La finale di Yann Sommer e la cattiva notizia per Murat Yakin

E così, per il terzo anno consecutivo un calciatore svizzero disputerà la finale di Champions. Nel 2023 era toccato al difensore del City Manuel Akanji (vittorioso proprio contro l’Inter), mentre un anno fa - al cospetto del Real - si era dovuto inchinare Gregor Kobel, portiere del Borussia Dortmund e successore di Yann Sommer in Nazionale. Abbondiamo: sempre nel 2024, solo una grande Atalanta aveva impedito a Granit Xhaka di mettere le mani sull’Europa League con il Bayer Leverkusen, mentre giovedì sera scopriremo se il Betis di Ricardo Rodriguez riuscirà a ribaltare la Fiorentina e a regalarsi l’atto conclusivo della Conference. Tutto molto bello, ma le buone notizie finiscono qui.
Per tagliare il traguardo più importante in carriera, Sommer ha messo da parte la Svizzera. Certo, l’avvicendamento con Kobel era nell’aria - e persino gradito a chi siede in panchina -, ma il numero uno nerazzurro ha compreso il valore di una stagione dedicata unicamente al proprio club. Cogliendone subito i frutti. Lo stesso, a ben guardare e con le dovute proporzioni, è accaduto a Xherdan Shaqiri e Fabian Schär: le magie del primo stanno conducendo il Basilea a un trionfo clamoroso; il difensore ha invece contribuito alla prima Coppa di Lega nella storia del Newcastle. Ed entrambi, in tempi più o meno recenti, hanno confermato a loro volta quanto sia stato importante concedersi a un solo amore. Sia per il fisico, sia per la mente.
Chi farebbe bene a preoccuparsi, dunque, è il commissario tecnico della selezione rossocrociata Murat Yakin. Tanto l’ultima impresona di Sommer, quanto i picchi toccati dagli altri giocatori elvetici citati, suggeriscono l’eccezionalità di un’era e di una costellazione. Un’era e una costellazione - oramai è una certezza - che ci siamo messi definitivamente alle spalle. Tra un mese la Svizzera tornerà in campo nell’ambito del tour americano. Sarà l’ultima occasione per sperimentare e consolidare un progetto. Per darsi una visione, anche. Dopodiché, con le qualificazioni al Mondiale del 2026 agendate da settembre, gli uomini di Yakin saranno chiamati a convivere con un passato e delle ambizioni ingombranti. E, no, non per forza si tratta di una buona notizia.