Cinepanettoni ammuffiti: davvero si rideva per queste cose?
Vacanze di Natale 95 uscì al cinema quando avevo 10 anni. Lo vidi qualche tempo dopo, quando un mio compagno di scuola mi prestò la videocassetta, da guardare rigorosamente a casa da solo, perché nel film «si vedono le tette». Ah, l’ingenuità dei ragazzini. I seni al vento di qualche donzella erano solo l’ultimo dei problemi. L’ho scoperto in questi giorni di nostalgia dicembrina, che mi hanno spinto a cercare il cinepanettone con Boldi e De Sica sulle piattaforme di streaming. Risultato? Non ho sorriso una sola volta. E non sono riuscito ad arrivare neanche a metà film. Era davvero questa la comicità che faceva sfracelli ai box office? Sia chiaro, qua non si fa revisionismo e non si cerca di entrare nel campo minato della cancel culture. Chi scrive adora la satira scorretta di Ricky Gervais e non toccherebbe una virgola di Via col vento. È che quelle battutacce, già becere allora, con la sensibilità di oggi risultano insostenibili, tra un «frocio» gridato in faccia a un personaggio gay e un «troia» indirizzato a una ragazzina. Puntualizziamo, il problema non sono le parole, per quanto volgari possano essere: il «negro» usato da Quentin Tarantino non è altrettanto fastidioso, perché è contestualizzato. Nella pellicola diretta da Neri Parenti «frocio» diventa una battuta. Cioè, l’insulto inaccettabile è usato per far ridere. Stop. E il pubblico impazziva per questo. In Vacanze di Natale 95 recita Luke Perry, il Dylan di Beverly Hills 90210. Una svolta per il pubblico femminile? Neanche per sogno. È solo uno stratagemma per usare la giovanissima Cristiana Capotondi (nel film interpreta una 14.enne) come sexy lolita. Vacanze di Natale 95 è una rassegna di omofobia, sessismo (le donne, meglio se nude, sono poco più che oggetti) e scorrettezze varie esibite per far colpo sullo spettatore medio, senza alcuna critica o parodia. Un giochino del genere oggi sarebbe follia. E, col senno di poi, è ben più assurdo che negli anni ‘90 tutto ciò non provocasse un tremendo imbarazzo. Parliamo di 30 anni fa, eppure sembra il Medioevo. Massimo Gramellini, recentemente, è stato illuminante sul tema. Dopo l’uscita di Silvio Berlusconi sul “pullman di troie” ai giocatori del Monza, l’editorialista del Corriere della Sera ha scritto: «Certe battute non le fa più neanche Boldi e non solo per via del Metoo, ma perché è proprio cambiata la sensibilità, il modo di rapportarsi al sesso e alle donne. Chi ancora le vede come un bottino di guerra e un mero oggetto di piacere, tanto da costruirci sopra una barzelletta, non è soltanto trucido. È sorpassato». La nostra memoria è una soffitta piena di tesori pop: canzoni, fumetti, videogiochi, cartoni animati e film. Tanti sono capolavori insostituibili, altri sono invecchiati malissimo. Altri ancora erano già obsoleti quando sono nati. E allora è meglio lasciarli lì, a prendere polvere nei nostri ricordi. Perché si rischia solo di mangiare un (cine)panettone ammuffito.