Qatar 2022

Mondiali, e se fosse l’ultima chiamata?

Sarà una Svizzera coerente con le idee del suo commissario tecnico, Murat Yakin, ma sarà anche una Svizzera coraggiosa
Massimo Solari
09.11.2022 16:00

Una lista coerente con le idee del suo commissario tecnico, Murat Yakin. Ma una lista altresì coraggiosa. Basterebbe osservare profili e alternative sugli esterni di difesa, per rischiare d’inciampare. E magari farsi pure male. Eppure, la Nazionale svizzera affronta i Mondiali in Qatar con una selezione dal potenziale non indifferente. Sì, la migliore del momento. Forse la migliore di sempre. Al netto dell’incapacità di critica oggettiva al proprio datore di lavoro e a un’edizione malata (lei sì), l’ex portiere rossocrociato Pascal Zuberbühler non ha comunque tutti i torti. Quando afferma che la collocazione del torneo nel cuore della stagione permetterà di vedere all’opera calciatori in ottima forma. Non tutti, certo, complice l’imponderabilità degli infortuni. Ma molti sì. Elvetici compresi. E guardandosi alle spalle, non si può certo affermare che fosse la regola. Quasi mai – in tempi recenti – i leader della Svizzera godevano del medesimo status ai vertici dei più importanti campionati europei. Tolto forse Stephan Lichtsteiner, comunque in fase calante con la Juventus a ridosso della Coppa del Mondo in Russia nel 2018.

Questa volta è diverso. Perché il capitano Granit Xhaka, in Premier League, sta trascinando l’Arsenal verso orizzonti inimmaginabili fino a qualche mese fa. E perché, sempre oltremanica, il Manchester City di Pep Guardiola ha intravisto in Manuel Akanji le stimmate del campione. A completare la colonna vertebrale della selezione elvetica vi sono poi Yann Sommer e Breel Embolo. Con tutte le garanzie e controindicazioni del caso. Più che l’infortunio alla caviglia che lo ha obbligato a una pausa forzata di alcune settimane, l’estremo difensore sarà chiamato a gestire la reputazione plasmata a Euro 2020. Banalmente, quella di essere uno dei migliori portieri del pianeta. Embolo, che a 25 anni ha già disputato due rassegne continentali e un Mondiale, è invece atteso al varco. Senza sconti di sorta. Le prestazioni al Monaco parlano a suo favore. Eccome. Il ruolo di prima punta cucitogli addosso da Yakin non permette tuttavia distrazioni e scusanti. Non più, oramai.

Allargando lo sguardo, e a fronte della forza trasmessa dalle figure appena menzionate, una considerazione dunque s’impone. Tanto pericolosa, quanto inequivocabile. Già, potremmo essere di fronte all’ultima chiamata per il colpo grosso. Quantomeno sul breve periodo. Per posizione assunta nei club, età e fiducia contingente, gli uomini chiave della Nazionale non hanno solo le sembianze della promessa intrigante. No, qui c’è sostanza. Parecchia sostanza. Che, va da sé, suggerisce traguardi in passato nemmeno sussurrati. Eppure, scorrendo i 26 nomi individuati dallo staff tecnico, si ha pure la sensazione di una selezione che viaggia a due velocità. Con 13, al massimo 14 giocatori in grado di fare la differenza. E poi gli altri, «flessibili e funzionali» volendo citare il ct, ma non per questo capaci di sostenere il peso di una Nazionale. Di una Nazione. Di più: la duplice anima della squadra, in fondo, richiama anche quella del torneo. Con una fase a gironi subdola, per non dire complicatissima, e poi – una volta superato l’ostacolo – la necessaria leggerezza e libertà per sognare. Euro 2020 – con i balbettii iniziali e l’urlo tremendo di Bucarest - è un precedente altamente didascalico. E a ben vedere pure l’ultima edizione della Nations League. Pensateci: i risultati di grido con Portogallo e Spagna, e il successo decisivo ai danni della Cechia, sono arrivati in coda. Dopo esserci mostrati fragili. Deboli, anche. Ecco perché dovremo essere subito grandi. Subito all’altezza della situazione. Sia capitan Xhaka, sia Akanji – i nostri trascinatori – non hanno avuto paura di alzare l’asticella, solleticando addirittura il trofeo più prestigioso al mondo. Il confine tra credibilità e arroganza, tuttavia, è sottile. Guai a scordarlo.

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