Il Ticino è tornato «The land of music»

Molti conosceranno la storiella di quel poveraccio che, dopo anni di stenti, riuscì finalmente a guadagnare un po’ di denaro e a comperarsi un cavallo. Però essendo di bassa statura, nonostante i tentativi, non riusciva a montarlo. Cosicché si rivolse al suo santo protettore, sant’Antonio, pregandolo di aiutarlo nell’impresa. Dopo averlo invocato si lanciò verso la cavalcatura con così tanto impeto che non solo raggiunse la sella, ma la superò ricadendo pesantemente dall’altra parte. Allorché rivolgendosi al cielo esclamò «Troppa grazia sant’Antonio, troppa grazia…».
Questa esclamazione popolare potrebbe essere utilizzata in questi giorni di fronte al calendario degli eventi musicali all’aperto nella Svizzera italiana che, dopo due anni di quasi totale stop, è esploso con un’opulenza di proposte da far invidia, a livello numerico e qualitativo, a quelle di una grande metropoli generando anche una serie di sovrapposizioni e concomitanze a tratti quasi imbarazzante. «Ma non è un po’ troppo per una regione sostanzialmente piccola come la nostra?» è infatti l’obiezione che si sente formulare di fronte a questa ricchissima offerta. «E non sarebbe meglio ridurla un po’ e orchestrare meglio il calendario in modo che tutti ne possano approfittare?»
Osservazioni sulla carta legittime che però si scontrano con una realtà che dice tutt’altro. Ossia che, nonostante le palesi concomitanze, tutti gli eventi di queste settimane stanno facendo registrare un grande afflusso di pubblico. Merito certamente della voglia recuperare la socialità perduta durante i due anni di chiusure che spinge tanta gente a seguire anche manifestazioni che fino ad un paio di stagioni fa avrebbero snobbato. Ma anche degli organizzatori ai quali i due anni di stop sono serviti per affinare e profilare in maniera netta le loro proposte, puntando su target specifici così da evitare sovrapposizioni e concomitanze fratricide.
Ed è proprio la grande diversificazione l’elemento che la ripresa postpandemica dei grandi concerti sta evidenziando: i principali attori del settore – pubblici e privati - hanno infatti capito che è solo puntando su precisi segmenti del pubblico, specializzandosi, che hanno la possibilità di costruirsi un solido futuro. Così ha fatto Moon&Stars che ha puntato le sue carte su proposte in grado di attirare un’utenza svizzero-tedesca che altrimenti non si sognerebbe di varcare il Gottardo; così hanno fatto, sempre in un Sopraceneri divenuto il centro delle grandi attività «live» del cantone, il Connection Festival e Castle on air che guardano quasi esclusivamente – e con grande successo – su quegli idoli dei giovanissimi che fino a poco tempo fano veniva snobbati se non addirittura scherniti dalle principali kermesse; e così stanno facendo anche altri organizzatori che al mainstream che imperava nei festival fino a qualche anno fa preferiscono proposte magari più di nicchia ma in grado di stuzzicare una platea sicuramente meno numerosa ma più fedele e disposta, in nome della specificità dell’offerta, a sobbarcarsi anche lunghe trasferte perché no, anche un soggiorno nelle nostre regioni.
In questo contesto l’avere un calendario ricco, articolato, non si rivela quindi una limitazione ma un arricchimento, una carta in più che il Ticino può giocarsi sul fronte artistico, culturale, turistico e di conseguenza anche economico, per rilanciare la sua nomea di “Land of music” costruita con fatica a sforzi negli ultimi tre decenni, che il lungo stop dettato dalla COVID sembrava aver minato e che la «troppa grazia» di queste ultime settimane ha invece rinvigorito e rafforzato.