Commento

Cinepanettoni ammuffiti: davvero si rideva per queste cose?

Abbiamo rivisto Vacanze di Natale 95: tra battute omofobe e sessismo, una comicità del genere oggi è insostenibile
Michele Montanari
20.12.2022 19:30

Vacanze di Natale 95 uscì al cinema quando avevo 10 anni. Lo vidi qualche tempo dopo, quando un mio compagno di scuola mi prestò la videocassetta, da guardare rigorosamente a casa da solo, perché nel film «si vedono le tette». Ah, l’ingenuità dei ragazzini. I seni al vento di qualche donzella erano solo l’ultimo dei problemi. L’ho scoperto in questi giorni di nostalgia dicembrina, che mi hanno spinto a cercare il cinepanettone con Boldi e De Sica sulle piattaforme di streaming. Risultato? Non ho sorriso una sola volta. E non sono riuscito ad arrivare neanche a metà film. Era davvero questa la comicità che faceva sfracelli ai box office? Sia chiaro, qua non si fa revisionismo e non si cerca di entrare nel campo minato della cancel culture. Chi scrive adora la satira scorretta di Ricky Gervais e non toccherebbe una virgola di Via col vento. È che quelle battutacce, già becere allora, con la sensibilità di oggi risultano insostenibili, tra un «frocio» gridato in faccia a un personaggio gay e un «troia» indirizzato a una ragazzina. Puntualizziamo, il problema non sono le parole, per quanto volgari possano essere: il «negro» usato da Quentin Tarantino non è altrettanto fastidioso, perché è contestualizzato. Nella pellicola diretta da Neri Parenti «frocio» diventa una battuta. Cioè, l’insulto inaccettabile è usato per far ridere. Stop. E il pubblico impazziva per questo. In Vacanze di Natale 95 recita Luke Perry, il Dylan di Beverly Hills 90210. Una svolta per il pubblico femminile? Neanche per sogno. È solo uno stratagemma per usare la giovanissima Cristiana Capotondi (nel film interpreta una 14.enne) come sexy lolita. Vacanze di Natale 95 è una rassegna di omofobia, sessismo (le donne, meglio se nude, sono poco più che oggetti) e scorrettezze varie esibite per far colpo sullo spettatore medio, senza alcuna critica o parodia. Un giochino del genere oggi sarebbe follia. E, col senno di poi, è ben più assurdo che negli anni ‘90 tutto ciò non provocasse un tremendo imbarazzo. Parliamo di 30 anni fa, eppure sembra il Medioevo. Massimo Gramellini, recentemente, è stato illuminante sul tema. Dopo l’uscita di Silvio Berlusconi sul “pullman di troie” ai giocatori del Monza, l’editorialista del Corriere della Sera ha scritto: «Certe battute non le fa più neanche Boldi e non solo per via del Metoo, ma perché è proprio cambiata la sensibilità, il modo di rapportarsi al sesso e alle donne. Chi ancora le vede come un bottino di guerra e un mero oggetto di piacere, tanto da costruirci sopra una barzelletta, non è soltanto trucido. È sorpassato». La nostra memoria è una soffitta piena di tesori pop: canzoni, fumetti, videogiochi, cartoni animati e film. Tanti sono capolavori insostituibili, altri sono invecchiati malissimo. Altri ancora erano già obsoleti quando sono nati. E allora è meglio lasciarli lì, a prendere polvere nei nostri ricordi. Perché si rischia solo di mangiare un (cine)panettone ammuffito.