L'editoriale

Lara Gut-Behrami, la gloria dietro una porta socchiusa

Davvero Lara potrebbe tornare? Ricostruire i delicati ingranaggi di un ginocchio a 34 anni non è come farlo a 26 – Come non lo è riporre tranquillamente nel cassetto una frase semplice e però piena di vita, di un’altra vita: «Vorrei diventare mamma»
Massimo Solari
27.11.2025 18:30

Una ventina di ore. Forse meno. Un breve lasso di tempo che ha racchiuso tre notizie di grande rilievo per il mondo dello sci alpino. Federica Brignone è tornata sugli sci, riaccendendo la speranza azzurra in vista dei Giochi casalinghi di febbraio; a quasi due anni dall’ultima gara, Aleksander Kilde ha annunciato il suo ritorno alle competizioni, poi avvenuto nel superG di Copper Mountain; Lara Gut-Behrami - purtroppo, e come si temeva - ha visto tramontare anzitempo la stagione, e con lei il gran finale di carriera programmato per le Olimpiadi di Milano-Cortina. Tre gravi infortuni; tre schiaffi violenti e dolorosi da incassare prima e digerire poi; tre parabole personali. Tre campioni che il Circo bianco ha messo volentieri in mostra, nutrendosene, senza tuttavia potersi permettere di renderli immuni alla fatalità. Le sorti della nostra campionessa, va da sé, provocano incredulità. Perché eravamo certi di poter godere di questo patrimonio ancora per qualche mese. Perché, appunto, eravamo stati istruiti circa le modalità del distacco. A prenderci per mano, indicando con precisione a quale altezza avremmo scorto il traguardo, era stata la stessa Lara. Nel farlo, all’alba di quella che doveva essere la sua ultima annata agonistica, ci aveva inoltre pregato di accantonare qualsivoglia considerazione crepuscolare. «Per favore, non chiedetemi al termine di ogni gara che sensazioni ho provato sapendo che si trattava dell’ultima su quel tracciato». Già. Col senno di poi, avremmo tutti preferito distribuire l’amarezza dell’addio lungo la stagione. Accettandola e metabolizzandola, una corsa alla volta. Lo strappo improvviso e inaspettato che - una volta ancora - ha devastato il ginocchio sinistro dell’atleta ticinese ci ha invece lasciato senza parole. Disorientati, sì, di fronte al peggiore degli scenari.

Eppure, Gut-Behrami ha ragione. Ha ragione quando allontana da sé e da quanto capitatole in Colorado il concetto di «tragedia». Per quanto, ne siamo sicuri, costituiscano parole pronunciate a denti stretti e con un nodo alla gola, a interrompere bruscamente l’azione di uno sciatore può anche essere un destino spietato. Può essere la morte, come di recente accaduto ad altre promesse. Arretrare di alcuni metri, allargando lo spettro della riflessione, è quindi doveroso. Lara, in effetti, la sua promessa l’ha mantenuta. Eccome. E non sarà l’assenza al prossimo appuntamento a cinque cerchi a metterne in dubbio la grandezza. Nella ticinese e nei suoi risultati, la Svizzera ha trovato una gemma preziosissima. Chi se ne frega di spigoli e sfaccettature. Le leggende dello sport si misurano con lo spessore delle prestazioni e la loro durata nel tempo, per come sanno resistere a cambiamenti e avversità. Trasformandoli in alleati.

Lara Gut-Behrami, in questo senso, è stata all’altezza dei più grandi. Impressionando in tre discipline su quattro. Vincendo tutto ciò che era possibile vincere. E allora interpretare quella porta lasciata socchiusa è operazione complicata. Quanto domare ghiaccio e vento, a 130 all’ora, affidandosi a istinto e lamine millimetriche. Davvero Lara potrebbe tornare? Ricostruire i delicati ingranaggi di un ginocchio a 34 anni non è come farlo a 26. Come non lo è riporre tranquillamente nel cassetto una frase semplice e però piena di vita, di un’altra vita: «Vorrei diventare mamma». Insomma, a definire la traiettoria conclusiva della sciatrice di Comano saranno la scienza e il cuore. Che spesso e volentieri funzionano agli antipodi. Il cerchio che venne aperto il 2 febbraio 2008 a St. Moritz, con un ruzzolone divenuto iconico, le guance rosse ricoperte dalla neve e il primo podio di una carriera immensa, potrebbe essere stato chiuso dai risvolti - in questo caso infelici - di un’altra caduta. Succede pure ai campioni. Quelli che sanno quando è giusto provare a rialzarsi e quando, invece, non resta che arrendersi alla gloria.