L'editoriale

Dateci l'imposta che abbiamo votato

Altolà agli aggiustamenti tecnici che si traducono in rincari imprevisti - C'è un'iniziativa popolare e un voto inequivocabile da rispettare - Politica, se ci sei, batti un colpo
Gianni Righinetti
21.11.2022 06:00

L’imposta di circolazione è tornata al centro della tempesta politica. Occorre essere onesti, già prima della votazione popolare di fine ottobre il Governo aveva fatto presente che «qualunque sarà l’esito alle urne, occorrerà apportare qualche ritocco». Al centro del problema venduto come «tecnico» la cosiddetta «disparità di trattamento dovuta ai due diversi cicli di omologazione (NEDC e WLTP)». Materia, quest’ultima, per addetti ai lavori, che poco o nulla importa al detentore di un’automobile chiamato a versare l’imposta di circolazione. Va pure ricordato che la campagna che ha contraddistinto i mesi che hanno preceduto il confronto alle urne non era mai decollata, risultando incredibilmente piatta anche se in ballo c’era un tema che interessava il borsellino di molti cittadini. Silente e piuttosto imbarazzato il Governo, assente un vero dibattito pubblico generale, arrembanti gli iniziativisti del Centro/PPD nel perorare la causa del testo originale sottoscritto nel 2017 da 12.114 cittadini. Tiepido il fronte rossoverde del controprogetto che inseriva nel tema dell’imposta di circolazione variabili estranee come il sussidio all’abbonamento per i mezzi pubblici e, infine, sibillino il fronte del PLR che diceva «imposta giù, ma non così». La situazione indigesta e indigeribile di oggi è senz’altro frutto di quell’incredibile costellazione inconsistente e caotica che ha annebbiato un po’ tutto e tutti.

Ma poi il 30 ottobre è arrivato e il popolo ha votato. E quanto ha detto è stato chiaramente inequivocabile: sì nella misura del 60,3% all’offensiva della squadra di Fiorenzo Dadò (sostenuta in questa battaglia da Lega e UDC) e, anche se non è servita per dirimere la questione, va sottolineato che nella domanda eventuale che metteva direttamente a confronto l’iniziativa e il controprogetto, l’originale è stata avallata dal 58,1% dei votanti. Quantomeno crediamo che si possa dire che il verbo dei votanti è stato chiaro, chiarissimo. Ed è stata una reazione alla maldestra operazione messa in atto dal Consiglio di Stato nel 2017 quando, calcolatrice alla mano, aveva moltiplicato l’imposta per molti detentori di veicoli a motore. Imposta che ha poi raggiunto un gettito di 106 milioni di franchi, per la gioia di chi amministra le finanze statali, meno per chi vi contribuisce. E l’iniziativa, semplicemente, s’intitolava «Per un’imposta di circolazione più giusta» anche alla luce del fatto che il Ticino era diventato il cantone più esoso, il tutto con lo scopo di plafonare a 80 milioni di franchi l’incasso. Il chiaro verbo dei votanti è stato «giù l’imposta in linea con la proposta dell’iniziativa».

Oggi il verbo del Governo è «giù l’imposta ma come piace e conviene a noi». Quello che era stato ventilato come un «aggiustamento tecnico», ora è diventato un fattore di moltiplicazione del gettito, il «famigerato» coefficiente di 1,127, per tutti i veicoli. A conti fatti si cambiano le carte in tavola con un aggravio del 13%. L’Esecutivo la fa molto facile, sostenendo che lo sconto applicato rispetto al passato è già importante e che «il ritocco» è inteso per non fare perdere troppo gettito al Cantone in vista del Preventivo del 2023 che fissa a 79,5 milioni il disavanzo, il tutto in attesa di quella che potrebbe essere la doccia fredda a riversamento zero della BNS. Dal profilo squisitamente politico è importante considerare che questo braccio di ferro non agevola di certo un accordo sui conti del prossimo anno. Non è di certo nostra abitudine farla facile o ridimensionare per partito preso problemi reali dello Stato, ma sull’imposta di circolazione non sarebbe ammissibile alcun aggravio nei confronti del cittadino, tocca al Cantone fare lo sforzo necessario per rendere neutro nei confronti dell’automobilista il famoso ritocco a carattere tecnico. C’è una votazione chiara e pure recente: sarebbe davvero ipocrisia pura sostenere che il cittadino pagante può permettersi di versare qualche franco in più, mentre il Cantone non si può permettere di raggiungere il risultato democraticamente voluto. Il messaggio al Consiglio di Stato, ma pure alle forze politiche che cercano una rivincita tassaiola dopo aver subito una sconfitta alle urne è tanto semplice quanto chiaro: dateci l’imposta che abbiamo votato.

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