In Svizzera giù l'UDC e palla al Centro
Quando si dice il pendolo della politica. Agli Stati è un’altra storia: vince il Centro e recupera il PS, riequilibrando in parte la «correzione a destra» avvenuta il 22 ottobre al Nazionale. Trionfatrice un mese fa, l’UDC stavolta esce sconfitta alla Camera alta, dove non solo non riesce a mantenere la sua rappresentanza ma si ritrova con due seggi in meno, sei invece di otto. Il partito del riconfermato Marco Chiesa, unico democentrista a imporsi nell’ultimo atto dei ballottaggi, aveva sulla carta la possibilità di fare l’en plein e di conquistare per la prima volta nella sua storia dieci poltrone. Dei cinque seggi a disposizione (oltre ai cinque ottenuti il 22 ottobre) ha portato a casa solo quello ticinese, incassando tre clamorosi rovesci: con la mancata elezione di Gregor Rutz a Zurigo e di Benjamin Giezendanner ad Argovia, che partivano da una posizione di vantaggio, e con l’estromissione a Sciaffusa di Thomas Minder (indipendente ma aggregato da 12 anni al gruppo), il «padre» dell’iniziativa popolare contro le retribuzioni abusive. È il maggioritario bellezza, ma non solo. È vero che con questo sistema elettorale, specie se c’è un solo seggio da attribuire, si gioca un’altra partita, che non ha nulla a che vedere con la prima. Ad eccezione del Ticino, il doppio turno porta a un rimescolamento delle carte, all’esclusione di certi giocatori e a costruire alleanze di giornata in grado di riaprire i giochi e di trasformare gli outsider in cavalli vincenti: come nel caso di Tiana Moser a Zurigo e di Marianne Binder-Keller ad Argovia, solo quarte e parecchio distanziate al primo turno, ma anche le uniche in grado di ottenere consensi trasversali per sfidare i due favoriti. La formula «fermiamo l’UDC» ha avuto successo. Il sistema comunque non basta a spiegare il risultato. Determinante è stata la mobilitazione dei partiti che sostenevano le due candidate e, nel caso particolare di Zurigo, la spaccatura interna al fronte borghese, con il PLR ufficialmente per Rutz ma di fatto diviso al suo interno, dopo aver tolto dalla corsa la sua candidata Regine Sauter. Risultato: l’UDC avrà un’influenza limitata al Consiglio degli Stati, mentre il Cantone faro economicamente si sposta verso il centrosinistra, con un socialista (il moderato Daniel Jositsch) e una verde liberale.
Il vincitore di giornata e complessivo è il Centro, che rafforza il suo primato tornando, con 15 seggi, ai livelli di sedici anni or sono. È l’altra faccia della polarizzazione. Le posizioni estreme, come quelle dell’UDC, possono andare bene in un certo tipo di competizione elettorale ma anche essere d’ostacolo in un altro, premiando per contrasto figure più moderate, orientate alla ricerca del consenso. Il Centro sarà quindi una formazione con la quale bisognerà viepiù fare i conti. Quanto al PLR esce con un altro occhio blu. Prima del 22 ottobre, si pensava che potesse fare un ottimo risultato agli Stati, viste le premesse favorevoli sul piano locale. Invece, termina a quota undici, con un seggio in meno, dopo essere uscito prematuramente di corsa in alcuni Cantoni. Il bilancio è magro, anche perché gli appoggi all’UDC non hanno portato a nulla e creato solo malumori. La tendenza è chiara: il partito perde consensi. Con il Centro che cresce alle Camere e guadagna spazio anche nel centro politico, per il PLR potrebbe essere complicato, in prospettiva, giustificare la doppia rappresentanza in Governo. Da parte sua, con le vittorie a Soletta e a Sciaffusa il PS torna ai livelli del 2019. La sinistra, tuttavia, marcia sul posto a quota dodici seggi: rispetto a oggi, sono solo cambiati gli equilibri fra socialisti e Verdi (da 7+5 a 9+3).