Detto tra noi

La deriva gossipara dei media

L’universo mediatico che, dopo l’avvento dei social network, in larga parte non si basa più sul mero riferimento di fatti accaduti secondo una empirica scala di importanza per la collettività, quanto sulla capacità degli stessi di catturare l’attenzione istantanea e, soprattutto nell’informazione online, il maggior numero di «click»
Mauro Rossi
01.04.2022 06:00

È complicato in queste settimane leggere i giornali e seguire i notiziari televisivi. Soprattutto se si tenta di capire cosa sta realmente accadendo sul fronte di guerra ucraino dove il drammatico crepitare delle armi è quasi soverchiato dal fragore della propaganda messa in capo su entrambi i lati della barricata e dove l’unica cosa certa che emerge da questa confusione comunicativa è che troppa gente si sta ritrovando a pagare un prezzo durissimo per scellerate decisioni altrui. A complicare ulteriormente il compito del lettore/telespettatore è poi l’improvvisa comparsa di notizie che non c’entrano nulla con l’informazione vera ma che con un’enfasi pari, se non addirittura superiore, a quella utilizzata per i reportage dall’est Europa, finiscono con l’occupare una parte importante della titolazione e degli spazi informativi. Come, ad esempio, il grande clamore dato la scorsa settimana alla malattia del rapper Fedez e in questi giorni alla zuffa – vera o finta, non lo si è ancora ben capito – che durante la cerimonia di assegnazione dei Premi Oscar ha coinvolto il noto attore Will Smith e un comico del quale, onestamente, non sono in grado di ricordare né il nome né il volto. Due eventi che, al di là della doverosa solidarietà umana con chi - come l’influencer meneghino - si ritrova a dover combattere con un male fisico, da un punto di vista prettamente giornalistico avrebbero potuto e dovuto essere archiviati con un solenne «chissenefrega» ma che invece hanno finito per occupare paginate e paginate, provocando anche un po’ di indignazione da parte dei molti che, in un momento come questo, ritengono che giornali e giornalisti dovrebbero dedicare ad altro il loro tempo. Quello di cui però chi muove queste obiezioni non tiene conto è quanto e come è mutato negli ultimi anni l’universo mediatico che, dopo l’avvento dei social network, in larga parte non si basa più sul mero riferimento di fatti accaduti secondo una empirica scala di importanza per la collettività, quanto sulla capacità degli stessi di catturare l’attenzione istantanea e, soprattutto nell’informazione online, il maggior numero di «click» - che sono poi quelli che decidono le ripartizioni pubblicitarie indispensabili alla sopravvivenza di tutte le testate. Un mutamento che ha spinto sempre più media a trasformarsi da semplici testimoni che riferiscono ciò che accade in amplificatori se non addirittura in creatori di banalità da trasformare in notizie «di cui tutti parlano» e dunque sfruttabili commercialmente. Banalità che poi, sull’onda del dilagante conformismo e nella speranza di trarne profitto, tutti si ritrovano a rincorrere e gonfiare ulteriormente. Il risultato è una terribile spirale nella quale ogni media si ritrova coinvolto e da cui sembra quasi impossibile uscire. Eppure basterebbe poco per raddrizzare il timone in questa pericolosa e perniciosa deriva mediatica, ossia qualche semplice e salutare «chissenefrega»...