L'editoriale

Caso Gobbi, un silenzio sempre più assordante

Da tempo non si vedeva in Ticino un incidente automobilistico che si portasse dietro un simile pacchetto di contraddizioni dal punto di vista civile e politico
Paride Pelli
18.03.2024 06:00

Da tempo non si vedeva in Ticino un incidente automobilistico che si portasse dietro un simile pacchetto di contraddizioni dal punto di vista civile e politico. Punti oscuri che dovranno essere chiariti, e al più presto, certo non ne mancano. I fatti sono ormai risaputi. In breve: a metà novembre scorso, di notte lungo l’autostrada A2, all'altezza di Stalvedro, un automobilista tedesco si sposta all’improvviso, dalla corsia di emergenza alla corsia di marcia. Dietro di lui, giunge l’auto del consigliere di Stato e coordinatore della Lega dei ticinesi Norman Gobbi, che entra in collisione, come da lui stesso spiegato. Arriva la polizia, chiamata dal politico. Gli alcol test per i conducenti escludono la guida in stato di ebbrezza («lievemente superiore al limite» quello iniziale di Gobbi, «nella norma» il successivo test probatorio). L’automobilista tedesco si assume la responsabilità del sinistro. E qui iniziano gli interrogativi, che magari sarebbero stati dimenticati per sempre tra i faldoni degli archivi di polizia ma che invece sono tornati alla ribalta negli ultimi giorni a causa di una interpellanza inoltrata al Governo da Fiorenzo Dadò. Un documento in cui non si fa mai il nome di Gobbi, ma che solleva l’ipotesi di un «abuso di potere o favoreggiamento», di una sorta di trattamento privilegiato per «una o un consigliera/e di Stato che è stata/o vittima-protagonista di un incidente della circolazione nel novembre 2023».

L’abuso di potere è un’accusa particolarmente pesante e grave. C’è stato chi ha subito commentato che si tratta di una strategia elettorale da parte di Dadò, presidente del Centro, a meno di un mese dalle elezioni comunali che vedranno coinvolta gran parte del Ticino. A nostro parere una manovra di tale portata significherebbe, dal punto di vista politico, scherzare col fuoco, nel caso l’accusa venisse smentita. Vedremo quanto uscirà il 15 aprile, data in cui si discuterà del caso in Gran Consiglio. Fino a quel giorno, anche Gobbi, pendente l’interpellanza, sarà sostanzialmente costretto a restare in silenzio. E con lui i suoi subalterni, a partire dal comandante della polizia. Un silenzio però assordante, che – ça va sans dire – non giova a nessuno.

Come ha ben spiegato un esperto avvocato su queste colonne, non essendo stata ritirata la patente a nessuno dei due conducenti ed essendosi una delle parti assunta la colpa, non sarebbe stato necessario redigere un verbale. Ma uno scarno rapporto sull’accaduto sarebbe stato comunque compilato e risulterebbe a dir poco incompleto. Sul documento sarebbe stato indicato il coinvolgimento di una sola vettura, non quella del consigliere di Stato bensì la VW Golf dell’automobilista tedesco. Ne abbiamo dato conto ieri su La Domenica e certo non per strumentalizzare il caso – le ripercussioni elettorali della vicenda sono alla fine fatti della Lega – ma perché il compito di un giornalismo indipendente è quello di riportare gli avvenimenti e di porre delle domande se qualcosa sembra non tornare. Anche perché c’è di mezzo il rapporto tra la popolazione e le istituzioni, con la prima che deve potersi fidare delle seconde senza che nessuna ombra (leggasi accusa) di abusi di potere o favoreggiamenti giunga a incrinare il rapporto. Ne va della convivenza civile e persino della democrazia, fermo restando che allo stato attuale delle cose un eventuale «abuso di potere» di Gobbi è molto difficilmente dimostrabile.

Per quale ragione dunque, quella sera di novembre, gli agenti hanno compilato il rapporto in modo parziale, senza che vi fosse nessun motivo per omettere la presenza del consigliere di Stato e della sua automobile? Disattenzione? Timore reverenziale? E più in generale, perché questa vicenda si è protratta per mesi sottotraccia, lasciando, per citare Dadò, che si diffondesse «capillarmente» sul territorio ticinese la voce di un sospetto atteggiamento di favore da parte degli agenti? Non era il caso, visto il coinvolgimento di un consigliere di Stato, di gestire i contenuti e la comunicazione degli stessi in modo ineccepibile? Sia chiaro, nessuno sta facendo il processo alle intenzioni: la documentazione e le risposte pervenute alle testate giornalistiche, almeno di quelle che hanno considerato e considerano tuttora il caso potenzialmente rilevante, sono purtroppo ancora molto parziali. Che si faccia chiarezza il prima possibile non è certo un’esigenza elettorale. La caratura delle persone e delle istituzioni coinvolte va ben oltre le urne. Siamo purtroppo solo all’inizio di una vicenda che speriamo si concluda senza danni, eccezione fatta per quelle due automobili (due, non una) che si sono scontrate quella notte di novembre.