L'editoriale

Ma l’alibi culturale non regge ormai più

Nella notte tra Natale e Santo Stefano un gruppetto di autogestiti ha occupato uno stabile in disuso della Caritas a Molino Nuovo, abbandonandolo all’alba e lasciando dietro di sé sporcizia
Paride Pelli
30.12.2022 06:00

Nella notte tra Natale e Santo Stefano un gruppetto di autogestiti ha occupato uno stabile in disuso della Caritas a Molino Nuovo, abbandonandolo all’alba e lasciando dietro di sé sporcizia – un marchio di fabbrica – alcuni danni ad armadi destinati a famiglie meno fortunate, scritte sulle pareti puerili da un lato e offensive dall’altro (nei confronti degli agenti di polizia, ça va sans dire) e un comunicato stampa al limite del delirante. In attesa di capire se vi sarà una denuncia penale per violazione di domicilio e danneggiamenti, è il caso di fare qualche riflessione, partendo dall’assunto che gli ex molinari non si sono dispersi ma sono ancora in giro per la città e organizzano scorribande come quest’ultima. Nulla di che, non è certo il caso di allarmarsi né di preoccuparsi, Lugano è sicura come lo è sempre stata. Ma questa non è una buona ragione per permettere, senza muovere un dito, il verificarsi di simili azioni, ripetiamo, in stabili privati, che mettono a repentaglio la sicurezza e la quiete degli sventurati che vivono nelle vicinanze, come accaduto nella notte sul 26 dicembre quando pare siano stati accesi anche fuochi d’artificio.

Quella dell’occupazione dimostrativa e provocatoria – perché solo di questo si tratta - sta ormai diventando una prassi e non è detto che in primavera non ci troveremo a commentare di nuovo un’azione simile. Ormai in tutta evidenza storica, la demolizione (discutibile e criticabile nei modi) della sede dell’ex Macello avvenuta tra il 29 e il 30 maggio dell’anno scorso non è stata la risoluzione definitiva del problema che molti speravano.

Il Municipio non si è ancora espresso sugli ultimi fatti ma l’incompatibilità di vedute è ormai lapalissiana: per l’ennesima volta gli autogestiti hanno dimostrato che l’importante, per loro, non è uno spazio per le proprie «attività», ma la scorribanda fine a sé stessa, incipriata di velleità politiche. Le parole affidate al comunicato dopo l’occupazione natalizia non lasciano né dubbi né margine di trattativa: «Siamo convinti che questa sia l’unica pratica credibile in grado di opporsi al desolante scenario di una città e di un cantone intolleranti ed elitari…». Insomma, vogliono occupare e imbrattare. Quasi sempre, la casa altrui. Se poi li denunci, diventi un «segregazionista baciapile». E ce l’hanno con tutti: con le carceri di Stato, con la Fortezza Europa, con le criptovalute a Lugano. Il comunicato, che abbiamo pubblicato integralmente sul nostro sito, è una lettura dissennata, dove si giustifica l’occupazione (e se ne promettono altre) con l’urgenza di testimoniare la propria complicità, ad esempio, con chi mette a repentaglio la propria vita opponendosi al 41 bis (regime carcerario riservato a pericolosi detenuti affiliati a organizzazioni criminali che peraltro in Svizzera – perché siamo in Svizzera – nemmeno esiste).

Quando il pensiero e le ambizioni politiche sono così enormi e abnormi da essere imprendibili, di solito non vi è molto da dialogare e da risolvere. Una volta si sarebbe detto: sono ragazzi (invero cresciuti, a quanto ci è dato sapere), portiamo pazienza. Oggi invece la misura è colma: il Municipio fa bene a occuparsi di progetti per giovani meritevoli e rispettosi delle istituzioni e a non legittimare un manipolo di vandali, ma è almeno chiamato a intervenire per far rispettare leggi e regolamenti attraverso le forze dell’ordine e per non dare l’impressione, fastidiosa, che gli ex molinari godano di una ingiustificata e incomprensibile immunità. Prima, possibilmente, delle prossime scorribande che di «culturale», ormai è chiaro a tutti, non hanno più nemmeno l’alibi.

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