L'editoriale

Sul caso Unitas dalla politica occorre chiarezza

Da troppi mesi attorno ai casi di presunte molestie e mobbing all’interno dell’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana aleggia un’inaccettabile cortina fumogena
Paolo Gianinazzi
24.01.2023 06:00

Da troppi mesi attorno ai casi di presunte molestie e mobbing all’interno dell’Associazione ciechi e ipovedenti della Svizzera italiana (Unitas) aleggia un’inaccettabile cortina fumogena. Da quando all’inizio dello scorso anno un gruppo di soci dell’associazione si è fatto avanti per denunciare una situazione che andava avanti da anni, da parte delle autorità di risposte chiare e nette ne sono arrivate ben poche. Anzi, praticamente nessuna.

Nel frattempo (siamo a marzo 2022) il DSS ha rilevato l’audit - commissionato all’avvocata Martinelli Peter in un primo momento proprio da Unitas - per fare chiarezza sulla vicenda. Un audit giunto a conclusione qualche mese più tardi, ma i cui risultati restano ignoti ai più, vittime comprese. A conclusione di esso (siamo a dicembre 2022) il Consiglio di Stato ha diramato uno scarno comunicato che fatichiamo a non definire imbarazzante. In esso viene confermata nero su bianco «la presenza di criticità di natura formale e organizzativa» e viene pure chiarito che il DSS ha chiesto all’associazione «la messa in atto, entro tempistiche definite, di una serie di ulteriori provvedimenti (…) così da porre rimedio alle carenze riscontrate e assicurare un’aggiornata e più incisiva gestione e garantire il rapporto di fiducia con l’ente sussidiante, così come con tutte le persone legate all’attività dell’Associazione». Una risposta insufficiente: per le vittime, per i cittadini (Unitas riceve anche finanziamenti pubblici), per la politica.

Non a caso (siamo a gennaio 2023), con un’approfondita interpellanza un gruppo di parlamentari (primo firmatario il deputato dei Verdi Marco Noi) ha posto una serie di domande al Consiglio di Stato per tentare di fare chiarezza sulla vicenda. E siamo finalmente a ieri, quando l’Ufficio presidenziale del Gran Consiglio (composto da tutti i partiti che fanno gruppo in Parlamento) ha comunicato di aver deciso che l’interpellanza appena citata sarà trasformata in interrogazione. Ora, si potrebbe disquisire a lungo su quale sia lo strumento migliore per fare chiarezza su una vicenda così delicata. Ma resta il fatto che l’interpellanza avrebbe avuto il pregio (non di poco conto) di fare un po’ di chiarezza già ieri, con una discussione nel plenum, mentre per le interrogazioni di solito occorre attendere diverso tempo prima di poter leggere le risposte scritte (e senza discussione in Parlamento) del Consiglio di Stato.

Bene, quindi, che ieri sia stato chiarito che il Governo risponderà all’interrogazione in tempi brevi. Teoricamente già nella seduta di domani. Le risposte, va da sé, dovranno essere ben più approfondite dello scarno comunicato stampa di dicembre. Si dovrà, insomma, fare veramente chiarezza sulla vicenda. La mancanza di trasparenza di questi mesi ha inevitabilmente alimentato il sentimento che qualcuno volesse nascondere o proteggere qualcuno, o perlomeno dilatare i tempi delle risposte. Ecco perché, anche per fugare ogni dubbio, la trasparenza va fatta in tempi brevi. E in questo senso, anche il rapporto finale sull’audit (anonimizzato per proteggere le vittime) dovrebbe essere reso pubblico. E ben venga pure se, come ventilato in aula ieri, a febbraio il Parlamento deciderà di aprire una discussione generale sulla vicenda. Questo, però, a patto che la discussione non si trasformi (come spesso accaduto in passato) in una passerella mediatica, ossia in un tema da cavalcare per la campagna elettorale.

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