora si dia seguito a ogni richiesta di uscita straordinaria, una cosa è certa: l’attendismo, in un periodo storico a dir poco complicato come quello che stiamo attraversando, non è una soluzione percorribile. In attesa del voto degli Stati, un ulteriore allarme arriva dalla grande distribuzione, che ha annunciato (giocoforza) aumenti ai prezzi: a risentirne soprattutto i ceti meno abbienti ma è la popolazione tutta a essere preoccupata. Che si tratti della fattura dell’energia domestica o aziendale o dello scontrino alla cassa del supermercato, quelli al riparo saranno davvero pochi. Mala tempora currunt: il Governo lo sa bene e, per bocca di Maurer e di Alain Berset, ha assicurato di seguire attentamente l’evolversi della situazione: se sarà necessario agire, il governo agirà, hanno sostenuto i ministri. Sono le stesse parole pronunciate a inizio pandemia. Questa è una crisi diversa e meno drammatica sul piano umano, ma arriva di fatto nel momento peggiore, proprio quando ci si stava rialzando dopo la batosta del COVID.