Detto tra noi

Evviva l'ora legale

In Svizzera l’«ora estiva» fu adottata solo una quarantina di anni fa pur tra mille polemiche
Mauro Rossi
25.03.2022 06:00

«Mi raccomando: che a nessuno venga l’idea di definirla “ora legale”. È sbagliato, sarebbe come dire che nel resto dell’anno l’orario che adottiamo è illegale». «Già ma pure parlare di “ora estiva” è improprio, visto che viene applicata anche in primavera e in autunno...». Erano più meno queste le discussioni che in questo periodo si facevano durante le riunioni di redazione all’approssimarsi del cambio dell’orario, momento che più del calendario e del clima (quest’ultimo peraltro decisamente impazzito negli ultimi anni) segna la vera conclusione dell’inverno. Un artificio questo abbastanza recente: nei secoli passati e prima della capillare diffusione degli orologi, l’organizzazione prevalentemente rurale della società non si basava infatti su ritmi fissi. I contadini si alzavano sempre all’alba seguendone il progressivo anticipo in primavera e il ritardo autunnale-invernale. Di conseguenza pure il calcolo delle ore era variabile: la cosiddetta «ora prima» era infatti quella che seguiva il sorgere del sole, indipendentemente da quando ciò accadesse. Solo nel XVIII secolo, con la Rivoluzione industriale, le cose mutarono e fu necessaria una strutturazione più rigida della giornata. D’altro canto, tuttavia, ci si rese pure conto che era necessario mantenere una certa elasticità in materia, non fosse altro che per ragioni economiche: Benjamin Franklin fu tra i primi ad invocare uno spostamento in avanti dell’orario durante il periodo estivo, così da sfruttare maggiormente il soleggiamento estivo e risparmiare candele. Un ragionamento che continuò ad alimentarsi e che finì per spingere, agli inizi del Novecento, un numero considerevole di Paesi ad adottare la misura per ragioni di risparmio energetico. In Svizzera l’«ora estiva» fu adottata solo una quarantina di anni fa pur tra mille polemiche: molti ricorderanno, ad esempio, il forte dissenso dei contadini che ritenevano che la misura avrebbe scombussolato i bioritmi delle mucche provocando una drastica diminuzione della produzione del latte. Nonostante le proteste e le contrarietà, la misura fortunatamente entrò in vigore per il sollievo soprattutto nelle regioni di frontiera che per una parte dell’anno si trovavano a dover regolare la propria vita con un doppio orologio con tutte le difficoltà che ne conseguivano.

Oggi tutto ciò è un ricordo e, sebbene da qualche anno sia ritornato in auge il dibattito su una rimodulazione dei fusi orari, quello del cambio dell’ora all’inizio della primavera è un rito non solo accettato da tutti ma anche particolarmente atteso. Perché significa, come dicevamo all’inizio, lasciarsi alle spalle definitivamente il buio dell’inverno, allungare le serate, regalare a tutti un po’ più di luce, di voglia di uscire, di spegnere la televisione e i tablet in modo da recuperare quel contatto «vero» con la natura e con la gente del quale c’è un grande bisogno.