Casse malati, una discussione che non si può rimandare

«La misura è colma, siamo arrivati al limite estremo» scrivevamo su queste colonne l’anno scorso, a commento dei massicci rincari dei premi di cassa malati. Eravamo troppo ottimisti. Tocca constatare, esattamente dodici mesi dopo, che in questo settore al peggio pare non esserci mai fine. Per le analisi tecniche sulle cause degli aumenti e per possibili strategie di risparmio, rimandiamo agli approfondimenti che stiamo pubblicando in questi giorni. Qui ci limitiamo a osservare, dopo ormai tre anni di rincari-fotocopia e con un altro rush verso l’alto previsto per il 2025, che la politica e il Cantone avranno pure «fatto la loro parte», come ha dichiarato il DSS, ma che i risultati sono stati nulli. Anzi, la situazione è addirittura peggiorata. Quest’anno si parla di rincari in media del 10% ma la percentuale fa riferimento ad assicurazioni standard, che pochi detengono: in realtà si può parlare di aumenti perfino maggiori, con ancora più famiglie in difficoltà rispetto al passato. Specialmente quelle del ceto medio, che non sono «abbastanza povere» per accedere ai sussidi (che comunque sono soldi pubblici, cioè pagati da tutti noi) e che dovranno tagliare sulle uscite dopo anni già di risparmi, in una situazione, peraltro, di crisi generalizzata. C’è ancora margine? Casse malati e politica, evidentemente, pensano che vi sia, ma stanno giocando col fuoco. I costi fuori controllo della sanità non sono un universo a sé stante, un boccone amaro da far inghiottire come si può una volta all’anno a fine settembre, ma fanno parte di un delicato sistema di economie e contabilità domestiche che poi, tutte insieme, costituiscono l’economia su larga scala, cantonale e nazionale. Se una famiglia è costretta a tagliare pesantemente per far fronte a tali rincari, vuol dire che non sta né investendo sul proprio futuro né generando economia intraprendente, ma sta solo limitando le uscite. Anche a questo giro, dunque, metteremo di tasca nostra le toppe su un sistema che necessita - ribadiamo sconsolatamente quanto scritto un anno fa - di profonde riforme. La cassa malati unica non è certo una soluzione, in quanto formerebbe un monopolio ancora più asfissiante del sistema attuale, che col cambio di assicuratore offre almeno, ogni dodici mesi, una (illusoria) via di fuga. Lavorare sul volume delle prestazioni erogate o agire sull’ipotesi di compensazioni ai cantoni sono soluzioni tecniche che non scalfiscono, se non in misura impercettibile, il problema. Che - ça va sans dire - è innanzitutto un problema di visione culturale e politica. I costi della sanità devono diventare, se non la priorità, almeno una delle preoccupazioni maggiori della politica federale e cantonale, da discutere, anche attraverso i media, tutto l’anno. Una sanità che impone sempre maggiori tagli alle economie domestiche - cioè al futuro del Paese - è una sanità che, semplicemente, non funziona. Meglio rendersene conto il prima possibile, al netto del racconto di una Confederazione ancora benestante.