La corsa di Chiesa e l'equilibrio Lega-UDC

Le settimane che hanno portato alle Feste natalizie ci hanno detto che in vista delle elezioni comunali, a Lugano non ci si annoierà. L’ultimo elemento di vivacità è la presenza di Marco Chiesa nella corsa al Municipio della città sul Ceresio. Va bene, d’accordo, nell’intervista rilasciata ieri alla nostra testata, il consigliere agli Stati e presto ex presidente dell’UDC nazionale, non ha lesinato qualche parola per tentare di aggirare l’ostacolo, all’insegna del «dico e non dico», ma la rotta è chiaramente delineata. La sua presenza sulla lista unica Lega-UDC d’ora innanzi non verrà più considerata una sorpresa, semmai a lasciare di stucco, a questo punto, sarebbe la sua assenza. Ma quest’ultima ipotesi, con gli elementi in mano oggi, appare inverosimile.
Per l’ufficialità occorrerà attendere ancora qualche settimana. Ma di contatti tra i due partiti e tra esponenti luganesi degli stessi ve ne sono da mesi. Lega e UDC oggi hanno tre seggi e con Michele Foletti quel sindacato che rappresenta la pesante eredità politica lasciata da Marco Borradori quell’11 agosto del 2021, il giorno della sua morte che ha generato un grande vuoto. Il trascorrere del tempo permette di rimarginare le ferite, il lutto è stato superato, la città, la sua comunità e il mondo della politica hanno ripreso la navigazione e ormai da tempo la vita di tutti i giorni. Ma, ora che si tratterà nuovamente di contarsi alle urne, occorrerebbe razionalità più che emotività e malinconico ricordo nella speranza che, anche senza le personalità del passato, i fasti rimangano intatti per tutti. In questa descrizione è racchiusa un po’ la storia recente della Lega dei ticinesi.
La riconferma in toto del pacchetto Lega-UDC non è per nulla scontata, almeno per due variabili. Il calo della Lega alle cantonali e alle federali (dove il ruolo trainante è chiaramente passato nelle mani dell’UDC) e l’assenza di quell’autentica macchina da voti che fu Borradori. Speculare sull’ipotesi che i cittadini votino i suoi eredi solo in virtù di tale discendenza, è semplicemente un azzardo.
Di fatto il sorpasso dell’UDC sulla Lega ha dato alla componente democentrista la forza di poter dettare qualche regola in più e non solo di chiedere un posto sulla lista, ma di prenderselo e di piazzare un calibro da novanta qual è oggi Chiesa senza dover avere il via libera da chicchessia. Il tutto sulla scorta dell’exploit del 2019, della brillante riconferma lo scorso mese di novembre e dell’esperienza da presidente nazionale dell’UDC che dopo la flessione di quattro anni fa, sotto la guida del ticinese è tornata a spiccare il volo. La straordinaria cavalcata democentrista in un’elezione con il sistema maggioritario che vige nella corsa per il Consiglio degli Stati, ci dice che ad essere premiata è stata più la persona che l’uomo di partito. Questo, sommato alla forza indubbia dell’UDC, rende delicata la coabitazione Lega-UDC, o meglio: tra Chiesa, Foletti e l’altro municipale leghista Lorenzo Quadri.
È naturale che ad auspicare dissidi siano i partiti più in concorrenza, il PLR e Il Centro. E non va mai dimenticato il cambiamento di strategia del PS che correrà senza l’uscente Cristina Zanini Barzaghi, separata dai Verdi (la dinamica dell’entusiasmo rossoverde di cantonali e federali si è ormai spezzata in diverse realtà comunali) e con quella spina nel fianco che risponde al movimento Avanti con Ticino&Lavoro e alla persona di Amalia Mirante. I voti non si pesano, ma si contano, e alla fine dei conti la presenza a Lugano di Marco Chiesa è nell’interesse sia dell’UDC che della Lega. Poi, ovviamente, in politica il rischio non manca. Chiesa oggi lascia intendere di non essere intenzionato a sgomitare per la poltrona di sindaco (poi nel 2028 si vedrà), lanciando segnali distensivi politici e personali a Foletti. Ma, alla fine, sarà la volontà degli elettori a determinare gli equilibri politici della Lugano di domani. E per fortuna è così, altrimenti sarebbe soltanto la politica delle elezioni a tavolino.