Il commento

Il Mondiale di Gianni Infantino e il vocabolario dei superlativi

Il nuovo torneo per club targato FIFA si è chiuso con l'ovvio successo di una big europea - E, stando al numero uno dell'organizzazione, chi in queste settimane non è stato minimamente solleticato dall'evento ha capito poco o nulla della sua «incredibile» portata - Un giudizio, va da sé, opinabile
Massimo Solari
14.07.2025 06:00

Tutto come da programma. Nei fatti, che hanno ovviamente incoronato una compagine europea. E nella narrazione del deus ex machina, Gianni Infantino, secondo cui il nuovo Mondiale per club è stato un «grande, grandissimo successo». Al proposito, la conferenza stampa di bilancio del numero uno della FIFA andata in scena alla Trump Tower di New York City - e dove sennò? - ha racchiuso perfettamente l’essenza del torneo: a tratti surreale, come osservare Del Piero, Kakà, Baggio, Ronaldo, Stoichkov e Cambiasso schierati alle spalle del «près» a mo’ di guardie del corpo; in buona parte superficiale, ché alla fine conta solo la versione dell’illuminato oratore. Le critiche? «Potremmo aver ricevuto qualche appunto giustificato, ma ne parleremo più avanti». Potremmo eh... Infantino non esclude nemmeno la perfezione dell’evento. E in ogni caso vi sarà modo e tempo per ammettere eventuali errori. Non è dato a sapere quando.

Insomma, se - come noi - non siete stati per nulla attratti o anche solo solleticati dalle 63 partite disputate nell’ultimo mese, beh, vi trovate nel torto. No, non avete capito la portata dell’evento ospitato dagli Stati Uniti. «L’inizio di una nuova era d’oro del calcio mondiale per club», per dirla sempre con Infantino, uno che si sposta con il vocabolario dei superlativi e degli accrescitivi nella tasca del completo. E noi che credevamo che la storia - non solo calcistica - si stesse scrivendo in Svizzera, attraverso l’Euro femminile. Un evento sportivo, esso sì, in grado di provocare un trasporto emotivo autentico. Una piena sovrapposizione, anche, tra pubblico e squadre, nazionale elvetica in primis.

La scala dei valori di Infantino, per contro, è chiara e non ha nulla da spartire con gli innumerevoli inciampi vissuti dalla manifestazione (partite disputate in un clima insostenibile, allarmi meteo in grado di falsare il risultato sul campo, stadi più vuoti che pieni, giocatori a mezzo servizio). Dopo aver sbandierato la media di 40.000 spettatori a gara, ritenendola seconda alla sola Premier League, e però tralasciando il potenziale di un Paese - gli Stati Uniti - da 350 milioni di abitanti, il presidentissimo si è naturalmente soffermato su quello che reputa essere il principale metro di giudizio. E cioè i soldi. «Con una media di ricavi pari a 33 milioni di dollari a partita, non esiste al mondo un’altra competizione per club che si avvicini minimamente a questo risultato. È già la competizione per club di maggior successo sotto tutti gli aspetti». Capito UEFA? La Champions League travestita da torneo globalizzato e democratico plasmata dalla FIFA è migliore della tua. E poco importa se gli effetti saranno esattamente gli stessi: rafforzare le gerarchie e ampliare le diseguaglianze tra club, nei principali campionati europei e però non solo in Europa.

Per dire: il PSG finalista, che aveva già intascato 145 milioni di euro grazie al percorso trionfale in Champions, ha incassato un altro centinaio di milioni. Con tanti saluti alla di per sé già inesistente concorrenza in Ligue 1. Il successo del Chelsea, perlomeno, ha mitigato l’imbarazzo geopolitico. La fetta più ampia del maxi-investimento saudita a favore del Mondiale per club, mascherata sotto forma di finanziamento a DAZN, non gonfierà le casse di una società che è diretta emanazione del Qatar.

Il torneo, in questo senso, non ha fatto altro che innestarsi in un sistema già distorto e accecato dagli interessi economici. Nessuna «nuova età d’oro», dunque, caro Gianni. Si sta semplicemente continuando a scavare, noncuranti del rischio di toccare il fondo. Ciò, si badi bene, non significa rinnegare il buon livello e addirittura lo spettacolo offerto da alcuni incontri. E nemmeno il sincero coinvolgimento di allenatori come Luis Enrique ed Enzo Maresca. Dopo tutto il calcio rimane calcio, e per un Ousmane Dembélé che d’improvviso è diventato il grande favorito per la conquista del Pallone d’oro c’è un Luis Henrique che ha fatto inorridire i sostenitori dell’Inter. Non solo. Lo scetticismo verso il Mondiale per club è stato ed è prevalentemente di stampo occidentale. Ed è doveroso riconoscerlo. Ma la dignità e la fame di rivalsa delle squadre sudamericane, con le rispettive tifoserie euforiche, non sono sufficienti per offrire una cambiale in bianco alla forzata e interessata globalizzazione del pallone. Che alla fine avrebbe fatto festa una big d’Europa, in effetti, lo sapevamo noi e lo sapeva anche Gianni Infantino.

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