Editoriale

Il suono della musica e il rumore delle bombe

Sta provocando un fiume di polemiche il previsto intervento di Zelensky al Festival di Sanremo: è opportuno che il presidente ucraino partecipi alla kermesse canora?
Paride Pelli
31.01.2023 06:00

Sta provocando un fiume di discussioni e di polemiche il previsto intervento del presidente ucraino Volodymyr Zelensky al Festival della canzone di Sanremo. Nella vicina Italia, è stata persino lanciata una petizione per contestare la «spettacolarizzazione» della guerra e la «militarizzazione» del Festival, e ieri le firme di chi chiedeva l’annullamento del discorso avevano oltrepassato il numero di 74mila. La questione è finita anche al Consiglio di amministrazione della Rai, con i suoi membri che pur essendo in gran parte d’accordo con l’invito hanno fatto sapere di voler parlare con il direttore dell’intrattenimento, per capire cosa contiene il videomessaggio di Zelensky (che interverrà appunto solo da remoto, a quanto pare prima dello spareggio finale, la serata dell’11 febbraio) e se in esso vi siano prese di posizione tali da nuocere all’immagine dell’azienda pubblica. Politici ed ex politici, giuristi, intellettuali, personaggi della televisione e persone comuni si stanno ancora in queste ore fronteggiando sul tema. C’è chi sostiene che annullando adesso l’invito a Zelensky si rischierebbe l’incidente diplomatico dando oltretutto un pessimo messaggio al popolo ucraino, che si sentirebbe abbandonato, e chi invece ritiene che ospitando l’uomo di Kiev, e referente degli aiuti della NATO, si faccia tutto fuorché promuovere il lento e complicato processo di pace con Mosca. Non solo: alcuni fanno notare come tale invito sia «tragicamente ridicolo» e «profondamente irrispettoso» di un’ampia fetta dell’opinione pubblica che non si riconosce nelle politiche militari dell’attuale Governo italiano. E che, insomma, il Festival debba restare «di tutti», senza contaminazioni geopolitiche e senza inutili prese di posizione. La riflessione che vogliamo fare da qui - in Ticino la kermesse canora è decisamente seguita, e certo non per motivi politici - è semplice. È una settimana che i media italiani sono scatenati sull’argomento e, quando si aprono i social network, quasi non si legge altro. Vista dall’esterno, negli ultimi giorni l’Italia è Sanremo, e purtroppo questo non è soltanto uno slogan turistico. Un vincitore, dunque, c’è già: il Festival stesso. Ancora una volta, gli organizzatori, con disarmante abilità, sono riusciti a creare una polemica azzeccata, che con una tempistica perfetta è riuscita a fare salire la temperatura alle stelle a pochi giorni dall’inizio della competizione e a moltiplicare il nome di Sanremo sui media. E a far impennare con largo anticipo gli ascolti che saranno, ça va sans dire, da record.  Ma è opportuno - ci chiediamo in conclusione - che in pieno conflitto, mentre il sangue scorre ogni giorno con decine di morti tra soldati e popolazione civile in un’escalation che ci appare senza fine – il presidente ucraino partecipi alla kermesse canora? Dopo la discussa copertina con la moglie Olena su «Vogue» dello scorso luglio (per non contare altri scivoloni minori in contesti leggeri e popolari), Zelensky conferma con il suo agire di essere perfettamente inserito nella «guerra come spettacolo» di cui tanto si discute negli ultimi decenni, almeno da quella del Golfo scoppiata all’inizio degli anni Novanta. Dal rumore delle bombe al suono della musica, però, questa volta il passo ci è sembrato breve. Forse troppo.

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