Il commento

Si rimandi pure, ma i problemi non spariranno

C’è un vincitore: Murat Yakin – E c’è uno sconfitto: Pierluigi Tami – Al netto dei destini individuali, la questione però è un'altra
Massimo Solari
28.11.2023 18:45

C’è un vincitore: Murat Yakin. E c’è uno sconfitto: Pierluigi Tami. Al netto dei destini individuali, il problema però è un altro. La conferma dell’attuale commissario tecnico sino all’Europeo del 2024 rischia di disorientare ulteriormente il collettivo. La Svizzera. Che con il successo ha fatto a pugni per mesi e che in Germania si candida ad altre delusioni. Il recente passato, d’altronde, non suggerisce nulla di buono. «Un’involuzione» l’aveva definita il direttore delle squadre nazionali. Unico a esporsi e a mettere in discussione un allenatore sfiduciato dai suoi leader e, di riflesso, dalle prestazioni sul campo. Ecco perché Pierluigi Tami è il perdente e - a questo punto - tutto fuorché solido nella sua posizione all’ASF.

Già, l’ASF. A orientare la decisione finale, a conti fatti, sono stati i vertici della Federcalcio elvetica. Non il dirigente ticinese, che per quanto competente si sarebbe probabilmente scontrato con il peso dei voti altrui. Dominique Blanc e gli altri membri del comitato centrale hanno (sempre) preferito la continuità. Sottolineare come Yakin abbia raggiunto tutti gli obiettivi previsti dal contratto ha precisamente questo scopo. Vabbè, grazie... È il «come» a preoccupare. All’esterno e, soprattutto, all’interno dello spogliatoio rossocrociato. Guai tuttavia a scontentare uno o l’altro. A prendere, detto altrimenti, una decisione forte. Si parla di una collaborazione assicurata «a medio termine». Mah, Euro 2024 ci sembra dietro l’angolo. Da qui alla rassegna continentale vi saranno la miseria di due amichevoli e alcune settimane di raduno.

Le basi su cui lavoreranno Xhaka e compagni appaiono dunque fragilissime. A maggior ragione con un selezionatore che - in queste condizioni - assomiglia più a un traghettatore. Un traghettatore, evidentemente, che ha dimostrato una volta di più di saper influenzare le alte sfere del calcio svizzero. In attesa di conoscere le motivazioni di dettaglio - Tami incontrerà la stampa nelle prossime ore -, fa per contro sorridere il commento attribuito al direttore delle squadre nazionali nella nota ufficiale dell’ASF. Una piccola, grande giravolta. Forse una volta compresa la direzione del vento. «Murat ci ha mostrato soluzioni concrete su come vuole portare avanti la squadra e lo staff». D’accordo, bene. Peccato che nel giro di un anno Yakin abbia accumulato una serie non indifferente di errori. Perdendo tanto, tantissimo tempo. Ci siamo smarriti e disuniti cammin facendo, lanciando segnali negativi a più livelli: d’identità di gioco, di unità d’intenti e - quale conseguenza ultima - di risultati.

Che poi, la debolezza della Federazione era già emersa con prepotenza al termine dell’ultimo Europeo. Quando il risultato, quello importante, era arrivato per davvero; per altro senza che a esigerlo fosse il contratto dell’allenatore in carica. Invece di mostrare un sostegno convinto a Vladimir Petkovic - capace di riportarci a un quarto di finale che mancava da oltre sessant’anni -, l’ASF aveva cincischiato. Perso tempo. Di nuovo. Tanto da spingere «Vlado» fra le braccia del primo offerente. Il Bordeaux eh, mica il Bayern Monaco. A differenza di Yakin, Petkovic era infine riuscito a trovare la quadratura del cerchio. Una coerenza che aveva pagato e sul rettangolo verde, e agli occhi dei cosiddetti senatori, i cui colpi di testa - piaccia o meno - possono sortire i peggiori effetti, ma pure i migliori. Siamo quindi curiosi di capire quale strategia di convivenza verrà promossa ora, con un commissario tecnico che - se va bene - fatica a farsi sentire e, quando va male, viene ridimensionato dal proprio capitano in diretta tv. Murat Yakin è ancora ritenuto l’uomo giusto per trascinare la Svizzera all’Europeo della prossima estate. Si rimandi pure. Ma a essere trascinati, temiamo, saranno anche i problemi.

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