Il commento

Svizzera, è questo il nostro destino

I soliti quattro capitoli. E nessun lieto fine. Anzi. La storia rossocrociata ai Mondiali, una volta ancora, è di quelle che fanno piangere
Massimo Solari
07.12.2022 06:00

I soliti quattro capitoli. E nessun lieto fine. Anzi. La storia rossocrociata ai Mondiali, una volta ancora, è di quelle che fanno piangere. Disperare, anche. Il Portogallo non era la Svezia, d’accordo. Ma, ammettiamolo, ci aspettavamo una trama e un epilogo differenti, così come altri protagonisti. No, non sarà la Svizzera a lasciare un segno tangibile nell’edizione più controversa di sempre. Passare la fase a gironi per poi passare accanto al torneo: evidentemente, è il nostro destino. Evidentemente, una Coppa del Mondo non è l’Europeo. E certe costellazioni favorevoli – il Marocco, avremmo sfidato il Marocco… – si concedono solo con estrema ritrosia. Sul volo della Swiss che fra poche ore lascerà Doha, dunque, il realismo occuperà lo stesso spazio delle ambizioni sbandierate alla vigilia. Lo zenit raggiunto dai nostri uomini migliori non basta. Di Xhaka, Akanji e Shaqiri ne servirebbero almeno otto o nove. A maggior ragione se – come ieri – a eclissarsi sono proprio loro. Invece questi siamo e, per dirla alla francese, il faut faire avec. Murat Yakin, al proposito, ha saputo gestire bene nervi e collettivo per novanta minuti. Ma superare la Serbia con lucidità e farsi volere bene più o meno da tutti costituisce forse un’assicurazione sulla vita. Non quella sul successo. Insieme alle luci del Lusail Stadium, cala così il sipario su Qatar 2022. L’amarezza prende il sopravvento sulle emozioni, per l’appunto condensate nella sola partita che ci ha regalato gli ottavi di finale. Un sussulto, imbarocchito dai record dell’uno e i gesti forti dell’altro. Un sussulto che – sarà un caso? – come nel 2018 ci ha svuotati. Con i lusitani è mancato tutto: tattica, tecnica e mentale. Aggrapparsi all’exploit, a una ventina di minuti di ordinaria follia, può favorire la narrazione della piccola Svizzera che sgomita tra i giganti del calcio. Mentre con l’organizzazione difensiva (ma quale?) ci si guadagna magari il rispetto. Né una via, né l’altra – alla lunga – hanno tuttavia il potere di cancellare limiti che sono qualitativi e quantitativi. Con tutto il rispetto per Fernandes, ma con una doverosa strigliata al ct e alle sue scelte insensate sugli esterni. Per questi motivi, chissà ancora per quanto o forse per sempre, la Nazionale rossocrociata dovrà accontentarsi di racconti brevi. La Storia, quella, finisce sempre per farci piangere.

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