Detto tra noi

Ed è subito Primavera

Tra poco meno di quarantotto ore tornerà l’ora estiva
Mauro Rossi
24.03.2023 06:00

Tra poco meno di quarantotto ore tornerà l’ora estiva. Le lancette e i display degli orologi si sposteranno in avanti di sessanta minuti allungando in modo visibile le nostre giornate. Sinceramente non vedevo l’ora (scusate il gioco di parole) che accadesse. Trovo infatti il periodo invernale opprimente, non sopporto i pomeriggi che appena iniziati già iniziano a declinare e mi mette tristezza uscire dal lavoro che è già buio o all’imbrunire: ho infatti la sensazione che la giornata sia finita e che non ci sia più tempo per fare altro anche se, in realtà, di spazio a disposizione – volendo – ce n’è ancora parecchio. Con l’introduzione dell’orario estivo, invece, questo tipo di prospettiva cambia radicalmente regalando nuovi stimoli, recuperando quella creatività che durante il periodo più buio era entrata in letargo.

Quest’anno però ho notato che qualcosa è cambiato e che il periodo «oscuro» è durato meno del solito. Se all’inizio dell’inverno (che ovviamente per me coincide con il ritorno all’ora solare) la prospettiva era di dover trascorrere, al solito, uno spazio temporale lunghissimo prima del ritorno alla luminosità, oggi mi rendo conto che questo periodo è letteralmente volato. Forse a causa di una sempre crescente frenesia professionale e sociale che consuma le giornate in modo rapido, forse in virtù di un inverno che non è mai decollato contribuendo a rendere meno cupa la quotidianità e ad accelerare il risveglio della natura: sta di fatto che il ritorno all’atmosfera «calda» è stato velocissimo, quasi sorprendente. Effetto positivo dei cambianti climatici? In una certa misura sì. Ma, a mio avviso, c’è pure dell’altro. Ossia il fatto che, con il progressivo avanzamento dell’età, la percezione del tempo muta. Il tempo, checché se ne dica, è infatti relativo. Un minuto non è lo stesso se lo trascorriamo assieme ad una persona cara o con una mano appoggiata su una piastra rovente. Un’ora, pur durando sempre sessanta minuti, ha un valore diverso se vissuta a dieci anni piuttosto che a settanta. Idem per un mese, che in gioventù viene percepito come uno spazio a disposizione quasi illimitato all’interno del quale ficcarci ciò che si vuole, e che con il passare del tempo si assottiglia progressivamente, scorrendo via con una velocità tale da lasciare poco spazio a ciò che desidereremmo fare. Ed è per questo che, secondo me, gli inverni – e le stagioni in generale – diventano più corte, perché con l’innalzamento anagrafico, ognuno di questi momenti finisce per occupare uno spazio sempre più ridotto all’interno del nostro percorso esistenziale. Spazio che anno dopo anno tende vieppiù ad assottigliarsi, tanto da farci affermare, parafrasando Salvatore Quasimodo con un misto di gioia ma anche di tristezza «ed è subito Primavera».