Detto tra noi

La lezione dei maestri del biliardo

Personalmente ritengo che ognuno di noi dovrebbe cercare di conseguire un’ottima competenza in un numero ristretto di cose nelle quali, in caso di necessità, essere in grado di sostenere un confronto con chiunque
Mauro Rossi
08.07.2022 06:00

La visione di uno dei tanti vecchi film che riempiono i palinsesti televisivi d’estate (Io, Chiara e lo Scuro di Francesco Nuti) mi ha riportato alla memoria una realtà ormai scomparsa: le sale da biliardo. Una volta ce n’era almeno una in ogni paese, spesso si trattava di uno stanzone posto a lato del bancone del bar, caratterizzato da atmosfere un po’ cupe accentuate da un’illuminazione concentrata sul tappeto verde. A frequentare questi luoghi, oltre agli studenti che marinavano la scuola (quante partitone in attesa che finissero le lezioni...) c’era un’umanità tutta sua: appassionati della disciplina, giocatori occasionali, perdigiorno ma anche autentici assi della stecca che si guadagnavano il pane oltre che in tornei ufficiali, in sfide con gli sprovveduti che si credevano dei campioni. Contro i quali – e questa era una delle loro caratteristiche – quasi mai sfoderavano la loro classe: si limitavano a giochicchiare, sbagliando anche appositamente dei colpi in modo da non far sentire mai l’avversario nettamente inferiore, lasciandogli l’illusione che nell’inevitabile rivincita, spesso con il raddoppio della posta in gioco, forse sarebbe riuscito ad avere la meglio. Questo comportamento dei vecchi volponi del biliardo – non ostentare la propria superiorità quando ci si trova di fronte a qualcuno di livello nettamente inferiore, in modo da non umiliarlo ma, anzi, farlo sempre sentire parte del gioco – è tuttavia una lezione che pochi sembrano aver imparato, soprattutto negli ultimi anni in cui infierire su un avversario più modesto sembra essere diventata una prassi, senza rendersi conto che, il più delle volte, agire in tal modo ha quale risultato lo sminuire il valore stesso del raffronto.

Un errore, questo, che è uguale in tutto e per tutto in quello compiuto da una categoria che, in quest’era della comunicazione globale, è prepotentemente emersa: i tuttologi, ovvero quei personaggi che pretendono di saperne sempre una più del diavolo e di avere ogni volta qualcosa da insegnare agli altri e alla lunga finiscono per risultare presuntuosi in tutto ed esperti in poco. Personalmente ritengo che ognuno di noi dovrebbe cercare di conseguire un’ottima competenza in un numero ristretto di cose nelle quali, in caso di necessità, essere in grado di sostenere un confronto con chiunque. Per il resto, quasi a fare da contrappeso alla sicurezza nel proprio settore, sarebbe necessario adottare un atteggiamento più umile e un profilo più basso, riconoscendo, senza sentirsi troppo sminuiti, la propria ignoranza in determinati campi e dando ad altri la possibilità di far emergere le loro specifiche capacità o conoscenze. Purtroppo non tutti hanno il buonsenso di non strafare e, così facendo, non solo si rendono insopportabili, ma finiscono per vedersi negato un riconoscimento di competenza anche nei settori in cui questa non dovrebbe essere messa in discussione.