L'editoriale

Il braccio di ferro sull'AVS è iniziato

Nei prossimi anni l’Assicurazione per la vecchiaia e per i superstiti sarà confrontata simultaneamente con due grosse sfide, una demografica e una legata alle contingenze politiche
Giovanni Galli
16.05.2025 06:00

Nei prossimi anni l’AVS sarà confrontata simultaneamente con due grosse sfide, una demografica e una legata alle contingenze politiche. La prima è nota da tempo. La popolazione invecchia e le ultime persone della generazione del «baby boom» (indicativamente quelle nate nella seconda metà degli anni Sessanta) raggiungeranno l’età di pensionamento. Oggi percepiscono un rendita 2,5 milioni di persone. Nel 2030 i beneficiari saranno 2,8 milioni e fra dieci anni 3 milioni. Al tempo stesso, cambia il rapporto fra attivi e pensionati: ci sono sempre meno persone che lavorano per un numero crescente di beneficiari di rendite. I contributi versati oggi da dipendenti e datori di lavoro non saranno sufficienti a compensare le maggiori uscite del primo pilastro.

La sfida politica è quella posta da decisioni già prese o possibili a breve termine, destinate ad aumentare il fabbisogno di finanziamento dell’AVS. La 13. mensilità, che sarà versata a partire dal 2026 (in dicembre), costerà inizialmente 4,2 miliardi di franchi e dopo dieci anni 5,2. Se approvata - si potrebbe votare nel 2026 -, l’iniziativa popolare del Centro per abolire il tetto massimo delle rendite per i coniugi avrebbe un costo stimato di circa 4 miliardi all’anno. È comunque musica del futuro. Quel che è certo è che, se non saranno adottate misure per coprire il costo della 13. AVS, la differenza fra entrate e rendite (che oggi è positiva per 2,8 miliardi) farà registrare un disavanzo di 2,5 miliardi nel 2030 e di 5,7 nel 2040.

Per finanziare la nuova mensilità ci sono due proposte sul tappeto: una del Governo, che vuole aumentare l’IVA fino al 2030 (in attesa di una riforma globale) e una della commissione degli Stati che ha già preparato un piano comprendente sia la 13. sia l’iniziativa del Centro, facendo leva sull’IVA (ora dell’8,1%) e sui contributi salariali.

Oggi se ne dovrebbe sapere di più in vista del dibattito in agenda alla Camera dei Cantoni il mese prossimo. Ieri, il Consiglio federale ha indicato in termini generici come intende stabilizzare l’AVS fino al termine del prossimo decennio. Il progetto vero e proprio sarà presentato solo l’anno prossimo, ma la direzione è tracciata. Gli aspetti politicamente rilevanti sono due. Lo sforzo principale sarà operato tramite le fonti di finanziamento esistenti, vale a dire IVA e trattenute (le altre misure, come gli incentivi a lavorare più a lungo, dovrebbero avere un impatto limitato). Non si sa ancora quanto saranno aumentate. A tempo debito verrà deciso il mix. Va da sé che più alto sarà il bisogno di finanziamento, più elevato sarà l’onere a carico di assicurati (in particolare i giovani), datori di lavoro e consumatori, pensionati compresi. In secondo luogo, per stabilizzare le finanze dell’AVS non sarà toccata l’età pensionabile di 65 anni. Se ne dovrebbe eventualmente riparlare solo dopo il 2040.

L’esclusione preventiva e perentoria dell’aumento dell’età di riferimento, una misura spesso evocata in passato per fare fronte all’evoluzione demografica (vari Paesi l’hanno già adottata), è sorprendente visti i rapporti di forza in Governo. Vuol dire che la socialista Elisabeth Baume-Schneider è riuscita a fare breccia nella maggioranza «borghese», essenzialmente con due argomenti: la netta bocciatura, l’anno scorso, dell’iniziativa popolare dei Giovani PLR per aumentare l’età pensionabile a 66 anni e i limiti pratici di un adeguamento, troppo complesso per far fronte rapidamente al periodo critico del pensionamento dei «baby boomer». Il Consiglio federale ha scelto la strada che ritiene più facilmente percorribile e che evita misure impopolari. Ma la questione dovrebbe comunque avere un seguito. Gli ambienti economici, contrari agli aumenti dei contributi, reclamano più coraggio, mentre a livello politico, in particolare nel campo liberale, c’è chi ritiene che insistere solo sulle fonti di finanziamento esistenti sia contrario all’equità intergenerazionale. Il braccio di ferro sul finanziamento dell’AVS è solo all’inizio.