L'editoriale

Le violenze, i soprusi e la sfiducia nello Stato

Il caso dell'ex funzionario del DSS alla luce del lucido ed indipendente audit esterno - Un insegnamento per tutti e la rotta per la politica
Gianni Righinetti
22.03.2023 06:00

Inciampi, errori e sottovalutazioni a vantaggio di un ex funzionario del Dipartimento della sanità e della socialità condannato in via definitiva dalla giustizia penale per aver commesso atti sessuali ed essersi pure reso protagonista di pressioni psicologiche su ragazzine e ragazzini che pendevano dalle sue labbra nei primi anni del Duemila. A quell’epoca gli era stato affidato il compito di fungere da guida per le politiche giovanili, in particolare il Forum cantonale dei giovani. Lui ha approfittato bassamente di quella fiducia e del credito di cui godeva in tutti i superiori e colleghi che, chiudendosi occhi, orecchie e bocca hanno di fatto spianato la strada alle sue malefatte. Oggi, alla luce dell’audit esterno eseguito in maniera indipendente, estremamente professionale e lontano dalle logiche da incendiari e pompieri (spinti da un evidente interesse nei rispettivi ruoli) della politica nostrana, abbiamo un esame della situazione che ci permette di chiudere il cerchio della vergognosa vicenda. Aprendo la discussione che ha un solo scopo: non l’illusorio «che non capiti più», nessuno può garantire o mettere la mano sul fuoco per una tale scommessa, ma per far sì che ci possa essere una reazione forte, immediata, corale e responsabile dal livello politico e da quello amministrativo della macchina statale. L’audit punta l’indice su situazioni e persone, in parte non più alle dipendenze dello Stato, in parte ancora in carica. Il treno delle possibili sanzioni transitava anni fa e molti, mostrando omertà e connivenza nelle malefatte emerse, lo hanno guardato passare senza neppure interrogarsi, senza pentirsi, senza scusarsi con quelle giovani vittime che avrebbero potuto essere figlie loro, figlie nostre. C’è solo un auspicio e una speranza che ci sentiamo di esprimere di fronte a tanta sfrontata, lo ripetiamo, omertà: che la coscienza dei singoli protagonisti presenti loro il conto che si meritano. Non sapremo mai se ciò accadrà, ma per favore, chi ha taciuto fino ad oggi, non si permetta di parlare ora. Quanto accaduto e l’assenza di una reazione, volenti o nolenti, fa planare un velo di sfiducia sullo Stato. Ora si tratta di ricostruire con serietà e tanta umiltà.

La triste vicenda di violenze e soprusi su quella gioventù che si apprestava a compiere qualcosa di maturo e nobile come il primo approccio alla comunità dei grandi, manifestando impegno civico per prepararsi ad affrontare i temi del domani, assume accresciuta valenza in queste settimane che ci porteranno alla scelta dei politici chiamati a governare e legiferare nei prossimi anni. E quanto accaduto speriamo possa essere d’insegnamento anche alla politica. Su queste colonne abbiamo sempre combattuto l’idea di istituire una Commissione parlamentare d’inchiesta (CPI) per fare chiarezza sul caso ripugnante quanto il suo principale protagonista. Lo abbiamo fatto anche quando la pressione e l’indignazione popolare avrebbe reso più semplice, pagante e gratificante salire sul carro di coloro che volevano fortemente fare giustizia con uno strumento d’inquisizione politica affidata nelle mani di politici. La CPI è stata fortunatamente bocciata dal Gran Consiglio, ma avvenne in un ambiente da playoff di hockey con applausi, scene di giubilo da parte dei cosiddetti «vincitori» e rimbrotti da parte degli «sconfitti». L’audit è stata la scelta più matura e responsabile che la politica avrebbe mai potuto prendere. E va riconosciuto che il presidente de Il Centro Fiorenzo Dadò, promotore e sostenitore determinato e testardo della via della CPI, è stato colui che ha saputo fare autocritica, suggerire e poi implementare la più pulita e indipendente rotta con l’audit. Ora questo documento verrà letto e sfogliato dopo le elezioni dalla Commissione della Gestione che verrà. E va bene così.

L’ultimo auspicio che ci sentiamo di esprimere è che quanto accaduto insegni a non invocare CPI ad ogni piè sospinto. Immaginatevi se in prima battuta il Parlamento avesse sciaguratamente detto sì all’indagine politica: oggi non avremmo in mano nulla di concreto, nulla di credibile, nulla di indipendente. Solo polemiche e l’indice puntato l’un l’altro sulla base del colore politico e partitico. È vero che in queste situazioni i media spesso sguazzano. Ma sinceramente lo spettacolo già visto in occasioni di altre CPI (caso Argo1 docet) e immaginato sulla pelle di ragazzine e ragazzini (oggi adulti) sarebbe stato ripugnante, una sorta di seconda violenza contro la loro dignità e il sacrosanto diritto all’oblio di quella orribile esperienza adolescenziale in balìa di colui che, facendo uso del corpo e della mente, gli ha rubato la gioventù.

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