Bussola locarnese

Tra luoghi e memoria

Nei primi due film in concorso a Locarno 78 un viaggio nei territori del ricordo
Giona A. Nazzaro
Giona A. Nazzaro
07.08.2025 06:00

Che cosa tiene insieme luoghi e memoria? È la domanda che mi pongo all’inizio di questo viaggio di Locarno 78. La cui bussola punta decisamente a Est, verso quel Medio Oriente nel quale si sta vivendo uno dei momenti più cruciali e drammatici della storia contemporanea. Il nostro cammino comincia infatti con With Hasan in Gaza, di Kamal Aljafari, una delle opere più attese del concorso internazionale. Quando, oltre 20 anni fa, il regista palestinese attraversò Gaza alla ricerca di un amico che non riusciva più a rintracciare, il suo viaggio nella Striscia si trasformò in una ricognizione di luoghi: all’epoca, il film fu concepito come un documentario. Nessuno poteva immaginare che quelle riprese, in parte smarrite, tornassero alla luce in un momento in cui a sparire è l’oggetto del film, cioè Gaza, ormai distrutta e ridotta alla fame. Non poteva, Aljafari, immaginare che esse sarebbero tornate a noi come l’archivio di un luogo che non esiste più. With Hasan in Gaza pone il problema di cosa sia l’immagine e di come si costruisca la memoria dei luoghi a partire dalle immagini. E non posso negare che la scelta di inaugurare il concorso con questo film sia, ovviamente, deliberata. Precisa. Quanto sta accadendo nella Striscia, ma non solo, si presenta ai nostri occhi come fosse ineluttabile, un fatalismo attonito. “Accade di nuovo”, ci diciamo stupiti. Un festival, quindi, lo immaginiamo come un tentativo pacifico e non violento per interrompere questa presunta ineluttabilità e, con essa, almeno sul piano della riflessione, il ciclo della violenza che appare eterno.

Immagini, luoghi, memoria sono anche il filo conduttore del secondo film in concorso oggi, Sehnsucht in Sangerhausen, di Julian Radlmaier, il quale attraverso una serie di erranze nel passato della Germania plasma un fantasma dell’identità tedesca. Incrociando le storie dei singoli, Radlmaier si interroga sul legame stretto che tiene insieme i territori e gli esseri umani. Un legame che, in una prospettiva ribaltata, ricostruisce pure il regista italiano Pippo Delbono nel nuovissimo lavoro dedicato al suo attore feticcio, amico e compagno, Bobò, sordomuto e analfabeta, vissuto per 46 anni nel manicomio di Aversa. Un uomo straordinario, che Locarno ha conosciuto in occasione della retrospettiva che Frédéric Maire dedicò a Delbono alcuni anni fa. Bobò è il titolo del film su questo attore, scomparso da poco. Un’opera davvero commovente con cui Delbono, compone un territorio a partire da una memoria di affetti e lavori comuni.

Ci sono territori, infine, che rischiano di diventare non luoghi, e non luoghi che invece assumono i contorni di geografie sentimentali. La bussola odierna segna così le coordinate del nostro viaggio in altre due direzioni. La prima è riferita a Legend of the Happy Worker, di Duwayne Dunham, una parabola allegorica sull’archeologia immaginaria del capitalismo nordamericano, anche in questo caso un film popolato da fantasmi che tentano di incarnarsi in un territorio che oppone resistenza. La seconda ci porta dritti in piazza Grande, dove stasera è proiettato in prima mondiale l’attesissimo The Birthday Party, di Miguel Ángel Jiménez e con Willem Dafoe . Un film ambientato su un’isola che incarna l’idea di un potere assoluto; potere che però non serve, al miliardario che tutto possiede, per riconquistare l’amore della figlia.