Sguardi di donne

La bussola di oggi punta nuovamente nella direzione di territori inesplorati, nei quali ci inoltriamo attraverso lo sguardo di donne irregolari, donne che ci aiutano a comprendere il mondo in maniera diversa.
Iniziamo questo viaggio dall’Argentina, da uno dei punti più lontani e sperduti della Patagonia incontrando Olivia, esordio di Sofia Petersen. Un film - girato in pellicola - con uno sguardo già molto più che maturo, uno sguardo che riesce a tessere un legame forte fra i paesaggi desolati e la grande ricchezza interiore della protagonista. Olivia vive insieme al padre, che lavora in un mattatoio; un giorno, l’uomo scompare, e questa donna deve capire come ricostruire la sua vita. A partire proprio dalla relazione così privilegiata con il genitore che non c’è più. Il film di Sofia Petersen è magico, sospeso, con una forte qualità anche lisergica - ma molto dolce - che la grana della pellicola rende quasi tangibile.
Un’altra donna, irredenta e assolutamente imprevedibile, è la protagonista del film Sorella di clausura di Ivana Mladenović. Tengo a sottolineare, per i nostri lettori, che non siamo di fronte a un biopic di una suora. «Sorella di clausura» è un’espressione romena, ironica, che usa l’italiano per indicare una donna esattamente all’opposto di una religiosa. Il film è, infatti, la storia di una ragazza follemente infatuata di uno chanteur avviato sul viale del tramonto, e degli infiniti sforzi per conquistarlo. Una commedia scatenata, che ricorda i film più folli di Dušan Makavejev ed è, in realtà, anche il ritratto acidissimo di una società romena che ancora fatica, come accade in tanti Paesi dell’Europa dell’Est, a trovare un equilibrio tra mercato, tradizione e memoria del passato sovietico e una quadra genuinamente democratica.
E in termini di erranze, seguiamo anche Agathe Bonitzer nel nuovo film del duo svizzero-francese Alexia Walther e Maxime Matray - Affection affection - mentre indaga su un crimine, un delitto sui generis avvenuto in una località vacanziera francese. Il film si ispira con grande leggerezza agli intrighi e ai complotti di Jacques Rivette, e i due registi manovrano questa materia con una leggerezza e un’ironia che conducono a un esito sorprendente.
Così, arriviamo anche al finale, in piazza Grande, con La petite dernière, il nuovo film di Hafsia Herzi che abbiamo anche ammirato nel Canto due di Abdellatif Kechiche. La petite dernière è la storia di una ragazza scissa tra il desiderio di un’identità sentimentale e sessuale e la sua educazione tradizionale e religiosa. Il film esplora con grande delicatezza i momenti in cui queste due pulsioni si incrociano e si oppongono, quasi a creare un conflitto insanabile. La regista rinuncia ai proclami, riuscendo piuttosto a lavorare gli angoli meno visti di questo conflitto, aiutata in ciò dalla meravigliosa Nadia Melliti, vincitrice del Prix d’interprétation féminine a Cannes per questo film assolutamente toccante e contemporaneo. I conflitti messi così magistralmente in scena dalla regista sono nodi importanti delle nostre comunità, ed è bene che opere così precise riescano a raccontare dissidi interiori tanto profondi senza ricorrere alla tentazione della scorciatoia delle ideologie.